Il settore metalmeccanico è in crisi: migliaia di persone rischiano di perdere il posto tra caro bollette, problemi sui chip e transizione ecologica. Intanto secondo l’Ue andremo presto in recessione.
La crisi energetica e il caro-materiali che non accennano a placarsi si fanno sentire con forza sul settore metalmeccanico, con 60mila a rischio licenziamento nei prossimi mesi. Sono i lavoratori di più di 200 grandi aziende, coinvolte da vertenze storiche che ora rischiano di chiudersi in modo pessimo.
D’altronde, come conferma oggi dalla Commissione europea Paolo Gentiloni, se non una grave recessione, ci si attende comunque nei prossimi mesi una riduzione sotto lo zero del Pil dei maggiori Paesi Ue. Un periodo di poca ricchezza, insomma, che potrebbe ripercuotersi anche sul lavoro.
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Allarme licenziamenti, i settori a rischio
Dall’ultimo report sul settore metalmeccanico di Fim e Cisl, emerge che nel secondo semestre del 2022 i lavoratori delle aziende in crisi sono passati da oltre 70mila a 60mila: un risultato positivo, che comunque non deve far gioire. troppo. Chi è ancora in crisi, infatti, rischia il collasso definitivo.
Il record di vertenze c’è in Campania (sono in tutto 38). Seguono: Lombardia (35), Sardegna (29), Puglia (28)
Marche (25), Emilia Romagna (20) e Friuli Venezia Giulia (18) e Lazio (9).
“Nonostante il calo dei lavoratori coinvolti, quello che si nota nella seconda parte del 2022 - si legge nello studio - è il consolidarsi di sofferenze in alcuni settori, in particolare auto ed elettrodomestici, cui si sommano alcune filiere come quelle degli appalti e delle istallazioni”. Per questo ad esempio Electrolux e Whirlpool hanno già annunciato tagli e ristrutturazioni in tutti i siti italiani.
Il settore auto, poi, nonostante la timida ripresa degli ultimi mesi, secondo Fim sconta la scelta di fermare la produzione di veicoli a benzina e diesel entro il 2035 in tutta l’Unione europea. Una scelta che non sarebbe accompagnata da sufficienti sgravi per fare investimenti sull’elettrico, che in ogni caso ha meno mercato per le ridotte potenzialità tecniche.
La carenza di chip e semiconduttori
A preoccupare per il 2023 sono un’inflazione e un caro energia che sembrerà si spegneranno molto lentamente (la previsione di Bankitalia è che tra sei mesi i prezzi saranno ancora in rialzo di quasi il 9%).
Si teme poi la continua carenza di chip e semiconduttori, che può portare a migliaia di licenziamenti nel settore italiano della componentistica. Nelle fonderie e negli impianti di laminazione, poi, il ricorso agli ammortizzatori sociali è sempre più frequente.
Al ministero delle Imprese si cerca di accelerare sui 51 tavoli di crisi ancora aperti, ma realizzare piani di reindustrializzazione concreti che diano prospettiva occupazionale ora è più che mai difficile. Dopodomani, comunque, 18 gennaio, ci sarà un incontro al ministero per fare il punto della situazione, a cui seguirà il giorno dopo un tavolo sull’ex Ilva al ministero dell’Ambiente.
Recessione in arrivo in Occidente
Il tempo a disposizione, comunque, è poco. Secondo il Chief Economists Outlook, formato dai capi economisti delle maggiori istituzioni finanziarie e aziende, la recessione globale nei prossimi mesi è “estremamente probabile”.
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“Le cifre, i numeri, gli indicatori sulla fiducia che stiamo vedendo ci dicono che in Europa - aggiunge Gentiloni - possiamo evitare una grave recessione e avere un breve periodo di contrazione”. Insomma, a meno di sorprese una seppur piccola recessione ci sarà e i suoi effetti potrebbero sommarsi ai problemi che già affliggono i settori più in crisi.
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