Cosa fa la missione Unifil in Libano, chi ne fa parte e perché è così importante (tanto da non richiamare le truppe in seguito agli attacchi).
Continuano a crescere i timori per i militari italiani in Libano, mentre il governo è in comunicazione con Israele per verificare le condizioni di sicurezza. Al momento non è previsto un ritiro delle truppe presenti sul posto nell’ambito della missione Unifil, ma il personale dovrebbe essere al sicuro.
Nonostante la delicatezza della situazione, si continua a sottolineare il fondamentale ruolo svolto dai militari, di cui beneficiano molti più Paesi di quello che si pensa. Uno sforzo all’insegna della pace, importante per contenere il conflitto e auspicabilmente risolverlo, pensando nel frattempo al sostegno dei civili. Ecco cosa fa la missione Unifil il Libano e chi ne fa parte.
Cosa fa la missione Unifil in Libano
La missione Unifil è una delle missioni di pace più longeve delle Nazioni Unite e opera in Libano al confine con l’Israele. È stata istituita il 19 marzo 1978 per accertare il ritiro delle truppe israeliane, ma da allora - a causa dell’instabilità della situazione e dei vari conflitti - è sempre stata prorogata. Lo scopo principale della missione Unifil (acronimo che sta per United Nations Interim Force In Lebanon, ovvero Forza di interposizione delle Nazioni Unite in Libano) è quello di promuovere la pace tra i due Paesi, auspicando una tregua stabile e duratura.
Sforzi che, evidentemente, non stanno portando a raccogliere i migliori dei frutti. Non che ci sia qualche colpa nei militari di Unifil, che continuano a svolgere funzioni fondamentali per i Paesi coinvolti nel conflitto e si stanno rivelando decisivi nel suo contenimento, a beneficio delle nazioni circostanti e del resto del mondo.
Gli sforzi di Unifil in questo momento sono rivolti principalmente ai civili e ai profughi, per i quali forniscono protezione e aiuto umanitario in collaborazione con le Forze Armate libanesi. Naturalmente l’escalation del conflitto libano-palestinese ha comportato delle modifiche nelle mansioni dei militari delle Nazioni Unite, concentrati principalmente sulla sorveglianza e sul soccorso.
E proprio in tal proposito non è possibile non segnalare il senso del dovere dei militari italiani, che in seguito agli attacchi dell’esercito israeliano e alla richiesta di lasciare le basi hanno insistito per rimanere sul posto e continuare “a fare il nostro dovere”. Un atteggiamento coerente con le dichiarazioni recenti del ministro Crosetto, che però provenendo dal personale direttamente minacciato è ancora più significativo.
Si tratta di una decisione coraggiosa, condivisibile per il grande impatto della missione sui possibili esiti del conflitto, che non può tuttavia cancellare la preoccupazione per i caschi blu, peraltro fortemente limitati nelle possibilità di reazione.
Chi fa parte della missione Unifil?
La missione Unifil attualmente è composta da circa 10.500 militari - su un massimo di 15.000 - provenienti da 46 Paesi differenti. L’Italia si fregia di un’importante partecipazione alla missione, sia numericamente che per ruoli ricoperti. Sono ben 1.200 i militari italiani che partecipano alla missione di pace delle Nazioni Unite in Libano, su un massimo di 1.292 unità schierabili dall’Italia.
L’Italia può inoltre mettere a disposizione della missione 375 mezzi terrestri, 7 mezzi aerei e 1 mezzo navale. Oltretutto, dal 2006 (quando è iniziata la seconda fase della missione Unifil, in seguito all’offensiva di Hezbollah) il comando è stato affidato a un Generale italiano per ben quattro volte. In particolare, il ruolo è stato ricoperto:
- dal Generale Claudio Graziano dal 2 febbraio 2007 al 28 gennaio 2010;
- dal Generale Paolo Serra dal 28 gennaio 2012 al 24 luglio 2014;
- dal Generale Luciano Antonio Portolano dal 24 luglio 2014 al 20 luglio 2016;
- dal Generale Stefano Del Col dal 7 agosto 2018 al 28 febbraio 2022.
Attualmente, inoltre, il comando del settore ovest di Unifil è affidato al Generale dell’Esercito italiano Stefano Messina dal 2 agosto 2024, al comando anche della Joint Task Force italiana in Libano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA