La comunione dei beni come regime patrimoniale dopo il matrimonio: come funziona e cosa dice il Codice civile? Pro e contro su debiti, beni immobili e mobili e che succede in caso di divorzio e separazione.
La comunione dei beni è il regime patrimoniale che si applica automaticamente dopo il matrimonio, a partire dalla Riforma della famiglia del 1975.
Come funziona e che effetti produce sul patrimonio della coppia dopo il divorzio e la separazione? È il Codice civile a stabilirlo in numerosi articoli, in cui è descritto cosa avviene in caso di debiti contratti dall’altro coniuge e divisione del patrimonio dopo separazione o divorzio.
Ecco cosa comporta la comunione dei beni, quando parte, quali beni ne sono esclusi e come cambia la gestione del conto corrente familiare.
COME FUNZIONA LA COMUNIONE DEI BENI
- Cosa vuol dire comunione dei beni nel Codice civile
- Cosa non fa parte della comunione dei beni?
- Come si dividono i beni in caso di divorzio e separazione
- Debiti del coniuge in comunione dei beni
- Effetti della comunione sul conto corrente dei coniugi
- Differenza con la separazione dei beni (vantaggi e svantaggi)
- Come si scioglie la comunione dei beni?
Cosa vuol dire comunione dei beni nel Codice civile
La comunione legale dei beni è il regime patrimoniale che si applica dopo il matrimonio, civile o in chiesa, in maniera automatica, a meno che i coniugi non optino espressamente per la separazione dei beni. Gli effetti della comunione sul patrimonio dei coniugi sono disciplinati all’articolo 177 e seguenti del Codice civile.
Il regime di comunione legale non va confuso con la comunione universale che, al contrario, comprende tutti i beni del coniuge, anche quelli acquistati prima del matrimonio. La comunione dei beni, invece, ha come effetto la titolarità di entrambi sui beni mobili, immobili e il denaro successivi alla celebrazione delle nozze.
Marito e moglie, se lo desiderano, possono cambiare regime patrimoniale anche dopo il matrimonio, rivolgendosi al notaio e chiedendo di passare alla separazione dei beni.
Ai sensi dell’articolo 177 del Codice civile, fanno parte della comunione dei beni:
- gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
- i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
- i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
- le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Per quanto riguarda le aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
Cosa non fa parte della comunione dei beni
L’elenco completo dei beni esclusi dalla comunione dei beni è previsto all’articolo 179 del Codice civile. Nello specifico si tratta di:
- beni di proprietà di ciascun coniuge prima del matrimonio o sui cui il coniuge ha un diritto reale di godimento. Rientrano in questa categoria i beni che marito e moglie possedevano ancor prima di sposarsi o che hanno acquistato senza il sacrificio comune;
- beni ricevuti in donazione o successione - anche dopo il matrimonio - quando il donante o il de cuius nel testamento non specificano che il bene può confluire nella comunione;
- beni strettamente personali e altri accessori (orologio da polso, collane e così via);
- beni funzionali all’esercizio della professione del coniuge (a meno che non siano beni destinati all’azienda in comunione tra i coniugi);
- beni e somme di denaro ottenuti a titolo di risarcimento dei danno e allo stesso modo la pensione percepita per perdita totale o parziale della capacità lavorativa;
- tutti i beni acquistati con i proventi della vendita dei beni sopra elencati (se dichiarato in modo espresso nell’atto di acquisto).
Tutti i beni non compresi in questo elenco vanno a costituire la comunione tra i coniugi, a meno che non siano strettamente personali, come ad esempio le strumentazioni di lavoro.
Come si dividono i beni in caso di divorzio e separazione
La sentenza di separazione o divorzio ha l’effetto di sciogliere la comunione dei beni. A questo punto ciascuno dei coniugi avrà il diritto di pretendere la divisione dei beni al 50%, sia delle passività che delle attività. I beni che non possono essere divisi saranno venduti e il ricavato distribuito ai coniugi in parti uguali, salvo diverso accordo tra marito e moglie.
Per quanto riguarda la casa familiare, invece, l’attribuzione all’uno o all’altro coniuge non dipende dal regime patrimoniale scelto né da chi ne sia l’effettivo proprietario ma dalla presenza di figli non economicamente autosufficienti o disabili. In presenza di figli, infatti, la legge attribuisce l’immobile al genitore affidatario mentre se l’affido è congiunto il giudice dovrà decidere caso per caso a chi attribuire l’immobile.
