All’indomani dei rumor sulla mossa su Generali, Orcel scopre le sue carte, tornando ad affrontare il nodo del premio dell’OPS su Banco BPM.
Non si sono fatte attendere le dichiarazioni ufficiali di UniCredit, la banca guidata dal CEO Andrea Orcel, dopo i rumor diffusi ieri da Il Sole 24 Ore, relativi alle manovre finanziarie lanciate su Generali, il colosso delle assicurazioni che sarebbe il vero motivo dell’OPS annunciata una decina di giorni fa da MPS-Banca Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. E non si sono fatte attendere neanche le dichiarazioni di Andrea Orcel, AD di UniCredit, che ha rilasciato una intervista al quotidiano Il Corriere della Sera.
UniCredit conferma rumor e annuncia quota 4,1% in Generali
All’indomani delle indiscrezioni riportate da Il Sole 24 Ore, UniCredit ha annunciato con un comunicato ad hoc, pubblicato oggi domenica 2 febbraio 2025, di “ detenere una partecipazione di circa il 4,1% nel capitale sociale di Generali, acquisita nel tempo sul mercato”.
UniCredit ha aggiunto che “ la quota è un puro investimento finanziario della banca che supera in modo significativo le sue metriche di rendimento e ha un impatto trascurabile sul CET1 ”.
Ancora, “una quota addizionale pari a circa lo 0,6% è detenuta come sottostante dell’ordinaria attività per i clienti e relative coperture”.
Il comunicato si è concluso con una precisazione con cui UniCredit è tornata a ribadire quelle che sono e rimangono le sue vere prede: Banco BPM, la banca italiana guidata dal CEO Giuseppe Castagna su cui UCG ha lanciato una OPS, offerta pubblica di scambio del valore di 10,1 miliardi di euro circa lo scorso 25 novembre 2024, rimandata più volte al mittente da Piazza Meda; e la seconda banca tedesca Commerzbank, preda ambita in questo caso soprattutto per concretizzare il sogno di una vera banca paneuropea da lui stesso più spesso auspicata.
“UniCredit non ha un interesse strategico in Generali e rimane pienamente concentrata sull’esecuzione del piano UniCredit Unlocked, sull’offerta di scambio in corso su Banco BPM e sull’investimento in Commerzbank”.
L’AD di UniCredit Andrea Orcel spiega la ratio della mossa su Generali
L’operazione di UniCredit su Generali non è stata annunciata solo con un comunicato diramato dalla banca. E’ stato lo stesso AD Andrea Orcel a spiegare la ratio della mossa in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, chiarendo di nuovo le mire su Banco BPM e Commerzbank.
Riferendosi allo shopping di azioni Generali, Orcel ha definito la manovra solo “un’operazione finanziaria”, priva di qualsiasi ambizione strategica.
Le vere priorità per il cosiddetto Ronaldo dei banchieri si chiamano Banco BPM e Commerzbank. Punto. E le ragioni rimangono le stesse: con Commerzbank, creare una banca che possa sostenere l’economia dell’Europa, una banca che sia pro-Europa, pur rimanendo italiana al 100%: D’altronde, “l’economia europea ha un’enorme esigenza di investimenti” e “le banche sono una fonte fondamentale di capitale per finanziare queste ambizioni di crescita. Servono scala e competenza paneuropee ”.
A tal proposito, un messaggio chiaro è stato rivolto a chi dubita dell’italianità di UniCredit.
“ Unicredit è radicata in Italia, ha la sede centrale nel Paese, dove paga le tasse, sostiene le nostre persone e l’economia nazionale. La sede centrale di Unicredit è saldamente in Italia”, tanto che un eventuale accordo con Banco BPM “migliorerà l’offerta ai clienti”, “in particolare nei territori non c`è quasi nessuna sovrapposizione di filiali tra i due gruppi”.
