Welfare aziendale: cos’è, come funziona, esempi e vantaggi

Claudia Cervi

04/05/2023

Ecco cosa è il welfare aziendale e come può migliorare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente. Tutti i vantaggi di una soluzione sempre più diffusa tra le aziende italiane.

Welfare aziendale: cos’è, come funziona, esempi e vantaggi

Il welfare aziendale è un insieme di servizi e iniziative messe a disposizione dal datore di lavoro per migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti. Queste iniziative possono riguardare vari aspetti, come la salute, la formazione, il sostegno alla famiglia, l’equilibrio tra vita privata e lavoro, la previdenza integrativa e molto altro ancora.

Il welfare aziendale ha molteplici obiettivi, tra cui il miglioramento della produttività e della soddisfazione dei dipendenti, la promozione del loro benessere e la riduzione dell’assenteismo e dei conflitti sul lavoro. Inoltre, è importante considerare come un clima disteso sul posto di lavoro possa avere un impatto positivo sia in termini economici che sociali. Infatti, il rapporto tra datore di lavoro e dipendente passa anche e soprattutto dal benessere di quest’ultimo e dall’assenza di tensione sul posto di lavoro. In questo modo, il welfare aziendale può contribuire non solo a migliorare l’immagine aziendale, ma anche a promuovere la responsabilità sociale dell’impresa.

Cos’è, come si fa a introdurlo nella propria attività, quali vantaggi comporta? Rispondiamo a tutte queste domande.

Cos’è il welfare aziendale?

Il welfare aziendale è un insieme di servizi (noti come flexible benefit) offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti come integrazione alla normale busta paga, sia in denaro che in natura (fringe benefit). Il suo obiettivo è quello di migliorare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie.

La normativa che regola il welfare aziendale in Italia è contenuta principalmente nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che stabilisce le regole per il reddito da lavoro dipendente.

In particolare, l’articolo 51 del TUIR definisce le modalità per l’erogazione del welfare aziendale tramite voucher, documenti di legittimazione cartacei o elettronici che danno diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale. I voucher possono essere utilizzati per diverse categorie di beni e servizi e sono soggetti a un limite massimo di importo al di sopra del quale sono assoggettati a tassazione ordinaria.

Inoltre, il TUIR prevede la concessione di servizi di welfare ai familiari dei dipendenti, come stabilito dall’articolo 51 comma 2 lett. f). La legge di Stabilità del 2016 ha introdotto le lettere f-bis e f-ter, che prevedono la concessione di servizi di educazione, istruzione, assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti e borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti.

Le leggi di Bilancio definiscono le modalità di conversione dei premi di produttività in iniziative di welfare aziendale, permettendo alle aziende di offrire ai propri dipendenti servizi di welfare in alternativa ai tradizionali bonus. Inoltre, le circolari dell’Agenzia delle entrate interpretano e forniscono indicazioni puntuali sull’applicazione delle norme disciplinate all’interno del TUIR e delle leggi di Bilancio.

Il Decreto Trasparenza del gennaio 2023 ha confermato l’erogazione di buoni carburante per i dipendenti, che non concorrono alla formazione del reddito e sono interamente deducibili dal reddito di impresa. Il limite massimo per questo tipo di erogazione è di 200 euro per lavoratore. Questo rappresenta un ulteriore contributo contro il caro carburante, in aggiunta ai 258,23 euro previsti per i fringe benefit.

Anche i contratti collettivi nazionali (CCNL), come quello dei metalmeccanici, hanno introdotto modifiche in questo senso, imponendo delle somme annuali fisse a carico delle imprese.

È importante sottolineare che il welfare aziendale dev’essere rivolto a tutti i lavoratori o a una categoria omogenea per usufruire delle agevolazioni fiscali. Misure ad personam, secondo il TUIR, costituiscono reddito e non beneficiano di tali agevolazioni.

Come funziona il welfare aziendale?

Il welfare aziendale può essere realizzato in modi diversi a seconda delle scelte che compie l’impresa. I servizi fruibili sono molteplici, ma è l’azienda a scegliere quali attivare, anche in base alla popolazione aziendale.

Innanzitutto, vanno distinte due modalità di erogazione dei beni e servizi di welfare:

  1. esterna (o anche on top), ossia al di fuori della retribuzione vera e propria, un’aggiunta a quello che già è previsto per il lavoratore;
  2. interna, ossia come parte integrante della paga di un dipendente.

