Aborto: stretta delle Marche per “troppa denatalità”

Isabella Policarpio

17 Dicembre 2020 - 16:36

L’assessore alle Pari Opportunità delle Marche chiede di rivedere le linee nazionali sull’aborto per invertire il trend della denatalità. L’aborto farmacologico è ancora un tabù.

Aborto: stretta delle Marche per “troppa denatalità”

In una seduta del Consiglio regionale delle Marche è emersa la richiesta di rivedere le misure nazionali sull’aborto modificate quest’estate, quando è stato deciso che la pillola abortiva (la RU486) può essere somministrata senza ricovero.

Una procedura più rapida che salvaguarda la privacy delle donne che decidono di ricorrere all’aborto volontario.

Le Marche, però, chiedono al Parlamento di fare un passo indietro, sulla scia di quanto accaduto pochi mesi fa in Umbria.

Ecco cosa è successo.

Il Consiglio delle Marche vuole “rivedere” le linee guida sull’aborto

La richiesta di modificare le linee generali sull’aborto, specie quello farmacologico, è emersa nella seduta del 15 dicembre 2020. L’assessore alle Pari Opportunità, Giorgia Latini, avrebbe detto le parole riportate dal quotidiano online “Cronachemaceratesi.it”:

“Avvieremo una verifica di compatibilità delle linee guida del ministero della Salute con la legge 194 perché riteniamo che i consultori debbano essere luoghi di assistenza e approfondimento e non di esecuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza.”

Sotto accusa la pillola abortiva RU486, che può essere somministrata senza ricovero nelle strutture pubbliche e private convenzionate; grazie a questa pillola le donne possono tornare a casa mezz’ora dopo la somministrazione.

A titolo di approfondimento, la Circolare del Ministero della Salute del 12 agosto 2020, con oggetto l’ “Aggiornamento delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”

Servono politiche di “sostegno delle nascite”

La richiesta di rivedere le linee nazionali sull’aborto è sorta dopo l’interpellanza del consigliere Manuela Bora (PD) sull’elevato numero di medici marchigiani obiettori di coscienza.

In risposta, l’assessore Latini avrebbe manifestato l’esigenza di aprire una nuova riflessione sull’applicazione della legge 194, dato che il Paese sta vivendo “una decrescita demografica senza precedenti”, per questo avrebbe dichiarato :

“servono politiche di sostegno alla nascita. Le istituzioni devono più che mai impegnarsi a promuovere la vita dando alle donne assistenza per scegliere in piena libertà. Il nostro obiettivo è di mettere le donne nella condizione di non vivere la maternità come una tragedia.”

L’obiettivo della Giunta regionale, secondo l’assessore, sarebbe quello di potenziare i consultori sul territorio “per far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza”.

Un parere lecito e (forse) travisato che ha scatenato aspre polemiche.

Aborti spontanei nelle Marche, cosa rivelano i dati

Analizzando i dati forniti dall’assessore alla Sanità Saltamartini, risulta che Marche è tra le regioni che fa meno ricorso alla pratica abortiva: nel 2019 si sono registrati 1450 aborti volontari, meno che nel 2018, quando erano stati 1537.

Per quanto riguarda l’aborto farmacologico, tramite RU486, questo è possibile soltanto negli ospedali di San Benedetto del Tronto, Urbino e Senigallia, mentre è ancora un tabù nelle altre strutture della regione.

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