Addio Ponte sullo Stretto? Rischia di poggiare su faglie attive

Maria Paola Pizzonia

23 Settembre 2024 - 21:48

Un nuovo dettaglio rende ancor più controverso il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina: rischia di poggiare su faglie attive.

Addio Ponte sullo Stretto? Rischia di poggiare su faglie attive

Il sogno di collegare la Sicilia al continente attraverso il ponte sullo Stretto di Messina è da decenni al centro di dibattiti.

Mentre alcuni vedono nell’opera un simbolo di progresso e sviluppo economico, altri avvertono il pericolo che essa possa poggiare su fondamenta instabili, letteralmente.

Recenti studi geologici hanno sollevato preoccupazioni serie riguardo alla presenza di faglie attive nella zona, ponendo interrogativi sulla sicurezza e sulla fattibilità di un progetto che potrebbe cambiare per sempre il volto dell’Italia meridionale.

Le posizioni politiche sul Ponte e l’allerta dei geologi

Le posizioni politiche riguardanti il Ponte sullo Stretto sono più che mai profondamente divise.

Da un lato, sostenitori del progetto, tra cui esponenti del governo e imprenditori, vedono nel ponte una grande opportunità di sviluppo infrastrutturale e turistico, sostenendo che creerà posti di lavoro e favorirà i collegamenti tra le due sponde.

Dall’altro lato, molti ambientalisti e oppositori politici mettono in guardia contro i rischi sismici e ambientali, chiedendo una valutazione più rigorosa prima di procedere. Questa polarizzazione ha reso il ponte non solo un tema tecnico, ma anche un simbolo di diverse visioni del futuro dell’Italia.

Il “Movimento No Ponte” e gruppi ambientalisti come “Territorio Stretto Sostenibile” mettono l’accento sull’impatto devastante di un’opera ritenuta non solo pericolosa, ma anche dannosa per il delicato ecosistema dell’area​.

Dal punto di vista economico, c’è chi sostiene che l’opera non porterebbe benefici sufficienti a giustificarne l’immenso costo. Gli studi mostrano come il traffico attuale di passeggeri e merci via traghetto sia gestibile e che il risparmio di tempo, seppur presente, non giustificherebbe un investimento così ingente.

Infine, vi sono dubbi sul fatto che il ponte creerebbe realmente il tanto proclamato sviluppo economico nel Sud Italia, con alcuni esperti che propongono invece di concentrare le risorse su altre infrastrutture più strategiche e meno rischiose

La parola agli esperti

In un clima già abbastanza teso, si profila quindi un’altra questione problematica che rende il caso lungi dall’essere facilmente risolvibile. Geologi e ingegneri, in collaborazione con comitati ambientalisti e amministrazioni locali, hanno lanciato un allerta da tempo riguardo al Ponte sullo Stretto. Secondo queste professioni, il progetto attuale poggia su faglie attive, contrariamente alle affermazioni della società Stretto di Messina, rappresentata dal suo amministratore delegato Pietro Ciucci, che aveva dichiarato:

I punti di contatto con il terreno dell’opera di attraversamento sono stati individuati evitando il posizionamento su faglie attive.

Tuttavia, le evidenze geologiche e le integrazioni presentate per rispondere alle critiche del ministero dell’Ambiente suggeriscono il contrario.

La «storia geologica» della faglia

Ma cos’è una “faglia attiva”? Fondamentalmente, è una frattura nella crosta terrestre. Lungo questa frattura si verifica un movimento significativo delle rocce e quindi le faglie possono generare terremoti. Infatti accumulano tensione nel tempo e, quando rilasciata, tale tensione provoca scosse sismiche. La loro attività è molto monitorata per valutare i rischi sismici nelle aree circostanti.

In particolare, due documenti presentati al ministero si riferiscono alla faglia situata sotto il pilone calabrese. Il primo è la mappa denominata “PB0010_F0”, già parte del progetto originale del 2011, che mostra il profilo della faglia Cannitello, etichettata come certa e descritta nella legenda con dettagli sulla sua direzione. Questa faglia, identificata dall’Ispra come una delle cinque di massima pericolosità, è motivo di preoccupazione poiché attraversa direttamente il pilone calabrese del Ponte e impatta anche i pontili e gli svincoli previsti.

L’ingegnere Paolo Nuvolone e il professor Mario De Miranda, membri di un gruppo di esperti consultati dall’amministrazione di Villa San Giovanni, hanno evidenziato che la faglia di Cannitello è probabilmente una conseguenza del devastante terremoto del 1783, che ha cambiato radicalmente la morfologia della zona.

Nuvolone afferma:

Quello è il terremoto di riferimento, non quello del 1908.

Infatti le ricerche storiche mostrano che l’attuale pianura di Cannitello era una montagna, probabilmente distrutta dal sisma.

Rischi e regolamentazioni

La seconda evidenza è rappresentata dalla tavola n.AMW3010, che fa parte della “Carta di microzonazione Calabria - Comune di Villa San Giovanni”. Questa mappa evidenzia una vasta area rossa lungo la costa calabrese chge viene classificata come faglia attiva e quindi capace di generare eventi sismici, nonché soggetta a rischio maremoto e liquefazione. Secondo De Miranda, “significa sostanzialmente che il terreno può perdere consistenza in caso di sisma”.

Le linee guida introdotte nel 2016, in risposta al terremoto dell’Aquila, stabiliscono che in zone instabili come quella del progetto del Ponte non dovrebbe essere realizzato alcun tipo di costruzione.

Nonostante queste preoccupazioni, la Stretto di Messina SPA sostiene che i criteri di sicurezza non abbiano status normativo, indicando che non sono obbligatori.

I tecnici dell’azienda hanno affermato che l’attività e la loro stessa esistenza delle faglie sono “controverse”, sottolineando l’assenza di dati storici sufficientemente documentati. Tuttavia, queste affermazioni sono non solo palesemente di parte, ma anche piuttosto pericolose.

Le evidenze geologiche non possono essere ignorate, e il fatto che le faglie siano incluse nelle mappe pone interrogativi.

Le risposte ufficiali

Proprio in una comunicazione del 23 settembre, la Stretto di Messina SPA ha ribadito che la presenza della faglia attiva non è supportata da prove concrete. Anche se il conflitto di interessi sembra intravedersi dalle dichiarazioni, la Stretto di

Messina insiste sostenendo che:

Il posizionamento della torre lato Calabria con la “Fascia a cavallo di faglie attive e capaci” non è supportato da alcuna prova né indagini sul sito.

Tuttavia le affermazioni e i dati riscontrati da esperti esterni potrebbero mettere in discussione questa posizione, suggerendo che ulteriori indagini siano necessarie prima di procedere con un progetto così ambizioso.

In sintesi, il futuro del Ponte sullo Stretto è avvolto da tante incertezze geologiche quante controversie politiche.

Mentre alcuni vedono in questo progetto un’opportunità irrinunciabile, altri avvertono i rischi legati alla sua costruzione.

Anzitutto, la questione richiede una valutazione rigorosa per garantire che le ambizioni infrastrutturali non compromettano la sicurezza e la stabilità delle comunità circostanti. Ma, se poi si volesse analizzare la vicenda in maniera più approfondita, una domanda resta sospesa: che sia davvero necessario il Ponte sullo Stretto di Messina?

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