Il caporalato è un fenomeno ancora molto diffuso, soprattutto al Sud. Prevede lo sfruttamento dei braccianti, soprattutto migranti, dietro paghe misere e senza alcuna garanzia. Ecco cosa dice la legge a riguardo e le sanzioni per i caporali.
Il caporalato è una triste piaga dell’Italia, diffusa soprattutto nelle piantagioni ortofrutticole del sud Italia e nel settore dell’edilizia al nord. Si tratta della pratica illegale di reclutare manodopera a basso costo da sfruttare per lavori giornalieri o settimanali.
Dietro le pratiche di caporalato si nasconde la criminalità organizzata, che gestisce e talvolta procura i migranti che vengono impiegati nei campi. Il tutto a condizioni che sono molto distanti rispetto alle tutele dei lavoratori garantiti dalla normativa nazionale.
Di seguito il punto della situazione sulla disciplina del caporalato, le sanzioni, e come riconoscerlo.
Caporalato, che vuol dire?
Il termine “caporalato” indica una forma illegale di sfruttamento del lavoro nei campi, che molto spesso va a braccetto con la criminalità organizzata, che l’alimenta e la sostiene. Infatti il caporalato altro non è che una forma di reclutamento della manodopera agricola che si avvale delle figure seguenti: il caporale ovvero colui che recluta le persone da impiegare nei campi, l’imprenditore proprietario del terreno agricolo, e i braccianti.
Questo corrotto sistema di reclutamento del personale avviene senza rispettare i canali ufficiali, sfruttando la necessità di lavoro di persone in gravi difficoltà economiche che per sopravvivere sono costrette ad accettare condizioni miserabili, con paghe ridotte all’osso e ben lontane dai minimi stabiliti per legge ed orari di lavoro estenuanti. Il caporale che ha procurato il personale per il lavoro giornaliero o settimanale tiene per sé una parte del compenso corrisposto dal proprietario del fondo a titolo di corrispettivo per aver ingaggiato la forza lavoro, cosa che diminuisce ulteriormente la paga già misera dei braccianti agricoli.
Caporalato, una legge ad hoc per contrastarlo
Vista la grande diffusione del fenomeno, soprattutto nelle regioni del sud, nel 2016 si è deciso di intervenire con una legge ad hoc per arginare il problema e stabilire pene severe ai caporali. Il provvedimento in questione è la legge n. 199 del 29 ottobre 2016 (testo in allegato) recante il titolo “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”.
Anche se giunta in ritardo rispetto al diffondersi del fenomeno, questa legge ha senza dubbio avuto il merito di aver imposto il pugno di ferro nella repressione dei caporali, con pene che aumentano in base alla gravità della condotta e al numero di braccianti reclutati. Inoltre viene parificata alla posizione del caporale anche quella dell’imprenditore proprietario del fondo che si avvale della manodopera illegale a basso costo.
La sanzione massima prevista dalla legge è la reclusione in carcere fino a 8 anni. Vediamo nel dettaglio tutti i profili sanzionatori.
Pene per il reato di caporalato
Le pene previste per chi sfrutta il caporalato stabilite dalla legge 199/2006 sono le seguenti:
- multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni bracciante agricolo reclutato;
- reclusione in carcere da 1 a 6 anni.
La legge prevede anche una circostanza aggravante quando il fatto viene commesso con violenza e minaccia. In questo casa la multa diventa da minimo 500 euro a massimo 1.000 euro e la reclusione può raggiungere gli 8 anni al massimo nelle ipotesi più gravi.
Caporalato, come riconoscerlo
Vediamo i comportamenti tipici del caporalato per riconoscerlo dal normale lavoro nei campi. Ai sensi della legge 199/2016 commette caporalato chi:
- recluta manodopera per destinarla al lavoro nei campi per mezzo di terzi, il tutto sfruttando il bisogno di lavorare di persone in gravi difficoltà economiche;
- impiega i braccianti reclutati grazie ai caporali, dietro una paga inferiore ai minimi stabiliti e con orari di lavoro eccessivi, sempre sfruttandone lo stato di bisogno.
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