Controlli fiscali, come difendersi con trucchi legali?

Patrizia Del Pidio

27 Dicembre 2023 - 10:09

Il redditometro può rilevare il reddito del contribuente ed eventuali incongruenze con le spese che sostiene. Come difendersi da un controllo fiscale con trucchi legali? Ce lo dice la Cassazione.

Controlli fiscali, come difendersi con trucchi legali?

Il redditometro dell’Agenzia delle Entrate può portare a controlli fiscali sui contribuenti che hanno acquistato determinati beni e servizi considerati incongruenti con il reddito prodotto. Da questi controlli ci si può difendere in modo del tutto legale, provando che non esiste un reddito non dichiarato o maggiore a quelli dichiarato.

Il redditometro, infatti, ha lo scopo di individuare quelle che sono le posizioni contributive che potrebbero essere a rischio evasione con più alta probabilità, ma va ricordato che si tratta di uno strumento che utilizza la maniera induttiva tramite l’accertamento sintetico. Il contribuente può, però, far valere i propri diritti.

Difendersi dai controlli fiscali, i suggerimenti della Cassazione

A rispondere alla domanda “come difendersi dai controlli fiscali” ci pensa la Cassazione con la pronuncia 31844 del 2023 nella quale da una serie di utili indicazioni al contribuente che voglia contestare il controllo dell’Agenzia delle Entrate.

I Supremi Giudici, infatti, sottolineano che il contribuente può difendersi con la cosiddetta prova contraria e dimostrando che l’operazione contestata è sbagliata.

Anche se il redditometro va a sommare i vari redditi e prende in considerazione spese, investimento e risparmio, lo fa in maniera presuntiva utilizzando delle tabelle stabilite dalla legge per classificare beni o servizi. Essendo una presunzione, questa può essere tranquillamente e legalmente superata con la prova contraria.

Difendersi dal controllo fiscale con la prova contraria

Cosa deve dimostrare il contribuente con la prova contraria? In linea generale dovrà fornire le prove concrete che il reddito maggiore presunto non esiste per palesare che il reddito maggiore accertato in modo presuntivo non è disponibile (o lo è in misura minore rispetto a quella presunta).

Cosa deve dimostrare nel concreto? Quali prove vanno fornite? Ad esempio il contribuente potrebbe dimostrare che il pagamento dell’auto di lusso è state eseguito da parenti. Oppure che il reddito maggiore utilizzato per acquisto di beni e servizi derivi da una donazione o che sia stato utilizzato denaro accumulato e risparmiato nel corso degli anni.

Ovviamente il contribuente che non ha evaso il pagamento delle tasse e che è in regola può certamente difendersi dimostrando da dove derivi la disponibilità economica per l’acquisto e il mantenimento dell’auto o per l’acquisto della casa.

I redditi di cui il Fisco non è a conoscenza, infatti, potrebbero essere redditi esenti da imposizione fiscale, come quelli derivanti da un risarcimento danni, da una prestazione di invalidità, da una donazione da parte di familiari.

Potrebbero, essere, anche redditi con ritenuta alla fonte come eredità o vincite al gioco o, infine, derivare da una vendita di altri beni (un altro veicolo o un immobile).

Come funziona il redditometro dell’Agenzia delle Entrate per le auto?

Fino a qualche decennio fa l’automobile che si possedeva poteva essere davvero un sinonimo della propria situazione economica. Oggi, invece, grazie a finanziamenti e acquisti a rate, si può permettere un’auto di lusso chiunque abbia uno stipendio che dia sufficienti garanzie di rimborso delle rate.

Nonostante, però, acquistare un’auto costosa sia alla portata di tutti, il Fisco continua a considerare determinate categorie di veicoli come un elemento fondamentale per stabilire la ricchezza del contribuente. E sottoporlo, quindi, a un accertamento fiscale.

Ma come può essere possibile tutto questo? Grazie al redditometro, uno strumento attraverso il quale l’amministrazione tributaria ricostruisce i redditi in maniera matematica. Applica indici che presumono la ricchezza del contribuente e tra questi anche il possesso di determinate vetture.

Il redditometro prende in considerazione l’intestazione dei veicoli come indice di capacità reddituale e contributiva. L’automobile, quindi, rappresenta una ricchezza e pertanto il proprietario deve dimostrare la provenienza della ricchezza che ha utilizzato per comperarla se si tratta di un bene che non si può permettere.

Quando scatta il controllo con il redditometro per le automobili?

Per ogni automobile che il contribuente acquista, il Fisco ne viene automaticamente a conoscenza visto che le banche dati del Pra e della Motorizzazione civile sono integrate con quella dell’Anagrafe Tributaria.

Ogni acquisto effettuato è messo in relazione al reddito e al patrimonio dell’acquirente. Se i valori del reddito e del patrimonio non sono, però, in grado di sostenere l’acquisto, i conti non tornano.

Non solo per l’acquisto del veicolo ma anche per il suo mantenimento: bollo, assicurazione, manutenzione ordinaria e straordinaria, carburante, parcheggio più varie ed eventuali. Perché il costo di un’auto non è solo quello di acquisto. Se c’è una sproporzione troppo grande tra reddito/patrimonio e spesa, partono delle verifiche che, se danno luogo a uno scostamento superiore al 20% per due anni di imposta consecutivi, fanno scattare il redditometro.

Le auto che fanno sforare con il redditometro quali sono?

Per i veicoli le spese vengono calcolate in base a dei coefficienti legati alla cilindrata, alla potenzia e all’anno di immatricolazione. Ma ci sono delle vetture che, a prescindere, vengono considerate di lusso e finiscono in automatico nel mirino del redditometro e sono:

  • le automobili con potenza superiore ai 250 cavalli;
  • i Suv;
  • i fuoristrada;
  • le auto storiche;
  • le auto d’epoca.

Come funziona un accertamento fiscale?

L’Agenzia delle Entrate, solitamente, invia al contribuente un questionario con il quale lo invita a presentarsi presso gli Uffici territorialmente competenti. In questi dovrà, poi, chiarire da dove derivano le disponibilità economiche che gli hanno permetto di acquistare, ad esempio, un’automobile che non può permettersi.

Dovrà anche fornire la documentazione giustificativa di quanto afferma. Perché con l’Agenzia delle Entrate non basta affermare una cosa, bisogna poterla dimostrare. E se si dice, per esempio, di aver comperato l’auto con soldi ricevuti in regalo da parenti, bisogna dimostrare il regalo con, ad esempio, un bonifico bancario ricevuto poco prima dell’acquisto.

Se il contribuente non sa dare una spiegazione soddisfacente, quelli che l’Agenzia delle Entrate considerava redditi presunti si trasformano in redditi accertati. E a quel punto emette un avviso di accertamento in cui chiede il pagamento delle tasse sui redditi non dichiarati. E ovviamente aggiunge alla tassazione anche le sanzioni previste per l’evasione fiscale.

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