Addio alle assenze per malattia, Inps e Inail chiariscono il tempo massimo

Simone Micocci

19 Agosto 2024 - 12:12

Durata della malattia o dell’infortunio: qual è il limite che non si può superare? I chiarimenti di Inail e Inps.

Addio alle assenze per malattia, Inps e Inail chiariscono il tempo massimo

È diritto del lavoratore assentarsi per malattia per il tempo che secondo il medico serve per rimettersi in sesto, come indicato dal certificato. Lo stesso vale nel caso di infortunio sul lavoro (o di malattia professionale), per quanto tra le due casistiche ci sia una differenza rilevante: se nel primo caso è l’Inps a farsi carico della cosiddetta indennità di malattia, assicurando così che il lavoratore percepisca uno stipendio anche nel periodo di assenza, nel secondo il costo dell’indennizzo grava sull’Inail.

Tuttavia, è bene sapere che arriva un momento in cui bisogna dire “addio” alle assenze per malattia: le normativa di Inps e Inail, infatti, chiariscono qual è il tempo massimo oltre il quale non si può andare, come pure qual è la soglia che se superata autorizza l’azienda a interrompere il rapporto di lavoro.

Solitamente, infatti, durante le assenze per malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro; tuttavia, superato un certo numero di giorni non solo non spetta più alcuna indennità ma il datore di lavoro è persino autorizzato a licenziare.

Quando arriva quindi il momento di dire addio alle assenze per malattia, o da infortunio? Ecco quanto specificato da Inps e Inail nelle relative normative.

Addio alle assenze per malattia, ecco quando

Come anticipato, durante i periodi di assenza per malattia il dipendente ha diritto a una retribuzione sostitutiva di cui si fa carico l’Inps, pari a:

  • 50% della retribuzione media giornaliera, dal quarto al ventesimo giorno;
  • 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.

Spetta ai Contratti collettivi definire qual è la misura dell’indennità nei primi 3 giorni di malattia, della quale devono farsi carico i datori di lavoro. Così come sono sempre questi a definire se nei giorni successivi le aziende devono integrare l’indennità di malattia erogata dall’Inps così da compensare tutta o una parte della perdita dello stipendio.

Per quanto riguarda la durata dell’indennità di malattia quanto detto sopra ci dà già una prima risposta: oltre il 180° giorno non spetta alcuna indennità dall’Inps. A tal proposito, questo limite va considerato nell’arco di un anno: dunque, circa 6 mesi di malattia l’anno sono indennizzabili, dopodiché non spetta alcunché.

E per quanto riguarda la conservazione del posto di lavoro? A definire la durata del cosiddetto periodo di comporto, ossia il tempo limite entro cui non è ammesso il licenziamento per malattia sono sempre i Contratti collettivi.

Va detto però che nella generalità dei casi la durata di questo periodo è la stessa di quella in cui l’Inps si fa carico della relativa indennità, quindi 180 giorni per anno solare. Limite che va considerato sia per le assenze continuative che frazionate durante il corso dell’anno.

Addio alle assenze per infortunio sul lavoro

Nel caso delle assenze per infortunio sul lavoro, invece, è l’Inail a intervenire a sostegno del lavoratore. Nel dettaglio, questo si fa carico di un’indennità pari al:

  • 60% della retribuzione dal quarto al novantesimo giorno di infortunio;
  • 75% della retribuzione dal novantunesimo fino a completa guarigione del lavoratore.

A differenza dell’indennità di malattia, quindi, non esiste un limite oltre cui l’Inail smette di pagare il lavoratore, in quanto l’infortunio sul lavoro viene indennizzato fino a completa guarigione.

Per quanto riguarda il diritto alla conservazione del posto di lavoro, però, il trattamento è simile a quello previsto per la malattia, come confermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11136 del 27 aprile 2023.

Con questa pronuncia, infatti, la Suprema Corte ha ribadito che le assenze del dipendente causate da malattia professionale o infortunio sul lavoro sono comunque riconducibili nella più ampia definizione di infortunio o malattia come data dall’articolo 2110 del Codice Civile. Per tale motivo anche questi sono considerati ai fini della quantificazione del periodo di comporto.

Non solo quindi anche l’infortunio che dura più di 180 giorni può portare al licenziamento: anche laddove questo limite dovesse essere superato sommando le assenze per malattia e infortunio il datore di lavoro sarebbe legittimato a interrompere unilateralmente il rapporto.

L’unico caso in cui l’infortunio (o la malattia professionale) non è considerato nel periodo di comporto è quello in cui il datore di lavoro sia stato responsabile dell’evento, situazione che non è comunque ravvisabile nel caso in cui possa dimostrare l’avvenuta adozione delle norme per la garanzia della sicurezza sui luoghi di lavoro.

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