L’Unesco avverte: rischio tsunami nel Mediterraneo nei prossimi trent’anni. Certezza al 100% del verificarsi del fenomeno. Ma quando?
Il Mediterraneo è a rischio tsunami. A dirlo è l’Unesco che ha raccolto abbastanza dati per confermare con certezza pari al 100% che nei prossimi 30 anni un fenomeno come uno tsunami colpirà le coste del Mediterraneo. Le città marittime che si affacciano sulle coste più esposte stanno già lavorando per impedire effetti collaterali gravi.
Il fenomeno degli tsunami è in crescita e la colpa è da ricercare ancora una volta nel riscaldamento globale. Infatti è proprio lo scioglimento dei ghiacciai causato dalle alte temperature che sta alzando il livello dei mari, anche del nostro Mediterraneo.
La percezione del rischio tsunami in Italia non è molto alta e può variare molto per i cittadini che abitano sulle coste e per chi abita nell’entroterra. Gli intervistati al sondaggio sulla percezione del rischio tsunami ha risposto che non considerano pericolose le inondazioni di “soli” 50 centimetri. In realtà uno tsunami di 50 centimetri è in grado di buttare a terra una persona e fargli rischiare l’annegamento. Lo tsunami previsto nei prossimi trent’anni sarà di almeno un metro, ed è proprio nella percezione di rischio che bisogna fare passi avanti.
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Il Mediterraneo è a rischio tsunami: cosa dice lo studio Unesco
Nel Mediterraneo ci sarà uno tsunami, non è un “se”, ma un “quando”. A dirlo chiaro e tondo è l’Unesco. Il programma “Pronto per lo tsunami” fa parte dello sforzo Unesco, lanciato in vista della conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani a Lisbona, per garantire a tutte le comunità costiere una maggiore sicurezza in caso di rischio tsunami.
Nel corso degli anni, in seguito ai devastanti tsunami che nel primo ventennio del 2000 hanno colpito le coste del mondo, si è ragionato su come rendere le coste più sicure. Dagli studi condotti è emerso che nei prossimi trent’anni sarà inevitabile per le coste del Mediterraneo subire uno tsunami. La colpa è dell’aumento del livello delle acque come conseguenza del riscaldamento globale.
Sono diverse le città costiere del Mediterraneo che hanno già aderito al programma di sicurezza e hanno iniziato a progettare sistemi di sicurezza in caso di maremoto, come Marsiglia, Alessandria d’Egitto e Istanbul. In questi Paesi si terranno esercitazioni, prove di evacuazione, creazione di mappe per la fuga e molto altro. In Italia, la percezione di rischio degli tsunami è incompleta. Uno studio del 2018 dimostra, per esempio, che gli intervistati non si allarmerebbero per un’onda di un metro. Ma è un errore.
Quanto è pericoloso uno tsunami nel Mediterraneo?
Per molti italiani uno tsunami non è un grande rischio per la comunità, soprattutto se rimane entro un metro di altezza. Eppure basta un’onda di 50 centimetri per buttare a terra una persona e sommergerla completamente, causandone l’annegamento.
Uno tsunami di 1,5-2 metri di altezza è in grado di sollevare le auto da terra e di distruggere facciate di edifici. Uno tsunami non va mai sottovalutato, perché il muro d’acqua proveniente dal mare viaggia ad almeno 65 chilometri orari. Uno tsunami non è un’onda, è più pesante e non si arresta, anzi continua ad avanzare spinto dalla forza caricata dal mare nella fase di ritiro.
Bisogna infatti tenere in considerazione che dopo il lancio dell’allarme tsunami si hanno 20 minuti per mettersi in sicurezza prima che l’onda colpisca, ma è dopo circa 40 minuti che arriva la seconda ondata, quella più potente.
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