Economia globale in bilico tra crollo delle nascite e boom demografico. Esiste una terza via?
Siamo e saremo troppi o troppo pochi su questa Terra? Le opinioni sono discordanti, dipende molto da che punto di vista si guarda alla questione della crisi demografica.
Un intervento interessante sul tema è stato certamente quello del Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres in occasione della Cop27, tenutasi a novembre 2022. Il funzionario aveva infatti manifestato evidente preoccupazione per il raggiungimento della cifra tonda della popolazione terrestre - ad oggi infatti siamo 8 miliardi.
Le sue perplessità erano legate prevalentemente a dinamiche ambientali, ma in realtà ci sono anche altri aspetti di natura sociale ed economica da considerare per un bilanciamento completo. Capiamo quali sono in questo articolo.
I rischi della sovrappopolazione
Che crisi demografica e crisi climatica siano due emergenze profondamente interconnesse è innegabile: il numero di persone su questo pianeta è direttamente proporzionale all’emissione di gas a effetto serra e - perciò - all’innalzamento delle temperature.
Questo problema tocca in particolar modo i processi d’innovazione, crescita ed espansione che totalizzano la realtà dei Paesi in via di sviluppo, oggi allineati alle tecniche industriali che al tempo portarono l’Occidente verso la piena industrializzazione. Ma c’è dell’altro. La sovrappopolazione è un concetto che indica la situazione in cui la popolazione umana supera la sostenibilità ambientale anche in termini di risorse disponibili generando urbanizzazione disordinata, povertà e contribuendo ad acuire le disuguaglianze sociali.
La sovrappopolazione può mettere pressione sui servizi sociali quali istruzione, assistenza sanitaria e assistenza sociale aumentando le tensioni sociali e politiche. Non di meno si parla di pressione sulla produzione alimentare e, per rispondere al crescente fabbisogno pratiche, di estrazione intensiva delle risorse che possono portare alla perdita di habitat, all’estinzione di specie e all’alterazione degli ecosistemi.
Meno giovani, più crisi economiche
Ci sono però altrettanti rischi nella prospettiva del crollo delle nascite. Anzi, guardando in prospettiva, il picco degli 8 miliardi potrebbe vedere una retrocessione, con una vera e propria inversione di rotta.
Come riportato dagli studiosi del The Economist, prima della fine di questo secolo, il numero di persone sul pianeta potrebbe ridursi per la prima volta dalla peste nera e la causa principale sarebbe proprio la contrazione del tasso di fertilità, ovvero il numero medio di nascite per donna. Si pensi che nel 2000 il tasso di fertilità mondiale era di 2,7 mentre oggi è 2,3 e sta diminuendo sia in America, Cina e India, che insieme rappresentano più di un terzo della popolazione mondiale, che in Africa.
Questo fenomeno sul lungo andare darà origine a fenomeni dall’alto impatto economico. L’invecchiamento della popolazione infatti può dar vita sfide complesse per i sistemi sanitari e previdenziali ma anche per l’economia globale. Tra i tanti fattori il quotidiano sottolinea un aspetto in particolare: l’ «intelligenza fluida» tipica dei giovani e che, con il crollo delle nascite, verrebbe meno condizionando l’intero progresso umano.
Gli psicologi utilizzano infatti questo termine per definire la capacità di pensare in modo creativo e risolvere i problemi in modi completamente nuovi. Quel che è stato notato è che però i Paesi più anziani portano quegli stessi giovani ad essere intraprendenti e meno a loro agio nell’assumersi rischi, componente essenziale delle più grandi scoperte. In breve, senza crescita demografica e un tasso equo di sostituzione assisteremmo ad un declino dell’innovazione della nostra specie.
Come progettare il futuro
Rispondere a questi interrogativi di portata globale è complesso, anche solo dal punto di vista teorico.
Per affrontare il rischio demografico in un senso e nell’altro la maggior parte degli osservatori però sono concordi rispetto all’importanza di un’azione coordinata rispetto allo sfruttamento delle materie prime ma anche di una pianificazione familiare e scolastica diffusa e più accessibile. Processi articolati e progressivi che necessitano però di un’attenzione preventiva e non riparativa.
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