Crisi energetica, niente price cap o fondo Ue e forniture di gas a rischio: cosa farà il governo Meloni?

Giacomo Andreoli

13/12/2022

Secondo l’Ue le forniture di gas per il Vecchio Continente il prossimo anno sono a rischio, ma si continua a litigare su price cap e fondo anti crisi energetica. Meloni: “Pronti a fare da soli”.

Crisi energetica, niente price cap o fondo Ue e forniture di gas a rischio: cosa farà il governo Meloni?

Anche se gli italiani stanno risparmiando parecchio gas, scongiurando per ora il blackout, la crisi energetica non accenna a fermarsi e dall’Unione europea non arriva ancora alcuna risposta. Tra i Paesi membri, infatti, è ancora stallo sul price cap, mentre la Commissione ammette che il prossimo inverno potremmo non avere abbastanza forniture di gas. Per questo chiede l’istituzione di un fondo di sovranità europeo.

Ma di qualcosa che anche lontanamente somiglia a un Energy Recovery Fund stati come Germania e Olanda non vogliono nemmeno sentir parlare. Anche per questo Giorgia Meloni è intervenuta dicendo che, se la situazione va avanti così, per cercare abbassare i prezzi di gas e luce in bolletta interverrà direttamente il governo italiano.

La presidente del Consiglio si mostra così fiduciosa, ma i soldi nelle casse dello Stato sono ben pochi. Gli aiuti varati finora valgono più di 20 miliardi di euro e scadono a fine marzo, con problemi non indifferenti ad aprile, come spiegato a Money.it da Matteo Giacomo Di Castelnuovo, docente di Practice Sustainability alla Bocconi. Ci sono davvero altri fondi a disposizione? E cosa può fare di efficace l’Italia se dall’Ue non arriva né il tetto al prezzo del gas né un nuovo tesoretto per interventi mirati?

Gas, nel 2023 forniture a rischio

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha confermato le previsioni negative dell’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia: nel 2023 il Vecchio Continente potrebbe ritrovarsi con 30 miliardi di metri cubi di gas in meno. Insomma, per le mutate condizioni internazionali riempire gli stoccaggi sarà difficile e, visto che le riserve sono fondamentali per affrontare l’inverno, ci potrebbero essere dei problemi. Tradotto: potrebbero scattare i razionamenti di massa.

Per questo e per rispondere alla legge statunitense per la riduzione dell’inflazione (Ira), la Commissione europea sta lavorando a una serie di proposte, tra cui il potenziamento “nel breve periodo del RePowerEu per gli investimenti green e “nel medio termine” la creazione di un “fondo di sovranità per garantire che l’Ue continui a essere leader nel settore energetico”.

Entro marzo, poi, secondo Von der Leyen l’Ue ha la possibilità di presentare la prima domanda aggregata di energia, ma per farlo serve un accordo sulle nuove regole del pacchetto proposto dalla Commissione, tra cui il price cap e la riforma del mercato Ttf di Amsterdam.

Caro-bollette, nessun accordo sul price cap europeo

Sul tetto al prezzo del gas, però, non c’è ancora alcun accordo e la strada è decisamente in salita. Dopo mesi e mesi di negoziati sui tavoli europei si è tornati praticamente al punto di partenza. Alla riunione straordinaria del Consiglio Energia dell’Ue, infatti, le posizioni dei Paesi membri sono molto distanti.

Da una parte gli Stati del Sud, tra cui Italia, Spagna e Francia, assieme a Polonia e Belgio, che puntano a un tetto al prezzo del gas stringente su tutte le forme di metano. Dall’altra Germania, Olanda e Ungheria, che frenano per motivi diversi: paura che i propri rifornimenti in parte vengano meno, timore che il mercato Ttf di Amsterdam perda importanza o vicinanza con la Russia di Putin.

L’ultima offerta di mediazione è quella della Repubblica ceca: un price cap a 200 euro al megawattora 35 euro di spread con il Gnl per 3-5 giorni, ma non sembra convincere a pieno nessuna delle parti in campo. Poco importano le rassicurazioni offerte da Von der Leyen su questo inverno, in cui saremmo “al sicuro” grazie al riempimento delle scorte oltre il 90%: le paure sono tutte per il 2023.

Fonti diplomatiche europee spiegano all’Ansa che a questo punto “la volontà di alcuni Stati membri di raggiungere un accordo” a quest’ora “non è quella che ci si aspettava”. Insomma, raggiungere un accordo entro Natale, quindi al massimo nella riunione del 19 dicembre, sembra davvero difficile. In teoria basterebbe una maggioranza qualificata, ma dare l’ok con il secco “no” di Germania e Olanda è politicamente impossibile.

Crisi energetica, cosa può fare l’Italia senza l’Ue

Meloni ha spiegato che “se le misure europee dovessero tardare o essere inefficaci” allora saremmo costretti a “intervenire al livello nazionale. Senza l’Unione europea, però, il nostro governo avrebbe le mani legate. Quello che si potrebbe fare è un disaccoppiamento nazionale tra il prezzo dell’energia elettrica e quello del gas, con apposite risorse dedicate.

Ci sarebbe poi l’opzione di un tetto nazionale parziale al prezzo dell’energia elettrica o del gas. Se si attuasse l’idea dell’ex ministro Roberto Cingolani, ad esempio, si consentirebbe la vendita diretta energetica elettrica prodotta da fonti rinnovabili e ritirata dal Gse per le imprese energivore. Vorrebbe dire acquisire dei terawattora aggiuntivi che dovrebbero poi essere destinati alle famiglie. Il costo per lo Stato potrebbe arrivare fino a 5 miliardi.

Un tetto totale al prezzo del gas a livello italiano sarebbe invece molto più costoso o rischierebbe di essere inefficace vista la differenza di prezzo che si verrebbe a creare con il resto d’Europa. Le forniture, insomma, andrebbero là dove le porta il prezzo.

Gas e luce, scattano i razionamenti?

Altrimenti c’è la via di anticipare i razionamenti, diminuendo ancora i consumi di gas. Ad oggi, rispetto a un anno fa (dicembre 2021), abbiamo consumato oltre il 25% in meno di gas. Secondo il professor Di Castelnuovo bisognerebbe spingere “su azioni volontarie di risparmio energetico, cercando di non ridurre l’attività economica: quindi un razionamento autocontrollato, poi dove non arriva il consumatore deve arrivare il razionamento anche dall’alto”.

Senza queste azioni, secondo l’esperto, il rischio è di mantenere lo squilibrio tra domanda e offerta di gas e per questo avere presto una nuova crisi. “Nel momento in cui la domanda dovesse impennarsi - tuona - magari per un’avvenuta ripresa economica dopo i segnali di recessione, ci ritroveremmo in ogni caso da capo a dodici”.

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