Il 2020 è stato un anno particolarmente sfavorevole per i venditori allo scoperto, con il mercato che ha continuato a seguire quel trend di crescita inaugurato nel lontano 2009. Ecco i titoli che hanno spento le ambizioni degli short seller negli ultimi mesi.
Quali sono i titoli che hanno ingannato gli short seller nel corso del 2020?
Come noto, questi investitori – puntando ad un movimento ribassista del mercato – vendono le azioni prese in prestito per poi riacquistarle ad un prezzo inferiore. Un’operazione, questa, che permette ai venditori allo scoperto di incamerare ingenti guadagni quando le congiunture borsistiche si mantengono favorevoli.
Ma l’eterna contesa tra il toro e l’orso, nella giungla delle piazze finanziarie, sembra da oltre un decennio premiare le posizioni lunghe sul mercato, con gli short seller che si sono ritrovati spesso a leccarsi le ferite.
Non fa eccezione l’anno che volge al termine: nonostante l’architettura pandemica lasciasse in un primo tempo presagire dei sostanziosi movimenti ribassisti, i mercati – grazie anche al supporto del Quantitative easing delle banche centrali – hanno continuato la loro travolgente ascesa. E le posizioni short, inevitabilmente, hanno bruciato miliardi.
Da Tesla a Wayfair: ecco i titoli dietro all’anno nero degli short seller
Sembravano esserci buone ragioni, quest’anno, per piazzare le proprie scommesse in chiave ribassista. D’altronde, l’ondata pandemica che ha travolto l’economia globale doveva pur avere un riflesso sulle piazze finanziarie.
Ma se si esclude il sell-off generale dello scorso marzo – quando gli investitori iniziarono a scaricare i titoli del loro portafoglio per proteggersi dalle congiunture sfavorevoli crescenti – i mercati hanno dato prova di straordinaria resilienza, spegnendo di fatto le mire delle posizioni short degli investitori.
Ambizioni di profitto, queste, che gli short seller avevano inizialmente fatto ruotare intorno al titolo Tesla. Secondo le stime, a febbraio di quest’anno il 20% delle azioni della creatura green di Elon Musk veniva infatti venduto allo scoperto, rilevando le alte aspettative del mercato su un progressivo declino del titolo.
D’altronde, non è un mistero che i salotti finanziari nutrano dubbi sulla solidità della quotazione dell’azienda automobilistica statunitense. Eppure le posizioni short sul titolo si sono sgonfiate con il passare dei mesi, con le azioni Tesla ora in rialzo del 640% rispetto all’inizio dell’anno.
Un cammino tambureggiante che ha costretto gli short seller a correre ai ripari, ma il conto da saldare – considerando anche il ritmo di crescita di Tesla dalla scorsa primavera in poi – rischia di essere particolarmente salato.
Il rally del mercato ha spazzato via anche l’attitudine ribassista degli investitori su Stitch Fix, piattaforma made in USA che la scorsa settimana ha registrato un incremento del 40% in un solo giorno. Anche qui, il colpo rischia di far tremare il portafoglio degli investitori: a fine novembre infatti quasi il 50% delle azioni veniva shortato sul mercato.
Sulla stessa linea i titoli Beyond Meat, GameStop e Wayfair, le cui azioni sono state spesso vendute allo scoperto nel corso degli ultimi dodici mesi. Al momento, questi titoli viaggiano su un trend di crescita che si attesta tra l’85% e il 200%, obbligando gli short seller a rapidi movimenti di copertura per contenere le perdite.
Non solo perdite: Wirecard AG e Nikola premiano le scommesse degli short seller
D’altra parte, il bull market di quest’anno ha lasciato qualche opportunità di passare all’incasso ai venditori allo scoperto. Tra queste, indubbiamente, il titolo Wirecard AG, la società tedesca di servizi finanziari che la scorsa primavera è stata travolta da una pioggia di accuse (tra tutte, la falsificazione dei conti a scopo di truffa).
Le azioni della società, che ad aprile venivano scambiate a 140 euro, hanno registrato una perdita di valore ciclopica, arrestandosi poco al di sopra della soglia minima (0,45 euro al momento della scrittura). Un collasso verticale che ha premiato gli short seller più avveduti, sebbene lo scandalo alla base della caduta in picchiata del titolo fosse difficile da pronosticare.
Ragionamenti, questi, che possono essere estesi anche a Nikola, l’azienda statunitense rivale di Tesla che nel primo semestre di quest’anno è stata colpita da molteplici accuse di frode. Mentre il CEO Trevor Milton si dimetteva, e General Motors rinunciava al suo intento originale di acquistare l’11% della società, il titolo perdeva il 75% del suo valore, ingrassando le tasche degli short seller.
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