Cos’è il Danish Compromise. Come la BCE decide (non solo) su Unicredit-Banco BPM-Anima

Laura Naka Antonelli

20/02/2025

Cos’è il Danish Compromise, grande protagonista del botta e risposta continuo tra UniCredit e Banco BPM, che riguarda l’OPA su Anima. I dubbi della BCE.

Cos’è il Danish Compromise. Come la BCE decide (non solo) su Unicredit-Banco BPM-Anima

Nelle mani della BCE: la Banca centrale europea giocherà e sta già giocando un ruolo cruciale nel decretare il successo dell’OPA che Banco BPM ha lanciato sulla controllata Anima Holding e, di conseguenza, nel rendere più probabile il rilancio del prezzo dell’OPS da 10,1 miliardi di euro circa che UniCredit ha messo sul piatto per conquistare Piazza Meda.

Quel prezzo che è stato proposto dalla banca italiana guidata dal CEO Andrea Orcel è stato considerato, di fatto, subito ingiusto, in termini tecnici a sconto, dalla preda capitanata dal banchiere Giuseppe Castagna, con un botta e risposta tra i due AD che si è susseguito fino a qualche giorno fa, quando Castagna è sbottato dopo quelle che lui stesso ha definito “accuse pericolose” partite da UniCredit, accompagnate da tanto di “fake news”.

Il numero uno del Banco ha affermato di fatto, in un’intervista rilasciata a Bloomberg TV, che queste “ accuse (di UniCredit), secondo cui noi non potremmo utilizzare il Danish Compromise, sono del tutto una fake news ”.

Botta e risposta tra UniCredit e Banco BPM su esito OPA lanciata da Piazza Meda su Anima

La tensione è esplosa con la pubblicazione di un comunicato con cui, nel minacciare di ritirare l’OPS su Banco BPM a causa della decisione di quest’ultima di alzare il prezzo dell’OPA su Anima, UniCredit aveva messo in evidenza le vulnerabilità che, a suo avviso, il capitale di BAMI presenterebbe nel caso in cui non riuscisse ad applicare il Danish Compromise all’OPA lanciata sul gioiello del risparmio gestito.

Senza un ottenimento del Danish Compromise, aveva spiegato Piazza Gae Aulenti, l’OPA avrebbe conseguenze decisamente più impattanti sul capitale del Banco, erodendo il CET1 della banca di ben 268 punti base e facendolo così scendere dal 13% al 12,32% circa.

Non solo, aveva sottolineato UCG: “Tenendo conto dei regulatory headwinds specificati (circa -94bps), tale pro forma ratio di BPM scenderebbe ulteriormente ad 11,38%”.

Risultato finale: l’OPA su Anima, eseguita senza il Danish Compromise, secondo UniCredit “potrebbe potenzialmente risultare incoerente con quanto annunciato al momento della presentazione al mercato dell’operazione il 6 novembre 2024, quando l’operazione era descritta come tale da assicurare un ’elevato ritorno sull’investimento con limitati assorbimenti patrimoniali’”.

Osservazioni, quelle di Piazza Gae Aulenti, a cui Banco BPM ha ribattuto prontamente, sia con le parole del CEO Castagna, che con una nota, con cui l’istituto di credito ha definito fuorviante l’impatto ulteriore di regulatory headwinds per 94 bps citato da UniCredit, manifestando preoccupazioni in merito ai rilievi a suo avviso infondati, presentati dall’offerente riguardo alla possibile erosione del suo capitale.

Un capitale invece forte: riguardo al Danish Comprimese Banco BPM ha ribadito “ la propria convinzione, basata sulle previsioni regolamentari vigenti e non su calcoli probabilistici , circa l’applicabilità” di questo trattamento regolamentare alla partecipazione in Anima.

In parole povere, se al momento UniCredit non ritiene che sia il caso di rilanciare l’OPS in quanto a suo avviso permangono diversi dubbi sulla possibilità che Banco BPM possa ottenere il Danish Comprimese, Banco BPM ha fiducia nella capacità di beneficiare di questo trattamento regolamentare; inoltre, anche se ciò non dovesse accadere, il suo CET1 ratio rimarrà secondo Castagna comunque superiore al 13%.

Cos’è il Danish Compromise? L’agevolazione che dovrebbe favorire il risiko, perché si chiama così

La domanda in questo dossier che è diventato una vera e propria Odissea di Piazza Affari, è dunque d’obbligo: cos’è il Danish Compromise, e perché è così importante?

Il Danish Compromise, di fatto, è un meccanismo regolamentare che è stato introdotto dall’articolo 4.1 della normativa europea relativa alle richieste di capitale che le banche devono rispettare: normativa nota come Capital Requirements Regulation (CRR), che è stata adottata dall’Unione europea nel lontano 2012, e che inizialmente è stata considerata alla stregua di una misura temporanea. La dicitura “compromesso danese” si spiega che all’epoca in cui la disposizione è stata approvata, la presidenza dell’Unione europea era nelle mani della Danimarca.

La disposizione prevede la possibilità che un investimento effettuato da una banca nel comparto assicurativo venga classificato come ponderato per il rischio, invece di tradursi in una deduzione dal capitale che vada dunque a erodere il capitale stesso della banca.

