Reddito di cittadinanza, quali legami con il mondo del lavoro? Ecco cosa deve sapere chi è alla ricerca di un nuovo impiego, e chi lo ha già trovato, per non commettere errori.
Il legame tra reddito di cittadinanza e lavoro è molto forte in quanto rintracciabile già dalle intenzioni del legislatore, il quale ha deciso di affiancare al sostegno al reddito uno strumento di politica attiva.
Obiettivo del reddito di cittadinanza, infatti, non è solamente quello di sostenere una famiglia nel periodo di difficoltà economica, ma anche di aiutarla a uscire da tale momento supportando i cosiddetti componenti occupabili a trovare un lavoro.
E non è un caso se, alla luce delle ultime novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022, già al momento della domanda di reddito di cittadinanza bisogna rilasciare la dichiarazione d’immediata disponibilità al lavoro (DID) che verrà in un successivo momento convalidata dal centro per l’impiego.
Questo, però, non significa che chi prende il reddito di cittadinanza non può lavorare, né viceversa che chi lavora non può chiedere il reddito di cittadinanza.
Esistono dei requisiti, economici e patrimoniali, ma tra questi non vi è l’incompatibilità tra un reddito di lavoro e il sostegno riconosciuto a titolo di reddito di cittadinanza. D’altronde, ci sono casi in cui lo stipendio percepito non è sufficientemente elevato per mandare avanti una famiglia: ragion per cui il reddito di cittadinanza spetta anche in queste circostanze, con il valore dell’importo mensile che sarà proporzionato a quello del reddito familiare.
Allo stesso tempo, chi trova lavoro mentre prende il reddito di cittadinanza può continuare a percepire il sostegno, che tuttavia si riduce, semplicemente rispettando una serie di obblighi. Sempre se, ovviamente, ne continua a mantenere i requisiti.
Il legame tra reddito di cittadinanza e lavoro, dunque, richiede un approfondimento: ecco tutto quello che serve sapere sia per chi è disoccupato, e spera di trovare lavoro grazie a questa misura, che per chi un lavoro lo ha e vuole sapere quali sono le condizioni per beneficiare di un tale strumento nonostante si ha un impiego.
Reddito di cittadinanza e lavoro, la guida
Reddito di cittadinanza: chi deve prendere parte alla politica attiva per il lavoro
Come anticipato, per chi prende il reddito di cittadinanza - e vale per tutti i componenti del nucleo familiare non solo per chi ne fa domanda - c’è l’obbligo di prendere parte a una politica attiva per il lavoro, la quale prevede l’affiancamento del centro per l’impiego, e delle agenzie private in un secondo momento, in tutta la fase di ricerca di un nuovo lavoro.
Questo vale solamente per i componenti del nucleo familiare occupabili, ossia tutti i maggiorenni che non fanno parte delle categorie degli esonerati e degli esclusi dagli obblighi. Nel dettaglio, si tratta di quei componenti che si trovano in una delle seguenti situazioni:
- si prende cura di un minore con meno di 3 anni;
- si prende cura di un disabile;
- ha compiuto 65 anni di età;
- ha un’invalidità di almeno il 45%;
- si trovano in una condizione di salute che impedisce loro la partecipazione a un percorso di politica attiva per il lavoro. Ne è un esempio lo stato di gravidanza;
- ha un lavoro subordinato con reddito prospettico superiore a 8.145 euro, oppure un lavoro subordinato con reddito inferiore a tale soglia ma con orario settimanale superiore alle 20 ore (oppure 25 ore se si comprende il tempo necessario per andare al lavoro);
- ha un lavoro autonomo con reddito superiore a 4.800 euro;
- è impegnato in un corso di studi;
- è impegnato in un corso di formazione valido ai fini dell’ottenimento di una qualifica professionale;
- è impiegato in un tirocinio o sta prendendo parte a un altro percorso di politica attiva per il lavoro;
- non sono compresi nella scala di equivalenza e quindi non percepiscono il reddito di cittadinanza (è un esempio il componente aggregato al nucleo).
Chi non rientra in una delle suddette categorie ha quindi l’obbligo di mettersi a disposizione per un percorso di ricerca del lavoro che tra i tanti obblighi prevede anche l’accettazione di una delle offerte congrue presentate.
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Reddito di cittadinanza e offerta di lavoro congrua
La normativa sull’offerta di lavoro congrua ai fini del reddito di cittadinanza è stata modificata dall’ultima legge di Bilancio, dove viene stabilito che:
- nei primi 18 mesi è possibile rifiutare una sola offerta di lavoro congrua. In caso di rifiuto, tuttavia, scatta una decurtazione di 5,00 euro mensili dall’importo riconosciuto mensilmente;
- al rifiuto della seconda offerta di lavoro scatta la decadenza del reddito di cittadinanza;
- in caso di rinnovo dopo i 18 mesi, non è possibile rifiutare alcuna offerta di lavoro.
