La Cina si sente provocata dalla Nato, la storia si ripete?

Ilena D’Errico

14 Luglio 2024 - 19:56

La Cina si sente provocata dalla Nato, vuole che stia lontana dai propri confini (anche metaforici) e che gli Stati Uniti non portino caos nel territorio asiatico. Una storia già vista?

La Cina si sente provocata dalla Nato, la storia si ripete?

Accresce la tensione tra la Cina e gli Stati Uniti, che lamentano l’appoggio asiatico a Mosca, attraverso l’acquisto di materie prime e la fornitura di beni sanzionati, a dispetto della dichiarata neutralità. La Repubblica popolare cinese, d’altro canto, invita gli Stati Uniti a non “portare caos” nei propri confini e rivolge le accuse contro il governo americano. La dura risposta pechinese alle insinuazioni, però, è solo la punta dell’iceberg.

La Cina si sente provocata dalla Nato, che estende sempre più la sua presenza nell’Indo-Pacifico grazie agli accordi con paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda, il Giappone e la Corea del Sud, che sono stati anche invitati al vertice annuale a Washington. Pechino ritiene che la presenza imposta statunitense stia danneggiando i propri interessi, temendo di essere in futuro isolata dai rapporti economici internazionali.

Preoccupazioni che ormai abbiamo già ascoltato diverse volte e che ricordano vivacemente le intimazioni del presidente Putin, che sono culminate con l’invasione russa dell’Ucraina. La storia si ripete? Difficile a dirsi, visto che tolto questo parallelismo le situazioni sono molto diverse. Kiev e Mosca hanno un preciso passato, che si differenzia notevolmente dai trascorsi tra la Cina e gli Stati Uniti. Di certo, si parla di equilibri fragilissimi e anche se nulla fa pensare a una crisi imminente la prospettiva non è delle più rosee.

Perché la Cina si sente provocata dalla Nato?

La dichiarazione del 75° vertice Nato accusa la Cina di mettere a dura prova “interessi, sicurezza e valori” attraverso la partnership strategica con la Russia, dichiarando preoccupazione per l’ordine internazionale. Calunnie piene di discriminazioni e retorica bellicosa, secondo Pechino, che nega di aver tratto beneficio dal conflitto ucraino o di aver fornito armi alle parti in conflitto.

Anzi, la Cina ritiene che siano proprio gli Stati Uniti a mettere a repentaglio la pace e la sicurezza con l’opprimente espansione della Nato su scala mondiale. La collaborazione tra alleati e partner statunitensi nell’Indo-Pacifico è la principale fonte di inquietudine per Pechino, che considera queste relazioni il tentativo di creare una “Nato orientale”. Un’accusa pesante, ma ciò non vuol dire che la Repubblica popolare cinese sia facilmente impressionabile o insicura.

L’espansione della Nato, per quanto non posta come minaccia, è una strategia ben precisa adottata dal governo statunitense da più di un decennio. La Cina è ora accusata dalla Nato di mettere a rischio la sicurezza con minacce ibride, spaziali e cibernetiche, nel tentativo di rimodulare le dinamiche delle relazioni internazionali a proprio piacimento. Le ambizioni pechinesi di diventare una potenza globale, come vengono definite, hanno quindi portato gli Stati Uniti a scendere in campo per contenerne la crescita, aumentando la propria presenza e quella della Nato nei pressi asiatici.

Di fatto, gli Stati Uniti e la Nato intrattengono relazioni di vario tipo con molti paesi dell’Indo-Pacifico, con impegni reciproci che riguardano anche la sicurezza informatica. La crescita degli accordi bilaterali e la stipula di un accordo militare di cooperazione tra Filippine e Giappone hanno indispettito la Repubblica popolare cinese, che vede in questa nuova strategia un duro colpo ai propri interessi.

La storia si ripete?

Anche se formalmente non ci sono stati nuovi ingressi nella Nato, la crescita della cooperazione tra gli alleati e i paesi mondiali rischia di pregiudicare la stabilità dei rapporti internazionali, a discapito dell’intento di preservare la sicurezza. La Cina, in realtà, adotta un meccanismo molto simile per accresce la propria potenza economica, rafforzando sempre di più i legami economici e commerciali con le nazioni del Pacifico Occidentale.

Una politica tendenzialmente aggressiva, ricusata da Washington insieme agli attacchi informatici e alle campagne di disinformazione. La tensione tra le potenze è sempre più alta, senza dimenticare l’isola di Taiwan. Ed è proprio su quest’ultima che l’analogia con il conflitto russo-ucraino si fa più evidente, scaturendo la preoccupazione internazionale.

Per ora, la Cina e la Nato sembrano continuare sul botta e risposta abituale, tra intimidazioni, esercitazioni militari più simboliche che altro e accuse reciproche. Non è questa la famigerata goccia che ha fatto traboccare il vaso, almeno per il momento, anche se le rispettive espansioni lasciano presagire un’inquietante escalation.

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