Riguardo all’OPS lanciata su Banco BPM, Orcel ha spiegato che l’intesa “migliorerà l’offerta ai clienti”. Tra l’altro, “nei territori non c’è quasi nessuna sovrapposizione di filiali fra i due gruppi, la vera concorrenza aumenterebbe e il servizio alle imprese piccole e medie, come alle famiglie, si rafforzerebbe”.
Ma che dire del valore dell’offerta presentata per rilevare Piazza Meda, oggetto di continui botta e risposta tra le due banche sulla presenza di un presunto premio (secondo UCG) e di un presunto sconto (secondo BAMI)?
OPS Banco BPM di UniCredit, Orcel torna a sbandierare il prezzo giusto, la frase su tassi BCE
Sul nodo praticamente eterno del prezzo, rimarcata la posizione più volte rivendicata: il prezzo è giusto, per la precisione, secondo Andrea Orcel, l’OPS è “equa”.
Tra le ragioni che corrobano la tesi del prezzo giusto, Orcel stavolta ha tirato fuori anche la prospettiva di tassi di interesse dell’area euro più bassi, sulla scia di una BCE che inevitabilmente, secondo diversi analisti, continuerà ad abbassare il costo del denaro.
Tassi più bassi che, inevitabilmente, andranno a colpire la redditività delle banche italiane, che tanto hanno beneficiato - negli anni di quelle strette monetarie che la BCE ha lanciato per mettere un freno a una inflazione galoppante - dell’effetto positivo che i rialzi hanno avuto sui loro NII (Net Interest Margin, margine netto di interesse).
Ma ora la pacchia BCE è finita, ed è finita secondo Orcel in particolare per Banco BPM: “C’è un rischio di ribasso rispetto alle stime di consenso in un contesto di tassi in calo, di inflazione più elevata, in particolare per una banca che non ha investito a sufficienza né costruito linee di difesa ”.
Non per niente, Banco BPM è nota come banca italiana particolarmente sensibile alle variazioni dei tassi decisi dalla BCE.
Orcel ha ribadito nuovamente anche la ratio dell’investimento di UniCredit lanciato in Commerzbank, sottolineando a Il Corriere che ciò che vuole fare la banca da lui gestita è “ investire 20 miliardi di euro nell’economia tedesca perché crediamo che il Paese, come l’intera Europa, abbia bisogno di banche più grandi, efficienti e forti”.
A beneficiare di una unione tra UCG e Commerz, ha detto ancora il banchiere, sarebbe tra l’altro il Mittelstand della Germania, Paese tra l’altro ammaccato da una forte crisi: “Le due banche insieme guiderebbero la ripresa offrendo al Mittelstand finanziamenti su misura, servizi di consulenza, collegamenti paneuropei e accesso ai mercati dei capitali che Commerz da sola non può fornire ”.
Orcel ha insomma sponsorizzato di nuovo il grande valore aggiunto che non solo le banche interessate dalle sue mosse, ma che l’Europa tutta riceverebbe dai deal: mosse che finora hanno irritato non poco rispettivamente il governo Meloni e il governo, [in quelle settimane moribondo e ora ufficialmente defunto], di Olaf Scholz, in una Germania che si avvia all’appuntamento cruciale delle elezioni del prossimo 23 febbraio 2025.
L’ira di Scholz è stata talmente forte da far scattare una sfilza di rumor e di commenti, al punto che si è arrivati a parlare perfino di un piano di Berlino volto a ricattare l’Italia sul MES, facendo leva sulle mire di UniCredit.
La Germania è arrivata ad accampare anche la scusa dei BTP, pur di spiegare il suo nein a Orcel, costretto a incassare tra l’altro anche il colpo di una cocente umiliazione, a quanto pare, da parte della CEO di Commerzbank Bettina Orlopp.
La saga tedesca è stata tale che, a mettere i puntini sulle “i” di recente, è stato lo stesso Andrea Orcel, che da Davos ha rilanciato la frase detta più volte in passato, ovvero che le operazioni di M&A non devono certo essere un must.
