La variante Omicron, dopo mesi di sottovalutazione, torna a preoccupare gli esperti. La prudenza non è mai troppa, soprattutto quando la percentuale di rischio aumento. Ecco cosa sappiamo.
Il Covid-19 non smette di essere uno degli argomenti che tiene più banco in Italia. Sarà perché ogni settimana, all’uscita dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità si spera di leggere che ormai la pandemia è finita, ma non è mai così. In particolare ad attirare l’attenzione di esperti e giornali è stata la percentuale di reinfezione. Questa percentuale, che per la prima volta ha un reale impatto sulla curva epidemiologica, è in aumento.
Nelle precedenti settimane di indagini dell’ISS il dato più evidente era il dominio costante della variante Omicron, nella sua sottovariante BA.2 e la presenza di nuove sottovarianti su tutto il territorio. Delle varianti Omicron 4 e 5 sappiamo che penetrano più facilmente nei soggetti, anche tra i vaccinati, per una combinazione di maggior capacità di diffusione e calo della protezione. A oggi infatti i vaccini potrebbero arrivare a proteggere da BA.4 e BA.5 per appena il 10%.
Non è quindi un caso se la percentuale di reinfezione sta aumentando. Come per la variante Omicron, la possibilità di contrarre nuovamente il virus a distanza di poco tempo è ancora più concreta, soprattutto nei soggetti con prima diagnosi da oltre 210 giorni o vaccinati con una dose da oltre 120 giorni. Anna Teresa Palamara, dirigente del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, ha spiegato che la variante Omicron si è sempre comportata in questo modo, fin dalle sue prime apparizioni e che, fortunatamente, i casi di reinfezione - per quanto in aumento - non sono associati a ospedalizzazioni o malattia grave.
Percentuale reinfezione da Covid-19 in aumento: cosa dice il report dell’Iss
Fino a oggi la percentuale di reinfezione da Covid-19, in particolare della variante Omicron, è pari al 3,6% dei casi totali notificati, che in numeri sono 438.726 casi. Il dato emerso nell’ultimo report, e che porta gli esperti a parlare di comportamento prudente e responsabile, è quello relativo alla percentuale di reinfezione nell’ultima settimana di monitoraggio (6 maggio-12 maggio 2022). Questa percentuale fa segnare un aumento del +5,8% rispetto al 5% della settimana precedente. Non un dato allarmante, ma comunque da monitorare, perché non segna un declino delle reinfezioni, ma un lento e costante aumento.
Per quanto meno gravi e associate a un rischio più basso di ospedalizzazioni, viene richiesto un comportamento prudente, soprattutto alle soglie di un’estate che si annuncia potrebbe essere senza restrizioni.
I soggetti a rischio reinfezione sono principalmente quelli con prima diagnosi oltre i 210 giorni e in numero minore a chi ha avuto la prima diagnosi fra i 90 e i 210 giorni. Inoltre si può notare un aumento di reinfezione nei soggetti non vaccinati o vaccinati con una sola dose da oltre 120 giorni e in particolar modo negli operatori sanitari e nella fascia d’età più giovane, dai 12 ai 49 anni.
Report Iss sul Covid-19: quali altri dati emergono dall’ultimo monitoraggio
Dal nuovo monitoraggio dell’Iss emergono dati piuttosto incoraggianti per quanto riguarda la diminuzione dell’incidenza, che già la scorsa settimana si attestavano sotto la soglia epidemica. In diminuzione anche il tasso di occupazione dei posti letto in aerea medica e il tasso di occupazione in terapia intensiva, che scala al 3,8% rispetto al 3,9% del 3 maggio.
L’impatto della pandemia è decisamente più controllabile rispetto a pochi mesi fa, in particolar modo grazie ai vaccini su tutte le fasce d’età. Anche se l’ultimo report è piuttosto positivo, gli esperti sono restii ad abbonare comportamenti prudenti, quindi uso di mascherine ove necessario, igiene delle mani e assembramenti ridotti. Dopotutto le nuove varianti mettono a rischio l’immunità di gregge non ancora raggiunta, ma tanto sognata.
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