Esistono poi varie forme di adozione del welfare aziendale, che dipendono anche dal fatto che ci sia o meno una serie di benefici on top rispetto alla retribuzione ordinaria:

  • contrattuale: si tratta di quello che si afferma all’interno della dinamica di contrattazione sindacale e di categoria (come i contratti nazionali), quindi gruppi di imprese e i loro lavoratori;
  • convertito: riguarda le imprese singolarmente, che dopo aver adottato il sistema dei premi di risultato (PDR), interno alla busta paga e basato su risultati ottenuti, decidono (sempre) in accordo con i sindacati, di sposare il welfare aziendale;
  • premiale: si ha quando l’impresa con un suo regolamento interno offre premi in base a risultati ottenuti;
  • puro: frutto di decisioni unilaterali di un’impresa, che offre premi non vincolati a risultati futuri.

In sintesi, le imprese che stipulano alcuni contratti nazionali sono obbligate a mettere in piedi un sistema di welfare aziendale, mentre quelle che instaurano rapporti individuali, o locali, possono farlo spontaneamente con un regolamento interno, o con un accordo di II livello (con il sindacato).

L’articolo 51 del TUIR stabilisce quali sono le possibili misure in cui si può articolare il sistema di welfare aziendale. Tra queste spiccano i cosiddetti flexible benefit, ossia un pacchetto di beni e servizi prestabiliti tra i quali il lavoratore può scegliere liberamente.

Il datore di lavoro, se vuole costruire un welfare aziendale efficiente, deve innanzitutto analizzare i bisogni dei lavoratori e delineare un pacchetto che li soddisfi il più possibile (può per esempio effettuare un sondaggio, o, nel caso di imprese più grandi, deve confrontarsi con i sindacati). Dopo aver stabilito il pacchetto di beni e servizi e aver stabilito le regole di erogazione, lo deve comunicare ai dipendenti come meglio crede (anche via posta elettronica).

Contestualmente alla nuova disciplina si sono diffuse delle piattaforme web per la gestione del welfare aziendale. All’interno della piattaforma il lavoratore ha a disposizione un budget e può scegliere come distribuirlo tra i beni e servizi offerti nel pacchetto aziendale.

Le imprese possono decidere di adottare un sistema misto tra premi di risultato (ossia aumenti diretti in busta paga al raggiungimento di obiettivi) e welfare aziendale. Ciò presuppone il deposito del contratto presso il portale del Ministero. In tal caso deve comunque restare in capo al lavoratore la libera scelta di quale sistema adottare (alla luce del fatto che al premio di risultato viene applicata un’aliquota del 10%, abbassata al 5% con la legge di Bilancio 2023). Se il lavoratore decide di convertire il suo premio di risultato, è esente dalla tassazione a patto che non superi i 3 mila euro (4 mila euro per le imprese che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro in esecuzione di accordi sottoscritti prima del 24 aprile 2017) e il suo reddito annuale lordo non superi gli 80 mila euro.

Esempi di welfare in azienda per i dipendenti

Sono molteplici gli esempi di welfare aziendale. Anche il semplice utilizzo dello smart working viene classificato tra le misure di welfare aziendale. Tra le più gettonate si trovano:

  • assistenza sanitaria integrativa (anche nel senso di aiutare nella gestione di casi di familiari non autosufficienti);
  • sostegno per spese di istruzione e gestione dei figli (dalle tasse scolastiche, fino ad asili nido e baby sitter);
  • previdenza complementare (fondi pensione);
  • assistenza psicologica;
  • buoni pasto, buoni carburante e buoni spesa di vario tipo (anche il lavaggio dell’auto).

Secondo i dati del Ministero del Lavoro, aggiornati a dicembre 2022, il 60,7% dei contratti prevedono il welfare aziendale. Circa il 34% delle misure riguardano benefici in termini di istruzione dei figli dei lavoratori (tasse, libri e iscrizioni agli asili nido). Ogni lavoratore percepisce dalle misure di welfare aziendale, in media, circa 800/1.000 euro.

Buoni welfare: cosa sono e a chi spettano

I buoni welfare rappresentano un’opzione sempre più allettante per le aziende che desiderano offrire ai propri dipendenti un sostegno concreto, oltre al semplice salario. I vantaggi dei buoni welfare includono la possibilità per i dipendenti di soddisfare bisogni specifici e migliorare la qualità della vita lavorativa, attraverso servizi e prodotti che non sono normalmente inclusi nel contratto di lavoro.

