L’assistenza reciproca fra i coniugi non è solo un dovere morale, ma anche giuridico. Ecco cosa rischia chi non assiste il coniuge malato.
“In salute e in malattia” recita il rito religioso cattolico, esprimendo su questo punto un principio espresso anche dal Codice civile. Nella vita di tutti giorni ci si riferisce, infatti, al matrimonio come un evento di carattere simbolico e sentimentale, a volte dimenticando la sua connotazione formale e giuridica. I coniugi che si aiutano l’un l’altro in virtù dell’affetto che li lega, stanno in realtà compiendo gli obblighi di legge che impone loro l’istituto del matrimonio.
L’assistenza reciproca, sia materiale che morale, è infatti un vero e proprio dovere coniugale, che deve essere rispettato con molta attenzione soprattutto negli stati di maggiore necessità. Spesso si pensa solo all’aiuto economico, magari se uno dei coniugi perde il lavoro, ma l’assistenza coniugale va ben oltre questo concetto. Ecco che assistere il coniuge malato non è solo un’espressione di amore o solidarietà, ma una vera e propria prescrizione di legge, tantoché chi non lo fa rischia pesanti conseguenze.
Non assistere il coniuge malato, quando è reato
A fianco dell’aspetto civile che regola il matrimonio e suoi diritti e doveri, esistono anche una serie di circostanze che attengono alla materia penale. Questo, concretamente, significa che il venir meno ad alcuni obblighi configura un vero e proprio reato, punibile con la reclusione e l’ammenda.
In particolare, tra i coniugi vigono gli obblighi di assistenza familiare, determinati dall’articolo 570 del Codice penale, secondo cui:
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.
La normativa è estesa anche all’assistenza morale dall’articolo 570 bis del Codice penale, al fine di tutelare complessivamente le esigenze familiari. L’obbligo di assistenza, che come detto attiene anche al piano morale, è sempre vigente tra i coniugi, tanto più se uno di loro si ammala. Così, è doveroso assistere il coniuge malato in tutti i modi necessari, anche fornendo conforto e sostegno, oltre agli aiuti strettamente pratici.
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Ne consegue, che chi non assiste il coniuge malato rischia di essere denunciato e poi processato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. La violazione non coincide necessariamente con l’abbandono del domicilio, ma per l’appunto con qualsiasi condotta non conforme agli obblighi citati.
Bisogna poi considerare che, nel caso in cui il coniuge malato versi in uno stato di incapacità, anche se dovuta semplicemente alla vecchiaia, l’altro coniuge può essere accusato del reato di abbandono d’incapace. Quest’ultimo è regolato dall’articolo 591 del Codice penale, il quale prevede la reclusione fino a 5 anni (6 anni nel caso in cui all’abbandono segua la morte del soggetto incapace), ulteriormente aggravata se il reato è commesso dal coniuge.
Non assistere il coniuge malato, addebito della separazione e risarcimento danni
Sul piano civile, la violazione degli obblighi matrimoniali e l’abbandono del domicilio (entrambi o anche singolarmente) comportano l’addebito della separazione, con tutto ciò che ne consegue. Oltretutto, si apre per il coniuge malato o i suoi eredi la possibilità di richiedere un risarcimento danni per il reato subito dalla vittima malata.
La Corte di cassazione con l’ordinanza n. 1074/2017 ha difatti condannato il vedovo al pagamento di un risarcimento da 37.000 euro, in quanto aveva negato alla moglie gravemente malata qualsiasi forma di assistenza. Essendo poi la donna deceduta, proprio a causa della malattia, il risarcimento è stato richiesto e quindi concesso ai suoi eredi (con ovvia esclusione del marito).
Si ricorda, comunque, che gli obblighi di assistenza morale e materiale e quello di coabitazione sorgono parimenti anche fra le parti dell’unione civile, mentre vengono meno in seguito a separazione, divorzio, annullamento o scioglimento.
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