Se mancano i figli l’attribuzione della casa è più incerta, tuttavia, la Giurisprudenza è concorde nell’escludere che l’immobile venga attribuito a chi non era il legittimo proprietario.
Debiti del coniuge in comunione dei beni
Si tende a pensare che in costanza di comunione dei beni i coniugi siano sempre responsabili in solido dei debiti contratti da uno soltanto dei due. Ciò è vero soltanto in parte. La legge, infatti, vuole tutelare il coniuge che non è direttamente responsabile dei debiti “personali” dell’altro.
Quindi, se i debiti sono stati contratti nell’interesse della famiglia, marito e moglie sono entrambi obbligatori a pagare, mentre se sono prettamente personali risponderà soltanto il coniuge responsabile con i suoi beni personali e, se questi non fossero sufficienti a coprire l’intera somma, con i beni della comunione per la metà del credito.
Si considerano “debiti personali”, esclusi dalla responsabilità comune tra i coniugi, quelli riportati di seguito:
- i debiti contratti prima del matrimonio dal singolo coniuge;
- i debiti contratti dopo il matrimonio per motivi esclusivamente personali
- i debiti per l’acquisto di beni che non ha alcuna utilità per la famiglia (ad esempio strumentazioni per il lavoro)
- i debiti per i quali ha compiuto un atto di straordinaria amministrazione senza il consenso dell’altro coniuge
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Effetti della comunione sul conto corrente dei coniugi
Che succede al conto corrente bancario personale e cointestato se i coniugi sono in comunione dei beni?
Se i coniugi decidono di avere un conto corrente cointestato entrambi potranno eseguire operazioni di ordinaria amministrazione senza il consenso dell’altro (ad esempio versamenti e prelievi); per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, serve la firma di entrambi (ad esempio accendere un mutuo).
Il denaro versato sul conto corrente, in caso di divorzio o separazione, spetterà ad entrambi in misura del 50%.
Per quanto riguarda il denaro depositato nel conto corrente personale (non intestato ad entrambi i coniugi), questo appartiene esclusivamente al coniuge intestatario in costanza di matrimonio mentre, in caso di separazione e divorzio, la somma andrà divisa a metà. Prima di tale momento il coniuge non intestatario non vanta alcun diritto sul denaro depositato sul conto corrente.
Differenze con separazione dei beni (vantaggi e svantaggi)
Rispetto alla separazione dei beni le differenze sono molteplici. La comunione ha l’effetto di creare un patrimonio comune del quale, in linea di massima, sono entrambi beneficiari e responsabili allo stesso modo (eccetto i debiti personali e i beni dell’articolo 179).
Con la separazione, invece, ciascuno mantiene la titolarità esclusiva sui propri beni e sulle somme di denaro guadagnate, con l’effetto di:
- dividere in maniera chiara beni mobili, immobili e conti correnti di ciascuno;
- ridurre i contenziosi in caso di divorzio e separazione e conservare la titolarità esclusiva sui propri averi.
Quindi, in costanza di comunione dei beni, entrambi i coniugi hanno diritto ad amministrare le risorse familiari con l’obbligo, però, di coinvolgere l’altro per gli atti di straordinaria amministrazione, mentre nella separazione dei beni non serve il consenso/autorizzazione.
Spesso la separazione dei beni è preferita da chi ha dei debiti o teme di contrarli per salvaguardare il coniuge e il patrimonio familiare oppure da chi vuole beneficiare del bonus prima casa (nel caso sia stato richiesto soltanto da un coniuge). Tuttavia la scelta del regime patrimoniale dopo il matrimonio non è irreversibile e si può cambiare in ogni momento stipulando un atto pubblico dal notaio.
Come si scioglie la comunione dei beni?
Come e quando si sceglie la comunione dei beni tra i coniugi è previsto dall’articolo 191 del Codice civile:
- morte di uno dei coniugi;
- sentenza di divorzio;
- dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi;
- annullamento del matrimonio;
- separazione legale dei coniugi;
- fallimento di uno dei coniugi;
- separazione giudiziale dei beni;
- convenzione tra i coniugi.
Con il riguardo al momento, la legge dispone che:
“la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al Presidente, purché omologato.”
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