L’assegno di mantenimento per i figli dopo il divorzio o la separazione spetta anche dopo il compimento della maggiore età. Esistono però limiti ed eccezioni a questa regola. Vediamo cosa dice la Giurisprudenza.
Il mantenimento spetta anche nei confronti dei figli maggiorenni. Quindi dopo la separazione o il divorzio, il padre o la madre continuano ad essere obbligati a versare l’assegno al figlio, anche se questo ha compiuto il 18° anno di età.
Infatti, a differenza di quanto molti credono, nessuna norma sancisce la fine dell’assegno di mantenimento al raggiungimento della maggiore età, poiché il discrimine è rappresentato dall’autosufficienza economica della prole, cosa che difficilmente si raggiunge a 18 anni, soprattutto ai giorni d’oggi in cui dilaga la disoccupazione giovanile.
Quindi se il genitore rifiuta di corrispondere la cifra stabilita dal giudice, l’altro genitore e anche il figlio autonomamente potranno fare causa e chiedere l’erogazione del mantenimento. Tuttavia la legge prevede anche delle circostanze eccezionali in cui l’obbligo del mantenimento si perde. Vediamo nel dettaglio tutta la disciplina, cosa comprende il mantenimento, fino a che età il genitore resta obbligato e quando si perde.
Assegno di mantenimento, che fare se il figlio è maggiorenne
Come abbiamo anticipato, non è vero che al compimento del 18°anno di età il figlio perda il diritto a percepire l’assegno di mantenimento. Lo stabilisce l’articolo 337 septies del Codice civile che affida al giudice di merito il compito di determinare l’ammontare dell’assegno periodico nei confronti della prole dopo la separazione o il divorzio. La maggiore età quindi non inficia il diritto di essere mantenuti dai genitori, in quanto questo cessa solamente quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica.
A questo punto è lecito chiedersi fino a che età il padre o la madre restino obbligati a versare l’assegno al figlio. Ebbene non vi è una risposta univoca a questa domanda, anzi, considerando i salari bassi e la disoccupazione giovanile, il momento della totale autosufficienza economica sembra spostarsi sempre più in là.
Per questo, in caso di rifiuto del genitore obbligato a versare l’assegno il figlio può adire le vie legali. Solo il giudice infatti potrà valutare caso per caso se il figlio abbia effettivamente bisogno del sostegno del genitore.
Alcuni Tribunali però hanno individuato il momento oltre il quale il figlio maggiorenne non possa pretendere il mantenimento, nonostante la non autosufficienza economica e lo stato di disoccupato; per esempio per il Tribunale di Milano questo limite è 34 anni.
Cosa vuol dire autosufficienza economica?
Analizziamo ora cosa vuol dire esattamente raggiungere l’autosufficienza economica. Giurisprudenza ormai consolidata ritiene che non basta che il figlio abbia una occupazione, ma serve che la retribuzione percepita sia idonea a garantire una vita dignitosa e la piena autonomia.
Quindi se il figlio è impiegato in un lavoro poco remunerativo questo non significa che il genitore tenuto a versare il mantenimento perda l’obbligo. Attenzione però, bisogna fare delle precisazioni: questa regola non si applica se la mancanza di un lavoro remunerativamente adeguato dipende dalla negligenza del figlio e non dalle concrete opportunità che offre il mercato del lavoro, sempre in relazione alle aspirazioni e al percorso di studi del figlio.
Inoltre la Cassazione ha stabilito che padre e madre non sono più obbligati al mantenimento se il figlio dopo il raggiungimento dell’autonomia economica e di una certa capacità lavorativa perde il posto di lavoro.
Assegno di mantenimento per figli maggiorenni, come si determina la cifra?
Per determinare il mantenimento dei figli maggiorenni bisogna far riferimento al loro tenore di vita nel periodo di convivenza con ambo i genitori. Bisogna comunque tenere conto di altri diversi fattori per la determinazione della cifra:
- redditi e altri elementi di ordine economico in grado di incidere sulle condizioni delle parti;
- tempi di permanenza presso ciascun genitore;
- esigenze attuali del figlio: aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, morale e dell’opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica.
Se è vero che il figlio maggiorenne può intentare una causa per il riconoscimento di questo diritto esiste un aspetto ambiguo della questione che riguarda la possibilità per il figlio di intervenire nel giudizio di separazione o divorzio pendente tra i propri genitori.
Alcune sentenze della Cassazione hanno ammesso la possibilità di questo tipo di intervento; nonostante ciò l’orientamento che attribuisce legittimazione al coniuge convivente ad intentare un processo contro l’altro genitore per richiedere il versamento dell’assegno resta maggioritario.
Requisiti e limiti al mantenimento dei figli maggiorenni
Esistono due eventualità fondamentali che si devono verificare perché il figlio maggiorenne possa richiedere il mantenimento:
- la coabitazione;
- il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica.
La richiesta fatta al giudice di ottenimento dell’assegno suddetto presuppone la coabitazione ossia un collegamento stabile con l’abitazione del genitore: non è indispensabile che quotidianamente il figlio viva con i genitori ma è anche ammessa l’eventualità di spostamenti per motivi di studio o di lavoro. Il figlio però non può trasferirsi in un’altra città e quindi risultare non più convivente: in tal caso perde il diritto a richiedere l’assegno.
Se il figlio raggiunge l’indipendenza economica cessa l’obbligo di mantenimento. Non basta che il figlio trovi un impiego: è necessario che il soggetto trovi un’occupazione tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità e ad un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento.
Attenzione però perché, se il mancato raggiungimento dell’autonomia è causato da negligenza e dipende da fatti di cui è colpevole, l’obbligo di mantenimento cessa: in tal caso è il genitore che deve dimostrare l’inerzia del proprio figlio.
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