Come spiega anche Deloitte, “il Danish Compromise (DC) prevede un trattamento eccezionale per gli investimenti azionari nelle controllate assicurative effettuati da gruppi bancari. In sintesi, il Danish Compromise consente un trattamento favorevole delle partecipazioni assicurative nei requisiti patrimoniali di una banca, offrendo un quadro di supporto per la costituzione e l’espansione dei conglomerati finanziari”.

Audit FT, azienda di consulenza nell’ambito della Compliance, Audit e Risk Management principalmente a favore degli intermediari finanziari ha spiegato in misura ancora più puntuale il Danish Compromise, citando proprio il caso dell’OPA lanciata dal Banco BPM su Anima, ricordando che questo trattamento, che è stato varato nel 2012, “è una misura di mitigazione che consente alle banche di ridurre l’assorbimento di capitale regolamentare quando acquisiscono partecipazioni in società assicurative ”.

Si tratta per l’appunto di “uno strumento concepito per favorire il consolidamento nel sistema finanziario europeo, permettendo alle banche di diversificare i propri rischi attraverso l’integrazione con compagnie assicurative, come nel caso delle polizze vita e dei fondi d’investimento ”.

Nel caso in questione, “Banco BPM sta sfruttando proprio questa agevolazione nel suo tentativo di acquisire Anima Holding, lanciando un’OPA sulla società di gestione patrimoniale. L’istituto milanese può procedere con l’operazione senza incidere pesantemente sul proprio capitale, pur creando un conglomerato bancario-assicurativo con oltre 220 miliardi di euro in assicurazioni vita e risparmio gestito. In pratica, Banco Bpm può diversificare i suoi rischi e potenziare la sua offerta senza dover aumentare significativamente il capitale richiesto dalle normative di Basilea III”.

Nello spiegare la situazione, Audit FT ha messo in evidenza tuttavia come proprio questa agevolazione di fatto contabile di cui godrebbe Banco BPM abbia scatenato “ le preoccupazioni delle principali compagnie assicurative italiane, come UnipolSai e Generali, che vedono una distorsione competitiva”.

Nel caso del Banco, il Danish Compromise ha sollevato tuttavia, ed è questo il nodo da sciogliere nel dossier in questione che vede protagoniste Banco BPM, Anima e UniCredit, anche i dubbi della BCE, nello specifico della Vigilanza bancaria della BCE; il grande dubbio sull’applicabilità o meno di questo trattamento regolamentare si è presentato nel momento in cui l’autorità, con sede a Francoforte, indecisa se dare la sua benedizione all’utilizzo del Danish Compromise, ha deciso di rifilare il caso all’EBA, ovvero all’Autorità bancaria europea.

L’autorizzazione sul Danish Compromise ricevuta nel 2019 da Intesa SanPaolo

Vale la pena ricordare che l’applicabilità di questa agevolazione è stata riconosciuta in passato a favore di alcune banche italiane.

Tra queste Intesa SanPaolo, la banca italiana guidata dal CEO Carlo Messina che, nel 2019, aveva annunciato di avere ricevuto “l’autorizzazione della BCE a calcolare i coefficienti patrimoniali consolidati del Gruppo applicando il cosiddetto Danish Compromise - per cui gli investimenti assicurativi vengono trattati come attivi ponderati per il rischio anziché dedotti dal capitale - con decorrenza dalle segnalazioni di vigilanza riferite al 30 settembre 2019”.

In un articolo pubblicato nel 2024, Advisor Online aveva inoltre identificato le cinque banche italiane che, a suo avviso, potrebbero utilizzare il Danish Compromise in Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Generali, MPS-Monte dei Paschi di Siena, Credito Emiliano e Banca Mediolanum (includendo dunque anche Banco BPM, precisando che il loro numero “scende a cinque se si considera che, ad oggi, UniCredit e MPS hanno accordi di bancassurance (rispettivamente con CNP e AXA) ma non possiedono una compagnia”.

A questo punto, si attende il verdetto della BCE sull’applicabilità dell’agevolazione all’OPA di Banco BPM su Anima, mentre la saga del risiko che ancora non c’è rimane grande protagonista di Piazza Affari, insieme all’altra dell’OPS lanciata da MPS su Mediobanca, altra operazione in salita dopo le ultime novità emerse nella giornata di ieri.

Occhio alle azioni Banco BPM, che oggi sul Ftse Mib di Piazza Affari superano la soglia dei 9 euro, beneficiando della nota positiva firmata dagli analisti di Deutsche Bank, che hanno annunciato di avere alzato il target price sulle azioni della banca da 8,6 a 10,5 euro.

UniCredit è invece sotto pressione, in area 47,82 euro. Sotto i riflettori le dichiarazioni che sono state rilasciate dal CEO Andrea Orcel al Financial Times, che ha chiaramente detto che le due operazioni lanciate da Piazza Gae Aulenti su Banco BPM e Commerzbank “sono degenerate in dibattiti politici, che non dovrebbero esserci, e in una certa misura, forse in grande misura, in attacchi personali”.

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