Bonus in busta paga, quali rischiano di non essere confermati? La situazione è complicata, ma il governo Meloni non sembra disposto a rinunce.
Dopo l’estate il governo inizierà a riflettere sulla legge di Bilancio 2025 e tra i tanti dubbi dovrà sciogliere quello riguardante quali bonus in busta paga confermare e quali no.
Una domanda che giustamente si pongono anche gli stessi lavoratori, in quanto dalla conferma o meno dei bonus oggi riconosciuti, come pure ovviamente dall’eventuale aggiunta di nuovi, dipende l’importo dello stipendio.
D’altronde, i diversi bonus riconosciuti oggi a livello centrale hanno ridotto il cuneo fiscale, ossia la differenza tra stipendio lordo e netto dovuta all’applicazione di tasse e contributi. Due voci che a secondo di quanto si guadagna possono ridurre notevolmente l’importo netto indicato in busta paga, con il dipendente che guadagna molto meno rispetto a quanto invece avrebbe fatto laddove non avesse dovuto pagare le tasse.
A tal proposito, per quanto al momento è complicato rispondere alla domanda su quali bonus vengono confermati nel 2025 (e quali invece no), analizzando la situazione economica del Paese, nonché alcune delle dichiarazioni fatte dai rappresentanti del governo Meloni, possiamo farci un’idea a riguardo.
Sgravio contributivo in busta paga obiettivo principale del governo
In termini di importo, lo sgravio contributivo che si applica sui redditi d’importo inferiore a 35.000 euro (ma l’analisi dei requisiti viene fatta mensilmente) è sicuramente il più importante tra quelli che oggi si applicano in busta paga.
D’altronde, questa misura da sola aumenta lo stipendio fino a 100 euro netti al mese.
Nel dettaglio, funziona riducendo l’aliquota contributiva a carico del dipendente (mentre quella che grava sul datore di lavoro non viene toccata), che solitamente è pari al 9,19% per il settore privato e all’8,80% per il pubblico. Su uno stipendio di 1.000 euro, quindi, in genere il dipendente paga 91,90 euro di contributi, soldi che va detto non vanno persi in quanto servono a finanziare la pensione futura.
A tal proposito, quest’anno per chi ha uno stipendio lordo che non supera i 2.692 euro, l’aliquota contributiva viene così ridotta:
- 2,19% nel privato, 1,80% nel pubblico, laddove la busta paga abbia un importo fino a 1.923 euro (in prospettiva sono 25 mila euro di reddito l’anno);
- 3,19% nel privato, 2,80% nel pubblico, per le buste paga di importo lordo superiore a 1.923 e fino a 2.692 euro (in prospettiva 35 mila euro di reddito l’anno).
È importante sottolineare che la minore contribuzione versata dal lavoratore non incide sulla pensione futura, dal momento che dalla parte tagliata si fa carico lo Stato, scongiurando così il rischio che possano esserci penalizzazioni sull’assegno che si andrà a percepire.
Come anticipato, questa misura garantisce un aumento netto fino a 100 euro circa in più ogni mese; ecco perché dirvi addio sarà complicato.
Ma d’altronde, stando alle dichiarazioni fatte da diversi esponenti del governo, compresa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come pure il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, non bisogna preoccuparsi per una tale evenienza. Per quanto il cosiddetto bonus “contributi” in oggetto sia in scadenza il 31 dicembre prossimo, l’intenzione è di rifinanziarlo almeno per un altro anno con la prossima legge di Bilancio.
Non sarà tuttavia semplice dal momento che per confermare questo sgravio serviranno 10 miliardi di euro, una cifra importante da recuperare alla luce delle difficoltà che il governo troverà nel reperire risorse per la prossima manovra.
L’intenzione però è chiara: verrà fatto “all in” sulla conferma dello sgravio, con il bonus fino a 100 euro che quindi dovrebbe continuare a essere riconosciuto anche nel 2025.
Ragion per cui se state contrattando un aumento di stipendio con il vostro datore di lavoro, assicuratevi di non superare i 2.692 euro, o comunque che venga compensata la perdita dello sgravio attraverso i soldi riconosciuti in più. Qui vi spieghiamo qual è il calcolo che dovete fare.
Anche il taglio dell’Irpef va confermato
Nel 2024 le aliquote Irpef hanno subito una variazione, in particolare perché il secondo scaglione, quello con redditi compresi tra 15 mila e 28 mila euro, è stato accorpato al primo con un’imposta unica del 23%.
Un’operazione che oltre a semplificare il calcolo dell’imposta sullo stipendio ha generato un risparmio che nel migliore dei casi può arrivare a 260 euro netti l’anno.
Molto meno quindi rispetto al suddetto bonus contributivo, ma nonostante ciò anche a questo il governo Meloni non sembra essere disposto a rinunciare. Anzi, l’intenzione non è solo quella di confermare la suddetta aliquota del 23% anche nel 2025 (per il momento l’accorpamento è finanziato fino al 31 dicembre prossimo) ma di intervenire anche sui redditi tra i 50 e i 60 mila euro così da riconoscere anche a loro un taglio delle tasse.
Tutto dipenderà dalle risorse a disposizione, al netto dei 10 miliardi necessari per la conferma dello sgravio, ma in ogni caso il bonus di 260 euro (questa volta annuo) ha alte possibilità di essere confermato.
Bonus mamme in busta paga
Discorso differente per il bonus mamma in busta paga. Si tratta sempre di uno sgravio, con la differenza che questo abbatte completamente l’aliquota a carico della lavoratrice, entro però un importo annuo di 3.000 euro. Nei casi in cui si somma con lo sgravio contributivo riconosciuto a chi guadagna meno di 2.692 euro, ovviamente l’impatto è meno notevole rispetto invece a coloro che guadagnano più di questo importo.
A oggi la situazione per quanto riguarda il cosiddetto bonus mamma in busta paga è la seguente:
- per le lavoratrici con due figli di cui almeno uno di età inferiore a 10 anni, il bonus si applica fino al 31 dicembre 2024;
- per le lavoratrici con almeno tre figli, di cui almeno uno minorenne, il bonus si applica fino al 31 dicembre 2026.
Di fatto, il governo dovrebbe intervenire in favore delle lavoratrici con due figli, rinnovando lo sgravio per il 2025. La sensazione tuttavia è che si risparmierà su questa misura, anche alla luce dei dati che ci dicono che solo una parte delle lavoratrici interessate sta godendo del bonus.
Non dovrebbe invece essere toccata la parte per le lavoratrici con almeno tre figli, per le quali il termine per la scadenza del bonus resterà il 2026.
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