Il governo Meloni rafforza il taglio del cuneo fiscale del 4%: sgravio del 7% per chi guadagna fino a 1.923 euro al mese, del 6% fino a 2.692 euro.
Il governo sorprende tutti: il taglio del cuneo fiscale sarà maggiore rispetto alle indiscrezioni circolate in questi giorni in quanto toccherà il picco del 7%. Di fatto, resterà una piccola aliquota contributiva a carico del dipendente: per la maggior parte continuerà a farsene carico il datore di lavoro, mentre l’Inps contribuirà a riconoscere la percentuale sottratta al dipendente così da scongiurare conseguenze sulla pensione futura.
Tutto verrà messo nero su bianco con il Decreto lavoro che verrà approvato nella giornata di oggi, quando - e non è una casualità - si celebra la Festa dei lavoratori. È proprio a questi, infatti, che guarda il provvedimento, attuando un consistente aumento di stipendio per coloro che guadagnano meno di 35.000 euro l’anno.
D’altronde Giorgia Meloni lo ha confermato nell’incontro avuto con i sindacati alla viglia del Consiglio dei ministri che darà il via libera al testo del Decreto lavoro: la priorità è “alleggerire la pressione fiscale” sugli stipendi, ed è per questo che larga parte delle risorse destinate al provvedimento verrà utilizzata per ridurre la quota contributiva a carico del lavoratore.
Di quanto viene tagliata la contribuzione lato dipendente
Oggi, per merito di quanto fatto con la legge di Bilancio 2023, la quota contributiva lato dipendente è ridotta dal:
- 9,19% al 6,19% per le buste paga d’importo inferiore a 1.923 euro (25 mila euro se calcolato su tredici mensilità);
- 9,19% al 7,19% per chi supera tale importo ma resta dentro i 2.692 euro (35 mila euro in prospettiva).
Il dipendente, quindi, “risparmia” un 2% o 3% di contributi a seconda dell’importo della retribuzione percepita. Ebbene, per effetto di quanto stabilito dal Dl Lavoro che verrà approvato oggi il taglio viene così potenziato:
- per le buste paga d’importo inferiore a 1.923 euro, lo sgravio viene portato al 7%. Di fatto, l’aliquota scende ad appena il 2,19%.
- sopra tale importo, ma dentro i 2.692 euro, lo sgravio viene portato al 6%, quindi la quota di contributi è del 3,19%.
Nel caso dei dipendenti pubblici, per i quali l’aliquota ordinaria è dell’8,80%, scenderà rispettivamente all’1,80% e al 2,80%.
La durata viene ridotta
Lo sgravio si applica a partire dalla busta paga di luglio. Tuttavia, differentemente da quanto avevamo anticipato, il taglio sarà fino a novembre: ne viene escluso lo stipendio di dicembre, così come pure la tredicesima.
Anzi, il testo del Decreto precisa che nessuna conseguenza scatterà sulla tredicesima: sui ratei maturati tra luglio e novembre, quindi, continuerà a essere applicato lo sgravio del 2% o 3% come previsto dalla legge di Bilancio 2023.
Di quanto aumentano gli stipendi?
Al netto dello sgravio già applicato da gennaio, quindi, per le buste paga ci sarà un taglio ulteriore del 4% della quota contributiva a carico del dipendente, il tutto per un costo complessivo di 4,1 miliardi di euro.
Ciò significa che su uno stipendio di 1.000 euro si risparmiano ulteriori 40 euro al mese (rispetto al mese scorso): per 5 mesi significa 200 euro in meno. Considerando quanto fatto con la legge di Bilancio 2023, ne risulta quindi un risparmio di 70 euro al mese.
Su uno stipendio di 1.500 euro, invece, il risparmio ulteriore è di 60 euro, 300 euro da qui a novembre. Persino 105 euro in meno considerando l’intero taglio del 7%.
Chi guadagna 2.000 euro, invece, godrà di un risparmio di 80 euro al mese, 400 euro da luglio a novembre. 120 euro complessivi considerando lo sgravio del 6%. Con uno stipendio di 2.500 euro, invece, il risparmio è di 100 euro, 500 euro fino a novembre e 150 euro totali.
Importante ricordare, però, che il risparmio non si riverserà totalmente sull’importo netto. Il minore esborso di contributi, infatti, fa sì che la base imponibile su cui viene calcolata l’Irpef aumenta: di conseguenza, sarà maggiore l’imposta sul reddito da versare.
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