Food delivery in sciopero venerdì 26 marzo: i rider di tutta Italia incrociano le braccia e invitano gli utenti a non ordinare cibo a domicilio per il No Delivery Day. Ecco come funziona e le città coinvolte.
Dopo lo sciopero nazionale di Amazon del 22 marzo, anche i rider del food delivery sono pronti a incrociare le braccia: le consegne per pranzo e cena sono a rischio per tutta la giornata di venerdì 26 marzo, per il No Delivery Day, giorno della mobilitazione nazionale dei fattorini in bicicletta.
Alla giornata di sciopero nazionale di 24 ore indetto dai sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Ugl Fna e Faisa Cisal che coinvolgerà anche i trasporti, si aggiunge anche la protesta del delivery.
Si fermeranno i lavoratori di più di 20 città italiane da Nord a Sud per chiedere maggiori tutele e diritti, soprattutto in merito alla paga oraria e al rischio di infortuni sul lavoro. La data, d’altronde non è stata scelta a caso, ma coincide con la scadenza per la risposta ai ricorsi presentati dalle piattaforme dopo l’indagine della Procura di Milano che applicava pesanti sanzioni alle società di food delivery.
No Delivery Day: sciopero rider venerdì 26 marzo
La protesta di venerdì 26 marzo è stata indetta da Rider X i Diritti, movimento nazionale promosso da Deliverance Milano che riunisce tutte le esperienze sindacali dei rider attivi nei territori, rappresentanti dei sindacati autonomi e dei sindacati confederali. Più che di uno sciopero dei rider, la rete parla di una “giornata di mobilitazione”.
Da Glovo a Deliveroo, i lavoratori sono pronti a incrociare le braccia per richiedere maggiori tutele e diritti ma chiedono anche agli utenti di non ordinare cibo a domicilio per tutta la giornata di venerdì in segno di solidarietà. Intanto in rete la protesta sta già prendendo piede attraverso l’hashtag #iononordino.
Consegne a rischio a pranzo e cena: ecco dove
Nella lettera indirizzata da RiderXidiritti ai consumatori, ai quali viene chiesto di non effettuare ordini per il 26 marzo, viene specificato che lo sciopero dei rider coinvolgerà più di 20 città italiane.
A Milano è prevista una manifestazione alle ore 11:30 in piazza XXIV Maggio: i rider si riuniranno per alzare la voce contro le società di food delivery che non offrono loro delle tutele adeguate. La protesta proseguirà per tutto l’orario del pranzo. In altre città, come a Bologna, invece, i rider fermeranno le consegne della cena.
Tra le città che hanno aderito al No Delivery Day anche Roma, Bologna, Torino, Messina, Padova, Firenze, Napoli, Palermo, Rieti, Pescara, Reggio Emilia, Mantova, Brindisi, Trieste, Civitanova Marche, Genova, Carpi, Caserta.
Molti ristoranti hanno già ricevuto la segnalazione della mobilitazione: le singole società hanno messo in guardia le ditte da loro servite in merito allo sciopero. I servizi potrebbero risultare sospesi.
I motivi della protesta
Da anni migliaia di rider lottano per far valere i loro diritti: “Siamo pedine nelle mani di un algoritmo, siamo considerati lavoratori autonomi, siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere, ma non siamo considerati lavoratori dipendenti dai nostri datori di lavoro”, scrivono i fattorini.
In molte parti d’Europa, dove il caso dei rider è stato posto dinanzi alle autorità, “stanno riconoscendo la verità: il nostro è un lavoro subordinato ”. Anche nel nostro Paese la discussione e i riflettori sono tutti puntati su queste piattaforme di food delivery e su migliaia di lavoratori che hanno svolto un’attività essenziale durante la pandemia, correndo il rischio di contagio da Covid-19 e infortunio sul lavoro.
Il Tribunale del lavoro di Palermo si è mosso in questo senso nel primo grado di giudizio. “Un’altra sentenza della Corte di Cassazione ha riconosciuto che ci devono essere applicate le tutele del lavoro dipendente”, prosegue la lettera. E ancora: il Tribunale di Milano “ha fatto luce su casi palesi di caporalato dentro Uber Eats”, mentre i giudici di Bologna hanno riconosciuto “che l’algoritmo è un dispositivo discriminatorio nei confronti dei lavoratori”.
Me le aziende in Italia continuano ad adottare modelli di business “che si reggono su sfruttamento, cottimo e precarietà”. Per tale motivo i rider incroceranno le braccia venerdì 26 marzo per chiedere “di essere alla pari di tutti i lavoratori dipendenti del nostro paese. Salari, sicurezza, malattia, ferie, contributi, mensilità aggiuntive, tfr, contratto nazionale”.
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