Entrare in casa dell’ex coniuge dopo la separazione può rivelarsi davvero una pessima idea e può perfino rappresentare un reato. Ecco quando e cosa si rischia.
La separazione non scioglie ancora il vincolo coniugale, ma elimina l’obbligo di fedeltà e quello di convivenza. Questo significa che gli ex coniugi sono autorizzati a vivere in case separate, ma ci si chiede come si rifletta questo diritto sulla casa coniugale. Quest’ultima viene di norma assegnata a uno dei due coniugi che ne ha diritto esclusivo, tanto che se l’altro tenta di entrarvi rischia di commettere un reato. Vediamo allora cosa rischia l’ex coniuge che entra in casa dell’ex senza o con il suo consenso.
Cosa rischia l’ex coniuge che entra in casa dopo la separazione e quando è reato
In seguito alla separazione avviene anche l’assegnamento della casa coniugale, il quale prescinde dalla proprietà dell’immobile dalla sua intestazione. L’ex coniuge assegnatario ha quindi diritto a vivere nella casa coniugale, con tutte le circostanze su cui ciò può riflettersi. Di conseguenza, l’ex coniuge titolare del diritto di abitazione ha diritto a utilizzarla in maniera esclusiva, si dice cioè che è titolare dello ius excludendi alios.
Questa locuzione latina è utilizzata dai testi giuridici per indicare la prerogativa che spetta al titolare di un rapporto di utilizzo con un’abitazione. Semplificando, chi ha diritto a utilizzare una casa per viverci può impedire l’accesso a qualsiasi altra persona, compreso il proprietario. Ecco perché l’ex coniuge che entra in casa senza il consenso dell’assegnatario commette il reato di violazione di domicilio, proprio come se entrasse nella casa di proprietà dell’ex che non è quella coniugale.
A confermare la regola vi sono diversi precedenti giurisprudenziali, tra i più recenti la sentenza n. 11242/2023 della Corte di cassazione. In quest’ultima occasione, la Cassazione ha condannato un uomo per violazione di domicilio proprio in occasione dell’intrusione nella casa assegnata all’ex moglie. La sentenza citata ha ribadito che la proprietà dell’immobile non è rilevante in tal proposito, così come nemmeno l’omologazione dell’accordo di separazione del tribunale.
Insomma, introdursi nella casa assegnata all’ex coniuge senza il suo consenso è un reato. Nella condanna, la Corte ha anche rilevato che il comportamento dell’uomo non era coerente con un possibile errore. L’ex marito, infatti, sosteneva di avere diritto ad accedere nella casa coniugale perché non era stato ancora raggiunto l’accordo di separazione consensuale. Ciononostante, l’uomo ha utilizzato condotte giudicate aggressive e pertanto ritenute incompatibili con la convinzione di poter ottenere l’accesso in via giudiziale.
Oltretutto, la Cassazione ha ribadito con questa sentenza un principio fondamentale, ricordando che anche in presenza di un diritto effettivo il titolare non è in alcun modo autorizzato a utilizzare la forza o le minacce per introdursi in casa. Per esempio, se nella vicenda trattata l’ex moglie non fosse stata assegnataria della casa ma avesse deliberatamente deciso di negare l’accesso al marito, quest’ultimo avrebbe dovuto ricorrere al giudice. L’uso di minacce e violenza non può infatti essere giustificato come esercizio di un diritto; perciò, anche in questa ipotesi l’uomo avrebbe ricevuto una condanna penale.
Entrare in casa coniugale dopo la separazione, cosa si rischia
La casistica affrontata e maggiormente rilevante ha preso in esame l’introduzione nella casa coniugale da parte dell’ex coniuge senza il consenso dell’assegnatario. Quest’ultimo può invece acconsentire a far entrare l’ex coniuge in casa, si tratta dell’altra faccia del diritto di esclusione. È evidente che in questo caso non si configura alcun reato, ciò però non significa che non ci siano degli effetti.
Visitare spesso l’ex coniuge o tanto più riprendere la convivenza può infatti essere indice di una riconciliazione, che fa venir meno la separazione e rende improcedibile il divorzio. Ovviamente, affinché questi elementi possano provare la riconciliazione è necessario che ci sia un’effettiva ricostruzione del vincolo coniugale. Vivere insieme dopo la separazione può anche essere dovuto a esigenze pratiche, che quindi non minano il raggiungimento del divorzio.
In particolare, secondo la Cassazione (sentenza n. 27386/2014):
Per interrompere gli effetti della separazione ai fini della dichiarazione di scioglimento del matrimonio, la ripresa della convivenza non deve essere caratterizzata da temporaneità, essendo necessaria una concreta ricostruzione del preesistente vincolo coniugale nella sua peculiare essenza materiale e spirituale.
Questo non rappresenta un problema quando i coniugi sono d’accordo sulla riconciliazione o, al contrario, sul proseguimento della separazione. Altrimenti è necessario provare che non vi è nessuna riconciliazione in corso, semplice quando non ci sono particolari interessi in gioco (ad esempio uno dei due dichiara di voler proseguire con il divorzio), ma ostico quando esistono altri interessi. È il caso delle separazioni fittizie, che alcuni impiegano per ripararsi dai debiti, e che possono così essere impugnate dai creditori.
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