L’inversione della curva dei rendimenti Usa allarma i mercati che temono l’arrivo di una recessione. Ma secondo Oddo non c’è molto da temere: l’economia è solida, ma è la paura alimentata da Trump a farla rallentare
L’incertezza dei mercati vissuta nell’ultimo periodo ha fatto la fortuna degli asset considerati da sempre bene rifugio come oro, T-Bond e franco svizzero.
Sappiamo tutti che la volatilità dei mercati nasce dalla paura di una nuova recessione che si presenterebbe in un momento in cui le Banche centrali hanno poche armi nel loro arsenale dopo anni di politiche monetarie ultra espansive. Ma gli investitori fanno bene a temere così tanto una recessione?
Secondo i ricercatori Bruno Cavalier (capo economista) e Fabien Bossy (economista) di Oddo Bhf corporates & markets sarebbe meglio non allarmarsi troppo. Vediamo perché.
Cos’è veramente una recessione?
«Una recessione è un fenomeno economico caratterizzato da una contrazione dell’attività nella maggior parte dei settori per diversi trimestri. La fobia della recessione è un fenomeno che consiste nel vedere la recessione ovunque. Ciò si manifesta in la tendenza a conservare solo le informazioni che puntano alla recessione, a ripeterla come mantra, e di ignorare tutto il resto», si legge nello studio di Oddo, che aggiunge:
«La fobia della recessione è diventata quasi virale nel corso dell’estate a causa dell’inversione della curva dei rendimenti. Il segnale è probabilmente esagerato, ma il rischio di recessione è preoccupante, soprattutto perché il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra deciso a calcare questo timore».
Una recessione a prova di Google
Gli economisti della casa di investimenti ricordano che le ricerche su Google per l’espressione «curva dei rendimenti invertita» sono aumentate negli ultimi giorni di circa tre volte rispetto a quelli osservati prima della precedente recessione statunitense, più di dieci anni fa.
Gli esperti sottolineano che lo stesso presidente degli Stati Uniti ha twittato il 14 agosto sull’argomento «La pazza curva dei rendimenti invertita». Titoli di stampa che urlano «curva invertita equivale a recessione» abbondano - dicono gli esperti - che, però, avvertono:
«Negli Stati Uniti, un’inversione della curva dei rendimenti ha preceduto tutte le recessioni degli ultimi decenni. Mentre la stessa osservazione non può essere estesa a tutti gli altri Paesi e in tutti i periodi, tuttavia il segnale dovrebbe comunque essere preso sul serio. Questo richiede quanto meno evitare di confutare il sintomo per la malattia».
Gli economisti di Oddo si soffermano sul fatto che la curva dei rendimenti Usa si è notevolmente appiattita dal 2016, quando la Fed ha iniziato il nuovo ciclo di stretta monetaria (i tassi a breve termine salgono più rapidamente di quelli a lungo termine). Mentre si è invertita solo nelle ultime settimane, quando la Fed ha ancora una volta allentato la sua politica (i tassi a lungo termine sono scesi più rapidamente di quelli a breve termine).
"Se consideriamo tutte le possibili coppie di tassi su scadenze che vanno da un mese a 30 anni, oltre il 50% di loro ora riflette un’inversione”.
Leggi anche l’analisi dell’Ufficio studi Money.it: Curva dei tassi Usa incorpora rischio recessione su metà delle scadenze.
Generalmente gli esperti si concentrano sul differenziale dei tassi a breve termine e a lungo termine, i più comuni sono i 2-10 anni (3 punti base mercoledì 21 agosto, intraday negativo il 14 e 15 agosto) e il 3 mesi-10 anni (-38 punti base mercoledì 21 agosto, negativo dallo scorso maggio).
Anche la Fed di New York mantiene quest’ultima come il più pertinente. «Dalla fine degli anni ’60, un tale segnale ha sempre indicato una recessione nei 6-18 mesi successivi all’inversione, questo vorrebbe dire che l’inizio della prossima recessione negli Stati Uniti si attesterebbe tra dicembre 2019 e dicembre 2020», dicono gli esperti di Oddo.
Tuttavia gli economisti ricordano che il contesto in cui questo segnale si è manifestato è importante e che le probabilità che gli Usa entrino in recessione sono basse. Ma avvertono del fatto che proprio una fobia da recessione imminente può frenare consumi e investimenti peggiorando il quadro di rallentamento economico.
"Maggiore è la paura di una recessione, maggiore è la tentazione di rinviare o sospendere le decisioni dei consumatori, degli investimenti o delle assunzioni.
A questo proposito - sostengo i due esperti -, il principale rischio di recessione deriva dall’incertezza causata dal presidente degli Stati Uniti. La migliore protezione contro la recessione non sta nei tagli dei tassi da parte della Fed o in un nuovo pacchetto di stimoli fiscali, ma in un ritorno alle normali relazioni commerciali. Tutto sommato, questo sembra essere quello che il presidente Trump voglia fare. «È il presidente solo (o quasi) che sembra spingere l’economia statunitense sull’orlo del baratro», concludono gli esperti di Oddo.
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