“A mio avviso” una operazione di M&A “aggiunge valore se avviene alle giuste condizioni, al momento giusto e nel modo giusto, altrimenti meglio starne alla larga ”, ha precisato il CEO. Ciò non toglie che Commerzbank rimanga ancora preda appetibile agli occhi di UniCredit.
Nelle settimane precedenti, a essere furioso nei confronti di UniCredit, a causa dell’assalto annunciato su Banco BPM, istituto controllato dalla francese Crédit Agricole - a sua volta osservato speciale anche per l’OPA lanciata sul gioiello del risparmio gestito Anima Holding - è stato anche il governo italiano, che aveva subito accusato Piazza Gae Aulenti - per il vicepremier Matteo Salvini una banca “straniera” - di mettere a rischio la strategia di Meloni & Co. orchestrata per scrivere finalmente la parola fine al dossier del processo di privatizzazione di MPS-Banca Monte dei Paschi di Siena, arrivato ufficialmente al suo terzo atto.
Si era parlato e si parla tuttora della possibilità che il governo Meloni attivi l’arma del golden power per cercare di fermare le mosse di UCG su Banco BPM. Magari se ne parlerà ancora di più, soprattutto dopo la grande notizia dell’irruzione di UniCredit nel capitale di Generali?
D’altronde, in queste ultime settimane è stato aperto a sorpresa un altro fronte, che riguarda proprio Generali e che ha fatto passare temporaneamente in secondo piano le mire di UniCredit sul Banco: il blitz improvviso di MPS su Mediobanca: manovra che forse non era stata contemplata neanche nel mondo della fantafinanza. E manovra che sarebbe stata decisa in linea con i piani dei due grandi attori del mondo della finanza italiana, presenti nei capitali delle tre grandi pedine del risiko bancario MPS, Mediobanca, Generali che si stanno muovendo agitando Piazza Affari. Piani per la precisione dell’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e di Delfin, holding cassaforte della famiglia Del Vecchio: esattamente la “coppia” che ha tentato più volte di defenestrare il CEO francese di Generali Philippe Donnet.
Se si ripercorre quanto accaduto nel mondo della finanza made in Italy negli ultimi anni, ci si ricorderà di fatto di quella battaglia combattuta nel campo nell’azionariato di Generali tra il principale azionista del Leone di Trieste, ovvero Mediobanca, guidato dall’amministratore delegato Alberto Nagel, e i pattisti Del Vecchio e Caltagirone.
Diversi e ripetuti sono stati i malumori tra l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel da un lato e gli azionisti di Mediobanca Delfin e il gruppo Caltagirone dall’altro, sul destino non solo di Piazzetta Cuccia ma anche di Generali.
Delfin e Caltagirone ora sono entrati anche in MPS, affiancandosi al Tesoro come maggiori azionisti; a quanto pare, secondo le indiscrezioni, per dare vita a un maxi piano, stavolta blindato dal sostegno del governo Meloni, concepito per vincere finalmente la battaglia annosa per la conquista di Generali, mettendo nel mirino proprio il suo maggiore azionista: Piazzetta Cuccia, per l’appunto.
Grande attesa a questo punto per la reazione, nella giornata di domani, delle azioni di tutte le pedine del risiko coinvolte: MPS, Banco BPM, UniCredit, Generali, Mediobanca.
Il Monte dei Paschi di Siena ha chiuso la giornata di contrattazioni di venerdì scorso in calo dello 0,22%, a quota 6,214 euro; UniCredit ha lasciato sul terreno lo 0,89%, a 44,42 euro. Banco BPM è rimasta inchiodata a 8,52 euro, mentre Mediobanca ha chiuso l’ultima seduta di Piazza Affari della scorsa settimana in ribasso dello 0,78%, a quota 15,83 euro.
Le azioni di Generali, il vero gioiello che a quanto pare l’alleanza tra il governo Meloni, Caltagirone e Del Vecchio vorrebbe far diventare il più possibile un vero gioiello di Stato Doc, sono invece salite dello 0,72%, a 30,63 euro, chiudendo al record dal 2007.
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