Affinché l’offerta di lavoro possa essere presa in considerazione ai fini dell’applicazione delle suddette sanzioni, è necessario che questa rispetti le condizioni per essere riconosciuta come congrua. Nel dettaglio, la congruità dell’offerta di lavoro viene definita sulla base di tre principi, come stabilito dall’articolo 25 del decreto legislativo 150/2015. Si tratta di:
- coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate;
- distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
- durata dello stato di disoccupazione.
Per quanto riguarda la distanza, questa varia a seconda del periodo di fruizione del reddito di cittadinanza: si va da un massimo di 100 chilometri in caso di prima offerta, fino all’obbligo di dover accettare un’offerta di lavoro da tutta Italia in determinate occasioni.
Tra le tipologie contrattuali di un’offerta di lavoro congrua rientrano ovviamente i contratti a tempo pieno e indeterminato, ma anche i part-time almeno al 60% e le offerte a tempo determinato o in somministrazione a patto che abbiano una durata non inferiore ai 3 mesi. Affinché un’offerta possa essere riconosciuta come congrua, però, è necessario che questa sia retribuita con uno stipendio almeno pari alla quota minima del reddito di cittadinanza spettante a una persona sola (780 euro) aumentata del 10% (856 euro).
Reddito di cittadinanza per chi già lavora
Come anticipato, non ci sono vincoli per coloro che già lavorano, sia se dipendenti privati che autonomi: questi possono comunque richiedere il reddito di cittadinanza a patto che ne soddisfino i requisiti indicati dalla normativa.
In particolare, è importante che nonostante l’attività lavorativa in corso l’Isee risulti inferiore ai 9.360 euro, mentre il reddito familiare deve stare al di sotto delle soglie specificate dalla normativa (6.000 euro per la persona sola, da moltiplicare per il parametro di scala di equivalenza nel caso dei nuclei numerosi).
Dunque, chi ha un reddito da lavoro comunque non sufficiente per mantenere la propria famiglia può comunque presentare domanda del reddito di cittadinanza.
L’importo riconosciuto sarà così una sorta d’integrazione dello stipendio utile per affrontare alcune delle spese quotidiane. Chi lavora poi potrebbe decidere, a seconda se conserva o meno lo stato di disoccupazione, di prendere comunque parte alla politica attiva così da poter cercare un lavoro meglio pagato. Tale obbligo varrà anche per gli altri componenti del nucleo familiare occupabili.
Che succede a chi trova lavoro mentre prende il reddito di cittadinanza
Allo stesso tempo non si perde automaticamente il diritto al reddito di cittadinanza qualora si trovi un lavoro nel periodo di percezione della misura, sia in autonomia che grazie al supporto del centro per l’impiego.
Bisogna come prima cosa sapere che ci sono degli obblighi da rispettare: ad esempio, prima dell’inizio di un lavoro come dipendente bisogna utilizzare il modulo Sr81 per darne comunicazione all’Inps, specificando anche quale sarà il reddito presunto che si andrà a percepire da una tale attività. Lo stesso vale per chi dà avvio a un’attività da lavoro autonomo, i quali ogni tre mesi devono aggiornare l’Inps riguardo al reddito percepito nell’ultimo trimestre.
I redditi da lavoro percepiti andranno però ad impattare sul reddito familiare, all’80% per l’esattezza. Questo significa che quando si trova lavoro il reddito familiare aumenta e di conseguenza potrebbe esserci il superamento della soglia massima prevista e la conseguente decadenza del reddito di cittadinanza.
Altrimenti, nel caso di aumento del reddito familiare che tuttavia resta all’interno della soglia massima consentita, vi è solamente un ricalcolo del beneficio con l’importo della ricarica mensile che si riduce.
Beneficio addizionale reddito di cittadinanza per chi si mette in proprio
Il reddito di cittadinanza riconosce anche un beneficio addizionale, aggiuntivo dunque rispetto alla mensilità ordinaria, pagato a titolo d’incentivo per l’avvio di un’attività di lavoro autonomo, d’impresa individuale o di partecipazione in società.
Tale incentivo è calcolato tenendo conto dell’importo percepito a titolo di reddito di cittadinanza, moltiplicato per 6 mensilità. Vi è però un limite di 780 euro mensili, con l’importo massimo quindi pari a 4.680 euro. Tale incentivo, tuttavia, spetta solamente a coloro che avviano un’attività da lavoro autonomo entro i primi 12 mesi di fruizione del reddito di cittadinanza.
Reddito di cittadinanza e lavoro nero
L’ultimo capitolo lo merita l’incompatibilità tra reddito di cittadinanza e lavoro in nero. Infatti, mentre solitamente in caso di lavoro senza regolare contratto scatta una sanzione per il solo datore di lavoro, qualora il dipendente risulti percettore del reddito di cittadinanza anche questo viene punito con una sanzione che può essere molto severa.
Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 del decreto 4/2019, convertito in legge 26/2019, stabilisce che chi al momento della domanda omette informazioni dovute è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
Omettere comunicazioni delle variazioni del reddito, anche quando provenienti da attività irregolari come appunto il lavoro in nero, nel periodo in cui si percepisce il reddito di cittadinanza, è invece punito con la reclusione da 1 a 3 anni.
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