La gestione del rischio delle banche deve tenere conto anche degli effetti del cambiamento climatico. Servono dati coerenti e corretti, ci spiega Valeria Lazzaroli di Arisk.
Chi fa la gestione del rischio oggi deve tenere conto del cambiamento climatico e di ciò che comporta sulle attività aziendali.
I fattori ambientali, come possono essere gli eventi sismici o quelli idrogeologici, ormai purtroppo molto frequenti in Italia e non solo, e quelli politico-sociali o di cybersecurity, generati dagli altrettanto frequenti cyberattacchi, influenzano le valutazioni di gestione del rischio.
L’attività di risk management deve basarsi su calcoli sofisticati e in questo campo viene in aiuto l’intelligenza artificiale.
Valeria Lazzaroli è Chief Risk Officer di Arisk e conosce profondamente la tematica e sa come la devono declinare le banche, che sono chiamate a nuovi adempimenti. Come il Climate Change Stress Test, ossia la valutazione dei rischi indotti dal cambiamento climatico.
Per effettuare questa nuova gestione del rischio le banche dovranno avere a disposizione dei dati di rischio fisico e di rischio critico, il che significa che ci sarà un punto di incontro fra l’aspetto ingegneristico del calcolo (intelligenza artificiale) e la disponibilità dei dati finanziari, che sono quelli che tipicamente caratterizzano l’attività della banca.
L’attendibilità di questi dati avrà una duplice valenza: saranno utili alla banca per capire la ricaduta economica del climate change sul territorio di riferimentio e sulle aziende che finanzia e anche per la valorizzazione dei propri asset.
Per fare il Climate Change Stress Test servono competenze elevate a anche asset tecnologici. Non tanto adesso, ma in un futuro non lontano le banche dovranno dotarsi di database con dataset di rischio che siano scientificamente riconosciuti dal settore dell’ingegneria stessa, dato che i rischi idrogeologici e i rischi sismici hanno una base scientifica e un’attendibilità nel metodo di calcolo.
In questo senso le linee guida Lon (Loan Origination and Monitoring) dell’European Banking Authority rappresenta una svolta per il paradigma ESG.
Lo scorso anno l’entrata in vigore delle linee guida dell’Eba ha di fatto concluso un percorso iniziato a maggio 2020, con cui l’Autorità bancaria europea aveva sviluppato un set di linee specifiche sull’emissione e il monitoraggio dei prestiti, che seguiva il piano d’azione del Consiglio UE per affrontare l’alto livello di esposizioni deteriorate in ambito bancario.
Le linee guida EBA hanno così stabilito il tracciato per l’adeguamento tecnologico delle infrastrutture di dati e le attività di erogazione del credito che riguardano l’innovazione dei processi.
Secondo Lazzaroli sono linee guida che danno la possibilità di fare una verifica e che consentiranno il recepimento di dati effettivi per la sostenibilità dell’azienda.
C’è ancora tanto da fare, per Lazzaroli: «non è facile per un’azienda dichiarare effettivamente i propri aspetti di sostenibilità, ma è un primo grande passo che il sistema bancario saprà recepire nel modo migliore e dare grandi benefici».
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