Più alti gli stipendi e più alti i consumi. Così si ferma la crescita e la fiducia dei consumatori italiani. Ecco perché gli italiani stanno perdendo potere d’acquisto.
ISTAT - Crescono gli stipendi, ma cala il potere d’acquisto. Questo è l’andamento fotografato dall’Istat per il 2022. I dati, che fanno riferimento agli aumenti di stipendio previsti, formalizzati e confermati nel 2021, vanno letti alla luce di un aumento generale dei prezzi, dalla pasta all’energia, dal carburante ai beni tecnologici.
Complice la pandemia di coronavirus, l’economia italiana è in equilibrio tra una ripresa timida, anche se migliore di altre realtà europee, e un’inflazione galoppante trainata proprio dalle voci sopra citate. Quindi sì, aumentano gli stipendi (+0,6%), ma aumenta anche l’inflazione (+1,9%), che fa perdere la fiducia degli italiani nella ripresa e negli acquisti.
Dopo un fine anno all’insegna della ripresa, con una crescita stimata del +6,3%, il 2022 inizia con un brusco shock economico per quanto riguarda il potere d’acquisto. Infatti se è vero che oggi, in apertura del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi ha espresso soddisfazione per i dati di crescita, è anche vero che la fiducia degli italiani e delle imprese è crollata. Una situazione da non sopravvalutare, siamo ancora all’inizio dell’anno, ma neanche da prendere alla leggera. Andiamo nel dettaglio.
Retribuzioni e inflazione in aumento: i dati Istat
Secondo i dati Istat nel solo mese di dicembre 2021 l’indice di retribuzioni contrattuali è salito dello +0,1% rispetto al mese precedente (novembre). Guardando ancora più indietro, l’indice è cresciuto dello +0,7% rispetto a dicembre 2020.
L’aumento è da intendersi medio, infatti per i dipendenti dell’industria ha raggiunto il +1,2%, mentre per quelli dei servizi privati lo +0,8%. Sempre secondo i dati Istat l’aumento per la Pubblica Amministrazione è nullo. In testa nella classifica dell’indice di retribuzione contrattuale più alti si trovano i settori delle farmacie private (+3,9%), delle telecomunicazioni (+2,5%) e del credito e assicurazioni (+2,0%).
Maurizio Landini, segretario generale della Cigl, ha commentato i dati dell’Istat, spiegando che siamo di fronte a una pandemia salariale e sociale senza precedenti. “Non solo l’inflazione si sta mangiando i salari, ma oggi chi lavora è povero pur lavorando”, ha detto. Ha aggiunto, in conclusione, che va affrontata la questione fiscale, proprio perché “l’operazione che è stata fatta sul fisco non andava nella direzione di favorire i salari più bassi” e non colpisce l’evasione fiscale.
Perché cala il potere d’acquisto anche se aumentano gli stipendi?
Gli italiani sono sfiduciati e la sensazione è quella che l’economia sia perennemente in crisi. Tanto che la fiducia dei consumatori è in calo, insieme alla fiducia delle imprese. Una conseguenza logica dei vari problemi che si sono andati ad accavallare nel corso della pandemia e non solo, tra vincoli alla produzione (crisi energetica) e il ritorno dell’inflazione. Anche se oggi il premier Mario Draghi si è detto soddisfatto dei numeri della ripresa (+6,5%), l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie si è fatto immediatamente sentire.
Secondo la Confcommercio lo shock economico di inizio 2022 non va sopravvalutato, ma neanche trascurato. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di intervenire sul caro bollette, tanto per le famiglie quanto per le imprese.
A trascinare verso il basso la fiducia dei consumatori e delle imprese sono sicuramente l’aumento dei costi dell’energia, e la ricaduta sul prezzo dei prodotti, ma anche la crisi dei chip, quella delle risorse come il grano, l’aumento del prezzo del carburante e dei trasporti. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, ha spiegato che “l’impennata dei prezzi dell’energia mina la fiducia dei consumatori e frena la ripresa dei consumi. Non per niente nel dato di oggi peggiorano anche le opportunità di poter acquistare beni durevoli o di poter risparmiare”.
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