Siamo tutti concentrati sul prezzo del gas, dei mercati azionari e del dollaro forte, ma nessuno parla della bolla scoppiata sui titoli di Stato globali.
Tra inflazione e stretta monetaria, i titoli di Stato hanno iniziato a macinare rendimenti molto elevati e, dopo un anno di forti salite di questi ultimi, è scoppiata una bolla sui titoli di Stato, un evento veramente molto pericoloso considerando la portata di questo mercato su scala globale e di come questo mercato, considerato “risk free”, è diventato tutto meno che esente da rischi. Vediamo insieme cosa è successo negli ultimi anni e come si sta evolvendo la situazione di recente.
Le politiche delle Banche Centrali dal 2010 in poi
Una bolla finanziaria scoppia all’improvviso e per gonfiarsi ha bisogno di tempo, di molto tempo nel nostro caso. Facciamo un balzo indietro nel tempo di 12 anni e torniamo al 2010, periodo in cui si stavano raccogliendo le ceneri della catastrofe finanziaria nata in America con la crisi dei mutui subprime.
Fino a qualche anno prima, la Federal Reserve ha attuato una politica monetaria volta all’innalzamento dei tassi di interesse, evento che era richiesto dall’economia all’epoca in salute, almeno all’apparenza. La polvere sotto il tappeto era troppa ed ecco che l’aumento delle rate dei mutui a tassi variabili hanno iniziato a vedere un forte aumento di insoluti, ed ecco esplosa la bolla del mercato immobiliare, dovuta a una liquidità concessa con troppa facilità a tassi di interesse variabili, i quali rendevano molto di più a chi concedeva credito.
Il risultato è stato pessimo e ha portato a un processo graduale di “deleveraging”, ossia un processo che comportava una riduzione della leva finanziaria nel mercato credito e una conseguente diminuzione di liquidità, con successiva diminuzione della velocità di circolazione della moneta, evento cruciale per la discesa forte dell’inflazione soprattutto in Europa. Da qui, la crisi dei titoli di Stato in Grecia e una forte diminuzione di liquidità che ha portato le banche centrali a fare una sola cosa: diminuire i tassi di interesse per alimentare l’economia (e la velocità di circolazione della moneta).
Da programma doveva ripartire tutto ma l’inflazione non accennava ad aumentare. Il motivo risiedeva nell’impoverimento generale dei possibili futuri creditori e di conseguenza gli agenti economici hanno preferito allocare il loro rischio sui mercati azionari i quali hanno registrato performance da capogiro per tutta la durata dei “tassi a 0%” (fino a fine 2021). A un certo punto però, soprattutto dal 2014 in poi, le banche centrali non riuscivano più ad arginare il problema dell’inflazione allo 0% e perciò hanno iniziato a comprare titoli di Stato per immettere denaro all’interno del sistema economico, ottenendo però gli stessi risultati. I titoli di Stato erano dei semplici “collateral” che giustificavano le nuove immissioni di liquidità. Il principio era: Titolo di Stato = Liquidità, così come previsto dagli aggregati monetari previsti proprio dalle stesse banche centrali.
In sintesi estrema, le banche centrali hanno comprato titoli di Stato per alimentare l’economia, fallendo miseramente nel loro intento e ora è arrivato il conto da pagare. Da un anno a questa parte, da quando la liquidità ha iniziato ad avere un prezzo, i titoli di Stato hanno iniziato un tracollo nelle loro quotazioni portando a una forte crescita dei rendimenti.
La corsa dei rendimenti dei Titoli di Stato
La corsa dei rendimenti, se paragonata agli anni precedenti, risulta essere al limite della follia. È giusto ora dire un po’ di numeri riguardo ai rendimenti di alcuni titoli di Stato a scadenza decennale da un anno a questa parte:
- Grecia 5% (0,50% 1 anno fa);
- Italia 4,7% (0,5% 1 anno fa);
- Uk 4,05% (0,15% 1 anno fa);
- Usa 4,2% (0,9% 1 anno fa);
- Portogallo 3,4% ( 0,3% 1 anno fa);
- Francia 3% (0,2% 1 anno fa);
- Germania 2,4% (-0,3% 1 anno fa).
Gli incrementi vanno da un minimo del 2,7% circa, a oltre il 4% su titoli di Stato di economie sviluppate e rilevanti a livello globale. Questi incrementi dei rendimenti sono molto preoccupanti tant’è che solamente Bank of America Global Research ha giustamente ricordato un mese fa che ci troviamo nel più grande sell-off sui mercati obbligazionari dal 1949.
Di chi è la colpa?
I fatti non possono dire altrimenti: le banche centrali, con le loro politiche di rifinanziamento a lungo termine, hanno alimentato questa bolla. In questo contesto alcuni titoli come i Bund tedeschi, con rendimenti sotto lo 0%, sono stati presi di mira solamente dai traders sui bond che hanno contribuito, almeno loro, a rendere liquidi questi strumenti. “Liquidità” è la parola chiave, che appena è divenuta più costosa è letteralmente sparita su questi titoli, che sono crollati. Inoltre, l’inflazione stellare che stiamo subendo contribuisce ulteriormente all’innalzamento dei rendimenti che, per definizione accademica, sono portati naturalmente a coprire l’inflazione almeno nel lungo termine. È fondamentale essere consapevoli di ciò che sta succedendo.
I trend attuali
C’è poco da dire. Come possiamo vedere dai grafici in allegato, la salita dei rendimenti è iperbolica e non sembra accennare ad alcuna discesa. Il trend è molto forte e richiede parecchio tempo prima di vedere una vera e propria inversione. La crisi di liquidità potrebbe spingere ulteriormente questi rendimenti al rialzo nel corso dei prossimi mesi, pertanto è molto probabile vedere rendimenti molto importanti nel corso dei prossimi mesi se si prosegue su questo sentiero.
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