Tra i servizi che possono essere coperti dai buoni welfare troviamo:

  • la mensa aziendale,
  • i corsi di formazione,
  • i servizi di baby-sitting,
  • i buoni acquisto per i libri scolastici,
  • per il tempo libero e per la cultura.
    Questi voucher possono essere riconosciuti a tutti i dipendenti dell’azienda, compresi i collaboratori occasionali, le badanti e le colf.

Inoltre, i buoni welfare godono di un regime fiscale agevolato, poiché non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente o assimilato, fino all’importo complessivo giornaliero di 10 euro per ciascun buono, aumentato a 15 euro per i buoni digitali.

Offrire buoni welfare ai propri dipendenti può rappresentare un vantaggio competitivo importante per le aziende sul mercato del lavoro, in quanto può aumentare la motivazione e la soddisfazione dei dipendenti, influendo positivamente sulla loro produttività e sul benessere psicofisico. Inoltre, può rappresentare un incentivo per trattenere i talenti e attrarre nuovi profili di lavoro.

Quali sono i vantaggi del welfare aziendale?

Il welfare aziendale è un sistema che porta vantaggi sia alle aziende che ai lavoratori. Infatti, le aziende possono ridurre i costi del lavoro del 30-40% rispetto agli importi lordi erogati in busta paga ai dipendenti e migliorare la motivazione del personale, migliorando la loro brand identity e reputazione. D’altra parte, i lavoratori aumentano il loro potere d’acquisto e possono garantire maggiori beni e servizi alle loro famiglie. Inoltre, un piano welfare ben strutturato consente alle aziende di avvicinarsi ai propri collaboratori, andando incontro alle loro esigenze e aiutandoli a trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata, migliorando così il loro engagement e la loro soddisfazione, il che si traduce in un aumento della produttività.

Guardando ai benefici per l’imprenditore, con la creazione di un sistema di welfare aziendale si registrano i seguenti benefici:

  • riduzione del costo del lavoro;
  • diminuzione dell’assenteismo;
  • aumento della produttività;
  • miglioramento dell’immagine aziendale.

Dal lato dei lavoratori invece si registra:

  • aumento del potere d’acquisto;
  • miglioramento del rapporto lavoro-vita privata;
  • allentamento della tensione sul posto di lavoro;
  • innalzamento del benessere.

Entrambe le parti beneficiano di incentivi fiscali. Per le imprese spicca la deduzione al 100% delle spese di welfare. La deduzione non ha un tetto quando è inserita nel quadro della contrattazione nazionale o quando avviene la conversione dal sistema a premi di risultato, che è sempre frutto di una decisione libera del lavoratore, o di una contrattazione sindacale. La somma corrisposta, i limiti di 3.000 euro e 80.000 euro, non è soggetta ad alcuna tassazione o onere contributivo, né per il dipendente, né per l’azienda. Pertanto, la somma non è soggetta all’imposta sostitutiva del 5% e non concorre a formare reddito da lavoro anche nel caso in cui sfori il plafond di deducibilità di 5164,57 euro per l’adesione al fondo pensione o di 3.615,20 euro per l’assistenza sanitaria. integrativa.

Deve invece sottostare al tetto «fringe benefit» di 258 euro annuali per lavoratore in caso di welfare che parte unilateralmente dall’azienda, a patto che ci sia a fronte un regolamento aziendale. In assenza del regolamento aziendale, il limite della deduzione si applica al 5 per mille del costo del lavoro in bilancio.

Il guadagno dei lavoratori, oltre a essere meramente materiale, sta nel fatto che quelle che dalla prospettiva dell’imprenditore sono spese di welfare, nei casi elencati all’articolo 51 TUIR, non costituiscono reddito per il lavoratore. Questo vantaggio viene percepito soprattutto da chi converte un contratto basato sul vecchio sistema di premi di produttività e risultato (su cui si applica un’imposta sostitutiva del 5%).

Il sistema del welfare aziendale ha dunque un effetto positivo nel complesso: sul rapporto tra azienda e lavoratore, sulla prestazione e sul benessere del lavoratore e di riflesso sulle prestazioni e sull’immagine dell’azienda.
La ancora mancata adesione delle PMI andrebbe dunque più che altro attribuita al complicato - e meno incentivante - insieme di norme che ne regolano l’adozione e il funzionamento.

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