Ecco qual è l’orientamento della giurisprudenza riguardo alle reazioni violente delle vittime di bullismo, in quali casi non vengono condannate e quando rischiano gravi conseguenze.
Nonostante i tentativi di repressione, il bullismo continua a essere una piaga dilagante, soprattutto tra i banchi di scuola dove ci si aspetterebbe un ambiente sicuro e vigilato. Eppure, sono sempre di più le vittime che esasperate arrivano a compiere gesti estremi e reagire con la violenza. Proprio nella prima settimana di dicembre è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio un quattordicenne che ha accoltellato uno studente. Secondo alcune dichiarazioni, pare che il ragazzo sia arrivato a questo gesto a causa del bullismo subito, circostanza però negata dagli insegnanti (anche se il ragazzo aveva di recente chiesto uno spostamento di classe). La questione è in mano della procura di Cagliari.
È inutile sottolineare che, per quanto umanamente possano essere comprensibili le ragioni che portano a impeti aggressivi, si tratta di gesti sbagliati, soprattutto dal punto di vista legale. L’ordinamento non ammette la giustizia fai da te, ma solo la legittima difesa. Bisogna comunque sottolineare che nel valutare ogni caso specifico, i giudici prendono in considerazione anche le modalità in cui avviene il reato, le particolari condizioni psicologiche dell’autore e le sue intenzioni.
Per questo motivo, la giurisprudenza si è talvolta mostrata comprensiva con le vittime di bullismo che hanno usato violenza sui loro aggressori, perlomeno quando la gravità dell’azione lo ha permesso e quando c’erano concorsi di responsabilità. Analizziamo quindi alcune sentenze in materia per capire qual è il confine di punibilità e cosa rischia la vittima di bullismo che reagisce con la violenza.
Cosa rischia la vittima di bullismo che reagisce con la violenza, la giurisprudenza
La sentenza più emblematica riguardo alle reazioni da parte delle vittime di bullismo contro i loro aggressori è senza dubbio l’ordinanza civile n. 22541/2019 della Corte di Cassazione, nella quale i giudici hanno ritenuto fondamentale l’analisi del contesto e dell’ambiente.
La Cassazione ha rilevato che il ragazzo, che ha sferrato un pugno al bullo, era stato vittima di bullismo in costanti condizioni di umiliazione. I giudici hanno riprovato la condotta delle istituzioni e in particolare della scuola, che non ha agito in tutela della vittima per interrompere gli atti di bullismo.
Sul punto rilevano, in particolare, la giovane età del ragazzo, che comprensibilmente non ha ancora formato la sua personalità oltre che le ripercussioni emotive delle vessazioni che hanno portato comprensibilmente a una reazione emotiva, piuttosto che razionale e lucida. Peraltro, i giudici hanno voluto impedire un meccanismo di vittimizzazione interiore, valutando come principale responsabile dell’accaduto proprio l’istituto scolastico, che non ha evidentemente tutelato con efficacia gli studenti (entrambi).
La Cassazione si è pronunciata sulla questione del risarcimento danni, creando un precedente non da poco. Questo però non significa che la reazione violenta sia sempre giustificabile e legittima, soprattutto quando manca completamente dei requisiti di legittima difesa e di queste circostanze particolari. Il caso in esame senza dubbio non rientra nei parametri della legittima difesa, bensì è motivato dalle particolari circostanze esaminate:
- La condizione psicologica e la giovane età dell’autore/vittima di bullismo;
- la lieve entità dell’azione e l’intenzione;
- la responsabilità dell’istituto scolastico che non è intervenuto per arginare il problema, oltre che dei genitori.
È verosimile che, pur non trattandosi di legittima difesa, potrebbero arrivare nuove sentenze di questo genere su casi che rispondono agli stessi requisiti. L’insegnamento che si trae dalla sentenza citata è però fondamentale per intuire il possibile principio di interpretazione dei casi analoghi, ovvero il concorso di colpa del bullo/vittima da presumersi in assenza di prove contrarie e di interventi da parte delle istituzioni.
Non si esclude comunque la responsabilità dei genitori, ai quali spetta a prescindere il compito educativo volto anche a impartire le reazioni corrette e cogliere segnali di pericolo e disagio per intervenire.
Tornando al quesito di partenza, non è facile ipotizzare cosa rischia una vittima che reagisce al bullo con la violenza, ma senza dubbio l’azione non può essere giustificata quando differita (rispetto all’offesa) e sproporzionata o particolarmente efferata. I minorenni sono comunque giudicati dal tribunale competente, con le speciali regole riservate loro dall’ordinamento penale, ma sono punibili a tutti gli effetti. Di pari passo, potrebbero essere chiamati a corrispondere un risarcimento per i danni, o meglio, potrebbero esserlo i loro genitori.
Dunque, la vittima che reagisce con la violenza è comunque sottoposta al processo penale e poi sanzionata in conseguenza all’esito. L’aver subito bullismo è valutato dai giudici, anche in materia civile di risarcimento danni, ma non è una scriminante.
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