Se il governo Draghi cadesse sarebbero a rischio i provvedimenti su bollette, Iva, accise della benzina e salari. Ma i timori più grandi riguardano Pnrr e possibile esercizio provvisorio dello Stato.
Il governo Draghi è a un passo dalla crisi. Mentre continuano le tensioni con il Movimento 5 Stelle sul decreto Aiuti, su cui è previsto il voto di fiducia al Senato a cui i pentastellati non dovrebbero partecipare, si ragiona già sui possibili esiti delle dimissioni del presidente del Consiglio. A partire dalle conseguenze economiche per famiglie e imprese, potenzialmente molto pesanti.
D’altronde lui stesso lo ha specificato più volte: senza i grillini la maggioranza non c’è o quantomeno l’ex numero uno della Bce non è disposto a guidare ancora l’esecutivo. Qualora salisse al Colle, quindi, ci sarebbero varie opzioni in campo. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, potrebbe chiedere innanzitutto a Draghi di tornare in aula per verificare se esiste ancora la sua maggioranza.
Ci potrebbe essere allora un nuovo voto di fiducia generico, non legato al decreto Aiuti, su cui si chiederebbe ai 5 Stelle di convergere. Per i pentastellati, però, votare a favore del governo sarebbe un controsenso, che dimostrerebbe poca coerenza.
Crisi di governo, le possibili opzioni in campo
Altro scenario è quello per cui Mattarella accetta le dimissioni irremovibili di Draghi e chiede a una personalità terza di cercare un’eventuale nuova maggioranza di governo. Ci potrebbe essere quindi un mandato esplorativo, magari alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, da completare in tempi brevi, vista la situazione economica internazionale molto delicata.
L’ultima spiaggia, invece, è il voto anticipato: il capo dello Stato scioglierebbe le Camere e disporrebbe, assieme al ministero dell’Interno, nuove elezioni. Quest’ultime, molto probabilmente, non si svolgerebbero prima di inizio ottobre. Costituzione alla mano, infatti, servono almeno 60 giorni dal decreto di scioglimento del Parlamento prima di far tornare gli italiani alle urne.
A rischio il decreto luglio e l’intervento sui salari
In caso di crisi di governo il primo effetto immediato sarebbe il rischio di non prorogare oltre il 2 agosto il taglio delle accise sulla benzina e oltre il terzo trimestre quello sulle bollette a favore delle famiglie più povere. Non solo, non si riuscirebbe a portare a termine l’atteso decreto luglio, che dovrebbe intervenire con diversi miliardi a favore di famiglie e imprese.
Il provvedimento dovrebbe rafforzare l’intervento pubblico contro il caro-energia, ma anche agire su salari e carrello della spesa, con una riduzione dell’Iva sui beni di largo consumo e un possibile agganciamento di tutti i contratti nazionali ai minimi sul salario orario previsti da quelli firmati da sindacati e associazioni di categoria più rappresentativi. Secondo la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra, è improbabile un’immediata caduta del governo, ma in questo caso “un esecutivo dimissionario non potrebbe assumere un decreto legge”.
Se poi si andasse a elezioni anticipate sarebbe a rischio anche il corposo intervento sul cuneo fiscale atteso con la legge di Bilancio (che varrebbe almeno tra i 5 e i 10 miliardi). Se si votasse a ottobre il nuovo governo non si formerebbe prima di novembre e sarebbe difficile predisporre una Finanziaria che vada oltre lo stretto indispensabile.
I fondi del Pnrr e lo spettro dell’esercizio provvisorio
Se invece, dopo eventuali elezioni, il governo non si dovesse formare in tempi brevi, il rischio più grande sarebbe l’esercizio provvisorio dello Stato. La legge di Bilancio, infatti, va approvata entro la fine dell’anno e se così non fosse fatto verrebbero congelati tutti i fondi per i vari capitoli della spesa pubblica.
Entro fine anno, poi, vanno raggiunti i target periodici del Pnrr, altrimenti non otterremo la tranche da 21,8 miliardi di euro. I ministeri in teoria potrebbero lavorare autonomamente sui decreti attuativi senza un governo in carica, ma rispetto al semestre precedente, terminato lo scorso 30 giugno, ci saranno molti più obiettivi specifici da raggiungere: ben 16, assieme a 39 milestone (più generici). Entro il 31 dicembre va raggiunto l’obiettivo annuo di 66 riforme, di cui 23 leggi e 43 decreti attuativi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA