L’accordo Generali-Natixis ha scatenato il panico sul rischio BTP mollati e di risparmi italiani nelle mani di Parigi. Il Leone chiarisce e dà lezioni di educazione finanziaria.
Generali spiega all’Italia l’operazione avviata con i francesi Natixis, cercando di calmare i nervi di chi paventa che l’accordo - finora non vincolante, siglato con la divisione della banca transalpina BPCE - finisca per portare il Leone di Trieste a scaricare quei 36 miliardi di euro di BTP che ha in pancia, dirottando al contempo i risparmi italiani che gestisce in asset stranieri.
Non sia mai, hanno avvertito diversi esponenti non solo del governo Meloni, ma di tutta la politica italiana, intravedendo più di un pericolo nell’intesa tra Generali e BPCE che si tradurrebbe, in caso di successo, nella creazione di una joint venture tra Generali Investments Holding (“GIH”) e Natixis Investment Managers (“Natixis IM”).
Fin da subito, quando erano iniziati a trapelare rumor vari sulla possibilità di un accordo, il caso Generali-Natixis si era confermato nuovo dossier di Borsa pronto ad angosciare il governo Meloni, tutto concentrato ormai dalla sua nascita ad assicurarsi che i risparmi degli italiani vengano investiti in Italia, blindando soprattutto il debito pubblico del Paese, ovvero quello che, puntualmente, si conferma grande motivo di ansia per il governo di turno. Ansia che il governo Meloni ha pensato di risolvere impostando una strategia che la sua famosa frase proferita nei primi mesi di vita del suo governo ben riassume: “Più titoli di Stato nelle mani degli italiani”. Con tanto di precisazione: per titoli di Stato si intendono rigorosamente quelli di casa, ovvero i BTP & Co, dunque titoli di Stato italiani. Non per niente, in linea con tale pensiero l’esecutivo italiano ha creato un nuovo titolo di Stato ad hoc rivolto esclusivamente agli investitori retail, ovvero ai piccoli risparmiatori: il BTP Valore, che a breve si ripresenterà con la nuova edizione del BTP Più).
Generali pronta a mollare i BTP e a dirottare risparmi degli italiani? La grande paura dei francesi di Natixis
La sola idea di un’intesa tra Generali e i terribili francesi ha fatto saltare subito sulla sedia il governo Meloni: la grande paura che i BTP potessero essere mollati si è confermata di conseguenza subito tra i dossier urgenti da risolvere accatastati sulla scrivania della premier, soprattutto dopo l’annuncio ufficiale arrivato da Trieste, piombato a Piazza Affari il 21 gennaio 2025: “BPCE e Generali creeranno il maggior asset manager in Europa per ricavi e uno dei principali operatori a livello mondiale”.
Come? Con la creazione per l’appunto di una Joint Venture tra le rispettive società di asset management, Generali Investments Holding e Natixis Investment Managers. Apriti cielo: di colpo tutta la politica italiana, non solo dunque gli esponenti del governo Meloni, ha paventato flussi di miliardi di euro ora investiti in Italia pronti a uscire dal forziere di Generali per andate in direzione di Parigi.
L’idea dei risparmi degli italiani nelle mani francesi ha tramortito esponenti di destra e di sinistra, diventando nuovo slogan da sbandierare nell’era del populismo anche finanziario. Vari i politici italiani che hanno fatto a gara per lanciare l’alert più disperato e per presentarsi alla stregua di fieri paladini del risparmio e del debito alla Patria Italia.
