Chi paga la malattia nei primi tre giorni di assenza? E quanto spetta in busta paga? Facciamo chiarezza a riguardo.
Le assenze brevi per malattia, fino alla durata di tre giorni, sono un affare tra dipendente e datore di lavoro. I primi tre giorni di malattia, infatti, conosciuti come periodo di carenza, non sono di competenza dell’Inps che quindi non ne riconosce l’indennità di malattia.
Non per questo, però, bisogna temere di non ricevere lo stipendio nei primi tre giorni di malattia: come indicato dai contratti collettivi, infatti, è il datore di lavoro a farsi carico del pagamento.
Di fatto il lavoratore non deve preoccuparsi di nulla dal momento che sia nei primi tre giorni che nel periodo restante (ma entro i 180 giorni nell’arco dell’anno solare) riceverà quanto gli spetta in busta paga. La differenza è che dopo i primi tre giorni, nonostante sia sempre il datore di lavoro ad anticipare l’importo dovuto in busta paga, è l’Inps a farsene carico: ciò significa che il datore potrà recuperare quanto sborsato dai versamenti di imposte e contributi.
Non bisogna quindi essere preoccupati per i primi giorni di malattia: seppure in misura differente a seconda del settore d’impiego, in base a quanto stabilito dal contratto di categoria, lo stipendio spetta comunque.
I primi tre giorni di malattia
I primi tre giorni di malattia non sono pagati dall’Inps: in caso di assenza dal lavoro, quindi, è bene sapere chi, ed eventualmente come e in che misura, si fa carico della retribuzione per il periodo chiamato “di carenza”.
Secondo normativa, infatti, l’Inps interviene indennizzando la malattia a partire dal 4° giorno (e per un massimo di 180 giorni nell’arco solare), pagandola al 50% della retribuzione media globale nei primi 20 giorni di assenza, al 66,66% per il periodo successivo.
Spetta al datore di lavoro, dunque, farsi carico della retribuzione in tale periodo, ma solo quando previsto dal contratto di lavoro. La tutela del lavoratore nei primi tre giorni di assenza per malattia, infatti, è stata demandata alla contrattazione collettiva, dove viene specificato in che misura il datore di lavoro deve indennizzare il dipendente durante il periodo di carenza.
Molto, quindi, dipende dal contratto collettivo di riferimento.
I primi tre giorni di malattia nel caso della ricaduta
È bene specificare che quanto detto sopra non si applica nel caso di ricaduta. Pensiamo ad esempio al lavoratore che sarebbe dovuto tornare al lavoro il 1° agosto, ma che ha subito un peggioramento della propria condizione di salute tale da allungare il periodo della malattia fino al 20 agosto.
Ebbene, il periodo che va dal 1° al 3 agosto non è considerato come carenza, in quanto è compreso nel periodo di malattia già richiesto. Tali giornate vengono quindi indennizzate dall’Inps, a patto che la ricaduta si verifichi entro 30 giorni dalla malattia; affinché possa esserci un allungamento della malattia senza alcun periodo di carenza, quindi, è necessario che la comunicazione all’Inps arrivi con un largo anticipo.
A stabilirlo è l’Inps nella circolare n. 134368 del 1981, dove si legge che:
La ricaduta nella stessa malattia o altra conseguenziale - debitamente certificata dal medico - che sia intervenuta entro 30 giorni dalla data di cessazione della precedente è considerata, a tutti gli effetti, continuazione di quest’ultima.
Detto questo, possiamo vedere quando i primi tre giorni di malattia sono pagati dal datore di lavoro, e in che misura, analizzando quanto stabilito da alcuni dei più importanti contratti collettivi.
Quanto spetta nei primi tre giorni di malattia
Come visto sopra, le regole sulla retribuzione nel periodo di carenza sono dettate dalla contrattazione collettiva. Ed è sempre il Ccnl a stabilire se nel periodo indennizzato dall’Inps il datore di lavoro deve contribuire all’indennità di malattia, così da aumentare l’importo che spetta al dipendente.
Ad esempio, il Ccnl Commercio e Terziario stabilisce che nei primi tre giorni di malattia l’azienda deve pagare il dipendente al 100% della retribuzione media globale giornaliera. Lo stesso Ccnl stabilisce che dal 4° al 20° giorno di malattia, indennizzato al 50% dall’Inps, il datore di lavoro deve contribuire riconoscendo un altro 25%, così che il dipendente possa percepire il 75% della normale retribuzione. Tra il 21° e il 180° giorno, invece, l’integrazione è di 1/3 della retribuzione, con l’indennità percepita che quindi sale al 100%.
Anche nel caso del Ccnl Bancari la retribuzione nei primi tre giorni di carenza è interamente - per il 100% - a carico del datore di lavoro. Nel Ccnl cooperative sociali, invece, vi è un trattamento di maggior favore per il dipendente: nel periodo di carenza, infatti, questo ha diritto solamente al 50% dello stipendio, pagato appunto dal datore di lavoro. Dal 4° al 20° giorno, invece, si sale al 75% (con un’integrazione del 25% da parte del datore di lavoro), mentre dal 21° al 180° al 100% (con integrazione di 1/3).
Pagati al 100% anche i primi tre giorni di malattia per i dipendenti del settore delle farmacie private, come pure nel Ccnl Trasporti.
Ma attenzione: non è detto che tutti gli eventi morbosi godano di un tale trattamento. Ci sono dei Ccnl, infatti, che limitano il pagamento dell’indennità di malattia nel periodo di carenza solamente per un certo numero di eventi avvenuti durante l’anno. Potrebbe succedere, quindi, che alla quarta o quinta assenza per malattia non spetti alcunché nei primi tre giorni. Ecco perché consigliamo sempre di consultare in maniera approfondita il proprio Ccnl di riferimento, così da non avere spiacevoli sorprese in busta paga.
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