Per non incappare in problemi con il Fisco se si da l’influencer sui social network ecco cosa fare per essere in regola e dichiarare i guadagni.
Molto spesso si iniziano a creare contenuti per i social network più per gioco e divertimento che per uno scopo di lucro. Ma può capitare che da questo diletto scaturisca anche un guadagno se si riesce ad imporsi come influencer social.
Inizialmente, se i guadagni sono contenuti si può evitare l’apertura della partita Iva configurandoli come lavoro autonomo occasionale.
Ma quello a cui bisogna fare attenzione è proprio la definizione di “lavoro autonomo occasionale” e vi si rientra solo rispettando determinati requisiti che vedremo di seguito.
In tutti gli altri casi è necessaria l’apertura di una partita Iva e la dichiarazione dei guadagni che si hanno da ogni singola piattaforma su cui si pubblica: da TikTok ad Instagram , da YouTube a Twitch.
Quando si può definire un lavoro autonomo occasionale?
Per essere definitto tale il lavoro autonomo occasionale deve:
- essere svolto in modo saltuario e sporadico (Se si pubblicano contenuti tutti i giorni, quindi, non vi si rientra, a prescindere dall’esiguo guadagno);
- essere senza vincolo di subordinazione;
- non deve essere coordinato da un committente ma svolto in piena autonomia nei tempi e nei modi di esecuzione;
- essere esercitata in maniera non professionale e non deve essere autonomamente organizzata;
- i compensi devono mantenersi al di sotto dei 5.000 euro l’anno.
Cosa fare se si procede con lavoro autonomo occasionale?
Per chi pubblica contenuti social l’unico vero problema sta nel dimostrare che si tratta di un’attività saltuaria e sporadica. Se così davvero fosse per ogni committente (e per committente in questo caso dobbiamo intendere ogni piattaforma social) deve essere rilasciata una ricevuta di pagamento con indicazione della ritenuta d’acconto pari al 20% del compenso spettante.
Il problema è che molte di queste piattaforme operano dall’estero e, quindi, non opereranno come sostituto d’imposta. A questo punt la ritenuta d’acconto non va inserita e ci penserà lo stesso influencer a versare il dovuto al Fisco in sede di dichiarazione dei redditi se non rientra nella no tax area.
Il problema della saltuarietà della prestazione
Il problema principale per chi svolge questo tipo di attività è il dimostrare l’occasionalità e la saltuarietà delle pubblicazioni. Che deve essere riferito anche alla tipologia di pagamento.
Se, ovviamente, a pagare è un brand per la sponsorizzazione di un prodotto in un video, in questo caso può trattarsi senz’altro di un evento occasionale. Ma se il pagamento è a visualizzazioni è da prestare più attenzione: il video o il post risulta essere online 365 giorni l’anno e potenzialmente, quindi, può produrre guadagni ogni giorno. In questo secondo caso, purtroppo, anche se si pubblica un video al mese, ad esempio su YouTube, dimostrare che è un’attività sporadica diventa più difficile.
Il tutto, quindi, dipende dal tipo di attività che si svolge come influencer, dalla frequenza delle pubblicazioni e soprattutto da come si viene retribuiti.
Se l’attività non è occasionale va inquadrata
Bisogna fare attenzione quindi, perchè quando l’attività non rientra tra quelle autonome occasionali va inquadrata come attività abituale e serve l’apertura della partita Iva. Per l’apertura della stessa bisogna scegliere uno o più codici Ateco che vadono ad identificare l’attività esercitata.
Per svolgere il lavoro di influencer non serve iscriversi alla Camera di Commercio e all’Inail ma è necessario iscriversi alla cassa previdenziale che, verosimilmente, sarà la Gestione Separata Inps.
Quale regime scegliere per i compensi social?
Se si prevedono ricavi entro gli 85.000 euro l’anno la via più conveniente è quella di aprire, soprattutto per il primo periodo, una partita Iva in regime forfettario che permette di pagare un’imposta sostitutiva al 5% per i primi 5 anni. Successivamente l’aliquota passa al 15%. Queste aliquote non si applicano sul totale dei guadagni ma solo su una percentuale (coefficiente di redditività) che varia in base all’attività che si svolge.
Con questo regime siè esonerati dalla dichiarazione Iva e dal versamento della stessa (i forfettari non sono soggetti ad Iva), ma anche dalle dichiarazioni Irap e dall’applicazione degli Isa. Si è esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica fino al 1 gennaio 2024 ma si dovrà apporre su ogni fattura di importo superiore a 77, 47 euro una imposta di bollo da 2 euro.
L’alternativa è quella di scegliere il regime ordinario. In questo caso si ha il vantaggio di poter portare in detrazione tutte le spese legate all’attività, dal vestiario a pranzi di pubblic relations
Come si dichiarano i compensi social?
Se i ricavi sono, con prestazione autonoma occasionale al di sotto dei 5.500 euro annui non vi è obbligo di dichiarazione. Se si ha partita Iva, invece, a prescindere dai compensi si è tenuti a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi con il modello Redditi.
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