Il grido di allarme è stato così forte che il CEO di Generali Philippe Donnet, nel rispondere a una conferenza stampa per commentare il MoU siglato con Natixis, ha definito quella paura italiana prima uno scherzo, per poi sbottare e parlare di una “bufala”. Una bufala a cui a quanto pare il governo Meloni e alcuni player della finanza italiana credono visto che, tempo qualche giorno, a Piazza Affari è arrivata la notizia shock dell’OPS lanciata da MPS-Banca Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca, quest’ultima maggiore azionista di Generali. OPS che è stata definita subito come OPS di Stato, studiata a tavolino, secondo le indiscrezioni, dal governo Meloni - tuttora maggiore azionista di MPS con il MEF - e dai player della finanza italiana Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio, quest’ultima coppia che compare ora tra i principali azionisti del Monte dei Paschi di Siena, della stessa Mediobanca e anche e soprattutto di Generali. Un risiko pro-BTP?
Il CEO di Generali Donnet: ma l’Italia ha capito differenza tra proprietario e gestore asset?
La questione è tornata alla ribalta venerdì scorso, con la presentazione del nuovo piano industriale di Generali. Inevitabile anche lì la domanda: ma che fine faranno i BTP con l’accordo con Natixis?
A rispondere è stato il direttore finanziario CFO di Generali, Christiano Borean che, all’interrogativo specifico sulla possibilità che il nuovo piano strategico del Leone comportasse un maggiore acquisto oppure una diminuzione di shopping dei titoli di Stato italiani, si è limitato a dare una risposta semplice, indicando che il portafoglio BTP di Generali evolverà sulla base di una “diversificazione sulla full asset allocation”: nulla di eclatante.
Ma con la cassa di risonanza della stampa italiana, quelle parole sono state interpretate come la conferma di un pericolo per i BTP e per i risparmi degli italiani.
Tanto che, dopo l’altro colpaccio a Piazza Affari che ha visto entrare a gamba tesa nel capitale di Generali UniCredit - ora alle prese con una tripla scommessa - il numero uno di Generali Philippe Donnet è tornato ad affrontare di nuovo i timori dell’Italia in una intervista rilasciata a Bloomberg TV, nel corso della quale ha definito l’intesa con la BPCE di Natixis “ben bilanciata in termini di governance”, facendo riferimento al “tempo significativo” a disposizione per spiegare, tra le altre cose, per rispondere a qualsiasi domanda della politica ”.
Detto questo, la perplessità non è mancata, con Donnet che si è chiesto e che ha chiesto se davvero l’Italia abbia capito la ratio dell’operazione e, in generale, la “ grande differenza tra chi è il gestore dell’asset e chi è il proprietario dell’asset”.
“Ovviamente il proprietario dell’asset resterà la compagnia assicurativa (dunque Generali), comprese le compagnie assicurative italiane che avranno il pieno potere decisionale sull’allocazione degli asset”.
Lezioni di educazione finanziaria da Generali all’Italia. La frase sui BTP e sul risparmio
L’Italia lo avrà capito davvero? Per chiarire la sua lezione di educazione finanziaria, Generali è tornata sul caso, tagliando la testa al toro e diramando ieri un comunicato, con cui ha scritto nero su bianco che non c’è alcun pericolo per i BTP italiani presenti nel suo bilancio e sottolineando la necessità di chiarire visto che quella notizia “è stata oggetto di molta attenzione da parte della stampa e del mercato”.
La frase da ricordare è la seguente:
“La procedura di definizione degli investimenti adottata dal Gruppo Generali prevede infatti che siano la capogruppo e il suo CdA a definire le linee guida strategiche di investimento dell’intero Gruppo (mentre le singole compagnie assicurative con i rispettivi CdA definiscono la propria strategia coerentemente con quella complessiva del Gruppo), inclusa l’assegnazione dei mandati di gestione che contengono limiti di rischio e obiettivi ben definiti cui si deve attenere il gestore, come l’indicazione dei paesi, delle classi di attivi o, ad esempio, dei titoli di stato nei quali allocare gli investimenti. A titolo esemplificativo, è la compagnia di assicurazione a decidere quale è l’allocazione voluta in Titoli di Stato e la rispettiva quota da ripartire tra i vari paesi, dandone specifica indicazione alla società di gestione che rimane vincolata a questa scelta. Alla luce di ciò, l’operazione con BPCE non avrà alcun impatto sulla allocazione quanto ai BTP del Gruppo Generali”.
