Banche centrali sotto accusa: sta arrivando la crisi peggiore di tutte?

Violetta Silvestri

20/01/2023

Le banche centrali stanno agendo in modo appropriato contro l’inflazione? Una crisi anche peggiore di quella degli anni ’70 si può evitare? Alcune analisi, con un focus su prezzi e tassi.

Banche centrali sotto accusa: sta arrivando la crisi peggiore di tutte?

Inflazione, recessione, banche centrali: il triangolo dal quale dipendono le sorti dell’economia globale e una possibile crisi è questo e sui tre fattori si diffondono sempre più previsioni.

Alcuni scenari sono cupi. L’ultimo avvertimento è arrivato dall’ex segretario al Tesoro americano Larry Summers: “trattare con morbidezza l’inflazione farà precipitare le economie nelle profondità recessive degli anni ’70 e avrà effetti negativi sui lavoratori di tutto il mondo.”

L’osservazione è una risposta ai suggerimenti di esperti, tra cui Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, che hanno suggerito di alzare gli obiettivi di inflazione dal 2% al 3% per evitare recessioni.

Una strada assai pericolosa per Summers. Intanto, le banche centrali sono sempre di più sotto osservazione e, in alcuni casi, accusa. La crisi peggiore di sempre sta per arrivare?

Banche centrali e inflazione: scenari cupi, la crisi ci travolgerà?

“Supporre che una sorta di cedimento su un obiettivo di inflazione sarà una salvezza sarebbe un errore costoso, alla fine avrebbe effetti negativi come accadde in modo spettacolare durante gli anni ’70”: così Summers, professore di economia ad Harvard ha dato la sua opinione a un panel durante l’incontro annuale del World Economic Forum a Davos, in Svizzera.

L’inflazione ha raggiunto un picco a due cifre in gran parte del mondo industrializzato, ma si prevede che quest’anno scenderà rapidamente sulla scia del calo dei prezzi dell’energia e delle materie prime.

Tuttavia, l’inflazione core rimarrà elevata poiché il comportamento dei salari e la fissazione dei prezzi delle aziende sono cambiati radicalmente, ha affermato il presidente della Banca nazionale svizzera Thomas Jordan sullo stesso panel. Sarà molto più difficile portare l’inflazione dal 4% al 2%, ha aggiunto, specificando:

“Vedremo se ciò avverrà con una recessione oppure no. Le imprese non esitano più ad aumentare i loro prezzi. È diverso da due o tre anni fa ed è un segnale che non è così facile riportare l’inflazione al 2%.”

Sembra un vicolo cieco: l’inflazione troppo elevata è un danno e per combatterla occorre intervenire anche con i tassi più alti, ma nel frattempo si creano i presupposti per una contrazione. Come uscirne? Il ruolo delle banche centrali sta diventando cruciale e costantemente sotto giudizio.

Summers ha avvertito: “Sarebbe un grave errore per le banche centrali rivedere al rialzo il loro obiettivo di inflazione a questo punto. Non aver raggiunto l’obiettivo del 2% e aver ribadito più volte l’impegno al 2%, per poi abbandonare il target arrecherebbe un danno molto consistente alla credibilità. Se puoi adattarti una volta, puoi adattarti di nuovo.”

Inoltre, secondo il professore, la possibilità che l’inflazione sia oltre il target metterebbe a rischio non solo la stabilità dei prezzi, non solo gli standard di vita per alcune delle persone con il reddito più basso, ma porrebbe anche rischi molto sostanziali per la stabilità ciclica. “Allo stesso tempo, dobbiamo ricordare sia nei nostri paesi che in tutto il mondo l’importanza di coloro che sono stati lasciati indietro e stanno sopportando il peso maggiore di tutti questi necessari aggiustamenti. Anche questo sarà cruciale negli anni a venire”, secondo Summers.

I capi delle banche centrali nel panel hanno concordato tutti sul fatto che fosse ancora necessaria una politica monetaria più restrittiva per ridurre l’inflazione, che è ancora vicina al 10% negli Stati Uniti, nell’Eurozona e nel Regno Unito.

Summers, però, ha criticato l’operazione di allentamento quantitativo da parte dei banchieri centrali durante la pandemia. Non ne sono stati valutati attentamente tutti gli aspetti e ora, con la politica contraria, ovvero di inasprimento quantitativo, l’onere sui debiti si fa più pesante.

L’idea è che ormai le banche centrali sono in lotta e dovranno continuare la loro battaglia per evitare un radicamento dell’inflazione, che comincia davvero a mordere potere di acquisto e domanda.

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