Bonus in busta paga: così il datore di lavoro può aumentare lo stipendio una tantum senza impegni futuri. Anche nel 2023 ci sono possibilità di godere di una tassazione agevolata.
Il datore di lavoro può liberamente decidere di applicare dei bonus in busta paga così da aumentare lo stipendio del dipendente. A differenza degli aumenti strutturali, i bonus in oggetto costituiscono degli incrementi una tantum che in alcuni casi hanno persino il vantaggio di godere di una tassazione agevolata.
A tal proposito, nel 2022 abbiamo imparato a conoscere lo strumento dei cosiddetti fringe benefit, in quanto grazie agli interventi adottati dal governo Draghi prima e da quello Meloni poi sono stati detassati fino a un valore annuo di 3.000 euro.
Nel 2023 non è più così visto che il limite dei fringe benefit si è abbassato a tal punto da tornare alla soglia originaria, ma esistono comunque altri bonus a cui il datore di lavoro può ricorrere per aumentare lo stipendio senza impegno. Ricordiamo che si tratta di strumenti facoltativi, in quanto - salvo determinati casi disciplinati dai contratti collettivi - non sussiste alcun obbligo per il datore di lavoro il quale è libero di scegliere se e quando applicarli.
Fringe benefit
Partiamo dallo strumento anticipato: i fringe benefit. Si tratta di quello strumento a cui le aziende solitamente ricorrono per riconoscere un’agevolazione al dipendente senza però attribuire un compenso monetario che avrebbe lo svantaggio di aumentare il carico contributivo e fiscale.
Si definiscono fringe benefit, infatti, quei compensi in forma non monetaria che consistono nella messa a disposizione di beni e servizi a favore dei lavoratori. Ad esempio, sono dei fringe benefit l’auto aziendale, come pure il cellulare, oppure la possibilità di richiedere un prestito agevolato e ancora le borse di studio per i figli dei dipendenti. Costituisce anche un fringe benefit l’alloggio aziendale.
Tali benefit sono esclusi dalla formazione del reddito del lavoratore solamente quando inferiori a 258,23 euro l’anno; nel 2023, infatti, è tornato il limite originario dopo che, come anticipato, nello scorso periodo d’imposta era stato portato a 3.000 euro (con la possibilità d’includere anche le spese sostenute per il pagamento delle bollette). In caso di superamento, il valore del bene dovrà considerarsi come interamente imponibile.
Premi di risultato o produttività
Hanno natura pecuniaria, invece, i cosiddetti premi di risultato, conosciuti anche come premi di produttività (o produzione). Si tratta di una retribuzione aggiuntiva riconosciuta ai dipendenti al raggiungimento di determinati risultati: i criteri per l’assegnazione possono essere indicati dal contratto di categoria oppure liberi, lasciando quindi piena discrezionalità al datore di lavoro. In alcuni casi, quindi, i premi di risultato sono facoltativi, mentre in altri obbligatori in quanto disciplinati direttamente dal contratto e legati al raggiungimento di determinati obiettivi.
Nel 2023 i premi di risultato hanno il vantaggio di godere di una tassazione agevolata: la legge di Bilancio 2023, infatti, ha stabilito che in favore dei premi di produttività erogati nel periodo d’imposta 2023 si applica un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali con aliquota del 5% anziché del 10% come avviene solitamente.
Bonus benzina
Non compreso tra i fringe benefit, né tantomeno tra i premi di produttività, il bonus benzina, ossia quello strumento con cui i datori di lavoro possono rimborsare le spese documentate sostenute dai dipendenti per l’acquisto di carburante.
Inizialmente introdotto nel 2022, il bonus benzina viene confermato anche nel 2023 con il vantaggio che non concorre alla formazione del reddito del lavoratore quando non supera i 200 euro l’anno. Attenzione però, perché tale agevolazione agisce solamente in ambito fiscale: come si legge in una modifica al testo del decreto legge n. 5 del 2023, infatti, sul bonus benzina si pagano comunque i contributi.
Ragion per cui nel 2023 il bonus benzina non è conveniente come lo scorso anno e il rischio è che sempre meno datori di lavoro ne facciano uso.
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