Per quanto riguarda il nodo del risparmio agli italiani, Generali ha chiarito che, “premesso che, ad oggi, le masse in gestioni afferenti alle compagnie e a clientela italiana del Gruppo Generali rappresentano circa il 30% delle masse totali gestite da Generali Investments Holding, la nascita della joint venture non avrebbe alcuna ripercussione sulla continuità delle politiche di gestione del risparmio affidato dagli Italiani alle compagnie del Gruppo, che rimangono proprietarie degli attivi e ne decidono l`allocazione tra le diverse strategie di investimento”.
Inoltre, per chi non lo avesse capito, “ è il Chief Investment Officer (CIO) del Gruppo Generali che propone al CdA di Assicurazioni Generali la c.d. strategic asset allocation e, una volta approvata, le dà attuazione e assicura un continuo monitoraggio dell’operato dei gestori. Il processo è speculare a livello di singola compagnia assicurativa del Gruppo Generali, il cui CIO ha una linea di riporto diretta verso il CIO di Gruppo”.
Questo significa che “ i gestori delegati, cioè le società di asset management, implementano la strategia d’investimento così definita mediante l’individuazione dei singoli titoli conseguente alla strategia stessa, la produzione di ricerche in materia di investimenti e allocazione tattica, l’esecuzione degli ordini sul mercato, etc”.
In poche parole, le società di asset management e i gestori delegati sono “società fornitrici di un servizio a favore delle imprese assicurative del Gruppo” che devono rispettare “limiti e obiettivi stringenti stabiliti dalla capogruppo e dalle compagnie per quanto concerne l’allocazione degli investimenti”. E, ancora; “ Le società di asset management sono dunque tenute ad eseguire gli investimenti nel rispetto degli obiettivi (e specularmente dei vincoli) definiti dalle compagnie assicurative. Tali mandati consentono alle compagnie di impartire istruzioni su specifiche classi e operazioni, restringendo il campo di azione ed evitando esposizioni a specifiche fonti di rischio; tutto ciò non cambierebbe con l’operazione (con Natixis) che prevede, inoltre, specifiche tutele per i beni immobili storici o strategici in gestione ricompresi in fondi ”.
Generali-Natixis, Trieste ripresenta la governance della joint venture
Nessun pericolo di assalto francese anche per quanto riguarda la governance della joint venture che nascerebbe tra Generali Investment Holding e Natixis.
Il gruppo Assicurazioni Generali ha precisato infatti che il CDA della nuova entità sarebbe composto da un egual numero di consiglieri designati da Generali Investments Holding e NIM (ovvero sia 6 membri designati da ciascuno socio), integrati da tre consiglieri indipendenti individuati congiuntamente dalle stesse Generali Investments Holding e NIM, oltre che dal CEO della joint venture. La nuova entità verrebbe costituita ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, come soluzione neutrale tra i due soci basati in Paesi diversi.
Per quanto riguarda i vertici della joint venture, tra l’altro, “il CEO (con ampi poteri di gestione) a capo della nuova entità al momento della sua costituzione sarebbe l’attuale CEO di Generali Investments Holding, nominato per un periodo di 5 anni e automaticamente rinnovato per un ulteriore periodo di 5 anni in caso di raggiungimento di risultati in linea con il piano industriale della società”. Non solo: “Generali Investments Holding esprimerebbe altresì il Vicepresidente, mentre Deputy CEO e Presidente sarebbero appannaggio di NIM, sempre per i primi 5 anni dal momento della costituzione della joint venture (e per ulteriori 5 anni in caso di rinnovo del mandato del primo CEO”. L’Italia di Meloni & Co. a questo punto avrà capito? Chi sta facendo di questi alert una sorta di cavallo di battaglia a fini elettorali smetterà di agitare l’allarme in stile OPA Francia sull’Italia?
© RIPRODUZIONE RISERVATA