Bonus fino a un massimo di 2.000 euro in busta paga per i dipendenti, con allargamento della platea per le agevolazioni sui fringe benefit nel 2025. Cosa c’è di vero?
Un bonus fino a 2.000 euro sarebbe in arrivo, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, nel 2025. Ma cosa c’è di vero?
Facciamo subito chiarezza: si tratta di una novità allo studio nell’ambito della Legge di Bilancio 2025 che prevederebbe la detassazione dei fringe benefit fino a un massimo 2.000 non solo per i dipendenti con figli a carico (come è previsto per il 2024) ma per tutti. Il tetto dell’importo esentasse per il lavoratori senza figli salirebbe quindi da 1.000 euro a 2.000 euro.
Per la manovra del prossimo anno il governo ha bisogno di circa 25 miliardi di euro, come specificato dal sottosegretario all’Economia Federico Freni, e non è ancora chiaro se e quando il soprannominato “bonus 2.000 euro” verrà confermato.
Bonus da 2.000 euro per i fringe benefit dei dipendenti in Legge di Bilancio 2025
Il bonus da 2.000 euro non sarebbe altro che un innalzamento del tetto unico di esenzione per tutti i lavoratori, ovvero l’importo massimo di fringe benefit esente da IRPEF.
Si ricorda che per “fringe benefit” si intendono compensi non monetari - beni e servizi - che le aziende possono (e non devono) offrire ai dipendenti, come auto aziendale, telefono e buoni pasto.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con la circolare n. 5/E del 7 marzo 2024, ha chiarito che tra i bonus esentasse rientrano anche le somme erogate dai datori di lavoro per coprire le spese legate alle utenze domestiche, canoni di affitto o gli interessi sui mutui relativi all’acquisto della prima casa, anche se il contratto è intestato a un familiare del dipendente, come il coniuge.
All’interno del Parlamento sembrerebbe ci si stia confrontando per rendere un importo compreso tra i 1.500 euro e i 2.000 euro esentasse con la nuova manovra, consentendo così di aumentare il netto in busta paga percepito dai dipendenti e diminuendo così il cosiddetto “cuneo fiscale”.
Le aziende utilizzano i fringe benefit per ridurre l’onere contributivo e fiscale che deriverebbe dall’erogazione di compensi monetari, un vantaggio quindi sia per i dipendenti che per i datori di lavoro.
Un simile strumento è poi utile a fidelizzare i dipendenti, incentivandoli a rimanere in azienda e favorendo un aumento delle performance. In breve, i fringe benefit agevolano il lavoratore riducendo alcune spese, fungendo allo stesso tempo da strumento di sostegno contro inflazione e costo della vita.
Come funzionano i fringe benefit oggi
Nel 2024 è previsto un tetto di importo di 2.000 euro per il beneficio di fringe benefit senza dover pagare le tasse solo per i dipendenti con figli a carico. I dipendenti senza figli possono invece beneficiare della stessa agevolazione solo fino a un massimo di 1.000 euro. Queste sono le disposizioni contenute all’interno della Legge di Bilancio 2024, che innalzava l’allora importo massimo di esenzione per i fringe benefit di 258,23 euro integrando la normativa di riferimento, ovvero l’articolo 51 del TUIR.
Il governo guidato dalla premier Giorgia Meloni sembra intenzionato a continuare sulla strada intrapresa con la precedente Legge di Bilancio, visto il successo ottenuto con questa forma di incentivazione. Ma non è la priva volta che i limiti dei fringe benefit vengono ritoccati. Se nel 2023 la soglia di esenzione IRPEF per i dipendenti era di 258,23 euro, per i dipendenti con figli veniva abbassata da 3.000 a 2.000 euro.
A quando la conferma del limite esentasse a 2.000 euro?
La prossima Legge di Bilancio richiederà circa 25 miliardi di euro. Le decisioni definitive verranno prese solo quando sarà disponibile una stima più precisa delle risorse, attesa con la conclusione del Piano strutturale di bilancio (PSB), che sostituirà la Nadef.
Questo documento sarà cruciale per definire la cornice finanziaria della Manovra, inclusi gli obiettivi di spesa netta a lungo termine, che potranno essere rivisti solo in casi eccezionali. Il PSB dovrà essere inviato a Bruxelles entro il 20 settembre - il ministro Giancarlo Giorgetti di portarlo al Consiglio dei Ministri entro metà settembre, in modo da evitare ritardi alle Camere.
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