La politica Bce sta agitando l’Italia: perché lo spread vola a 220 punti?

Violetta Silvestri

16 Dicembre 2022 - 11:41

La Bce, con il rialzo dei tassi e l’annuncio del QT, ha spaventato l’Italia: perché? Il focus è sempre sul debito, punto debole del Paese. Quali conseguenze su Btp e spread dopo le ultime novità?

La politica Bce sta agitando l’Italia: perché lo spread vola a 220 punti?

L’Italia è in guerra con la Bce? Lo spread Btp-Bund torna a volare, mentre si alzano voci critiche e indignate contro le decisioni del 15 dicembre della Banca centrale europea.

Cosa sta preoccupando e destabilizzando il nostro Paese? Se la politica monetaria incentrata sul rialzo dei tassi era ormai acquisita, tanto che l’aumento di 50 punti base non ha stupito le attese, a infastidire il Governo - e i mercati - è stato piuttosto l’annuncio della riduzione di bilancio Bce da marzo 2023.

Anche in questo caso, Lagarde aveva anticipato che a dicembre si sarebbero svelati i primi particolari sulla fine degli acquisti di obbligazioni, ma la sorpresa, in negativo, c’è stata.

La questione è sempre la stessa per l’Italia: la sostenibilità del debito e, soprattutto, la credibilità nel sistema Paese e nella gestione dei conti pubblici che ne conseguono.

Il clima si fa teso e lo spread viaggia sui 220 punti a metà mattina del 16 dicembre: cosa succede e quale impatto per l’Italia?

Italia sotto pressione dopo la Bce: spread corre, cosa aspettarsi?

Dopo che Bankitalia ha reso noti i dati sul debito nazionale di ottobre, che vale 2.770 miliardi di euro, più del mese precedente - per effetto di un indebitamento delle Amministrazioni pubbliche maggiore di 27,7 miliardi - è arrivata la tegola Bce.

Il nervosismo italiano è tutto riassunto in questi due numeri: spread Btp-Bund a 220 punti alle ore 11.20 circa del 16 dicembre e rendimento del Btp decennale al 4,393% con un +5%.

C’è, quindi, l’effetto Quantitative Tightening, meglio noto come la strategia per ridurre l’ampio bilancio della Bce che finora è intervenuta per acquistare il debito degli Stati e immettere liquidità. Da marzo 2023, la Bce comincerà, seppure in modo graduale, a non reinvestire i titoli in possesso e in scadenza, con una riduzione del bilancio di 15 miliardi di euro al mese.

Questo significa che la banca non acquisterà altro debito, ma lo venderà. In un momento storico, tra l’altro, particolarmente complesso. I Governi hanno bisogno di soldi per finanziare i pacchetti straordinari di aiuti contro il caro bollette. Come? Immettendo nuovo debito sul mercato, sempre più oneroso.

Quel mercato che ora vedrà un acquirente di peso in meno: la Bce si ritirerà man mano dagli acquisti di obbligazioni. E l’Italia ha beneficiato molto, finora, di questa strategia accomodante.

L’anno prossimo, ci sarà la svolta. Per l’Italia, si contano emissioni di titoli di Stato di circa 450 miliardi, fra rinnovi e nuovi bond. Circa 70 miliardi, un record da quando c’è l’euro, sarà il valore delle emissioni nuove. Il tutto, con tassi di interesse in aumento e con il rischio di sbalzi nel mercato obbligazionario, come quello che sta avvenendo ora.

Da ricordare che il rendimento del Btp è un onere per lo Stato, poiché corrisponde a quanto paga per gli interessi. Più sale quanto rende, maggiore è il peso sulle casse nazionali. Oltre, ovviamente, a portare un clima di sfiducia sul Paese, specialmente con lo spread che si allarga.

C’è da dire, però, che oggi 16 dicembre anche altri Paesi periferici dell’Europa assistono a balzi del rendimento: il titolo a dieci anni della Spagna rende il 3,27% (+13 punti) e quello greco il 4,29% (+17 punti).

Le previsioni - cupe - sull’Italia

Già prima della riunione Bce, le analisi sull’Italia e la tenuta del suo debito erano piuttosto incerte:

Le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito potrebbero riaffacciarsi in Paesi come l’Italia, in un contesto in cui i tassi di interesse salgono di più e la Bce passa dall’essere un acquirente netto di bond a un istituto che invece li smobilizza, aveva commentato Veronika Roharova, capo economista dell’area euro per Swiss bank Credit Suisse su FT.

Bloomberg aveva stimato un mese fa: “Gli oneri finanziari dell’Italia sono aumentati vertiginosamente. Attualmente Roma stanzia circa il 4,3% del PIL all’anno per il pagamento delle cedole. Ciò raddoppierà quasi all’8,2% entro il 2040 nel nostro scenario politico invariato, utilizzando le attuali aspettative di mercato per i tassi di interesse. Certo, qualcosa dovrà cambiare prima di allora.”

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