Gli investitori temono un nuovo crollo dei mercati finanziari. Ecco delle motivazioni a sostegno delle preoccupazioni degli esperti e altrettante a favore di una crescita del prezzo dei mercati.
Ad oggi regna una strana calma sui mercati finanziari. Risulta sempre più complicato capire se all’orizzonte vi è una profonda recessione economica e quindi un crollo dei mercati, oppure se il mondo finanziario si stia dirigendo verso un nuovo trend rialzista, noncurante degli scossoni.
Per questo motivo in Money.it abbiamo deciso di mettere in ordine le diverse view e le caratteristiche del contesto attuale, individuando tre motivi per cui un crollo dei mercati sarebbe ormai imminente, accompagnati da tre motivi per cui non preoccuparsi minimamente.
3 motivi per cui un crollo dei mercati sarebbe in arrivo
1. La crisi del comparto bancario
La prima questione che preoccupa molto gli analisti è quella relativa al contesto bancario globale, specialmente per quanto riguarda le economia occidentali. Il mese scorso le turbolenze bancarie hanno colpito i mercati finanziari comportando importanti ribassi. Questo ha causato il crollo di diversi istituti di credito regionali e ha suscitato preoccupazioni per l’intero mercato creditizio. A sconvolgere gli analisti è stato il fatto che questa paura è letteralmente spuntata dal nulla in quanto, fra i rischi monitorati a inizio marzo dagli hedge fund, il rischio del credit crunch non era stato neanche menzionato. La cosa che stupisce è che, nonostante i mercati abbiano recuperato quella perdita, il FMS Growth Expectation di BofA, un indicatore elaborato dalla Bank of America che fornisce una stima delle aspettative di crescita economica globale tra i suoi clienti istituzionali, è ai minimi storici.
2. La recessione
Ed è qui che entra in gioco la seconda grande paura degli investitori: la recessione. Gli esperti si aspettano un susseguirsi di trimestri in cui il PIL statunitense si contrarrà, dando inizio a una forma di recessione detta tecnica che potrebbe avere una certa rilevanza per gli operatori del mercato, specialmente se accompagnata da una forte stretta creditizia delle banche in parallelo a un mercato del lavoro in peggioramento.
3. La de-dollarizzazione
In USA infine, i funzionari economici si trovano costretti a dover affrontare un crescente problema che sembra prendere sempre più piede, specie a livello mediatico: la de-dollarizzazione. Sebbene l’abbassamento del prezzo del dollaro possa in parte giovare il commercio degli Stati Uniti, quando si parla di de-dollarizzazione si fa riferimento al tentativo dei Paesi emergenti di ridimensionare la supremazia del dollaro. In particolare la questione sembra riguardare la Cina e la Russia che hanno tutte le loro motivazioni per incentivare l’abbandono del dollaro USA come valuta di riserva mondiale. Ciò che è accaduto in Russia sembra essere servito da lezione anche per altri Paesi, intimoriti dal fatto che il dollaro possa essere usato dagli Stati Uniti come un’arma politica.
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3 motivi per stare tranquilli
1. Il mercato sta già scontando la ripresa
Molti altri esperti invece si mostrano fiduciosi riguardo il futuro. Alla base di questa convinzione vi è proprio l’andamento dei mercati finanziari stessi: anche con il crollo della Silicon Valley Bank e la questione relativa al caso Credit Suisse, il mercato ha risposto con fermezza recuperando le perdite.
Nonostante il contesto attuale, il mercato sconta aspettative positive, fiducioso del fatto che anche questa volta il recupero sarà solo una questione di tempo, proprio come accaduto sempre nell’ultimo secolo. Secondo alcuni esperti, la recessione e il crollo del sistema finanziario occidentale sono stati dati così tanto per scontati che il mercato ha deciso di iniziare già da ora a scontare la ripresa economica.
2. Le rassicurazioni della Fed
Un secondo fattore a supporto di questa fazione sono le stesse parole pronunciate dal presidente della Federal Reserve Powell a seguito della riunione scorsa del FOMC: la Fed farà tutto ciò che serve per salvaguardare il sistema bancario. Non a caso, non ha esitato a interrompere il QT, facendo schizzare su nuovi massimi la quantità di moneta M2 in circolazione.
In sintesi, il sistema finanziario statunitense non ha incentivi a mantenere basse le quotazioni dei mercati finanziari, se non al fine di ridimensionare il tasso d’inflazione, variabile che sembra mantenere un trend decrescente ormai da mesi.
3. Le aspettative sui tassi di interesse
Ed è qui che entra in gioco il terzo fattore, le aspettative sui tassi di interesse. La prosecuzione del trend decrescente del tasso d’inflazione per molti dovrebbe essere una cosa preoccupante. La domanda che secondo gli esperti la banca centrale dovrebbe porsi è: «una volta raggiunto il target del 2%, saremo in grado di sostenere un ritmo economico tale da non provocare problemi deflazionistici?».
Per tale ragione, secondo molti, di fronte a questi ritmi di abbassamento del tasso d’inflazione, la Fed non solo potrebbe abbassare in maniera anticipata rispetto alle previsioni i tassi d’interesse, ma probabilmente si troverà costretta dall’economia stessa a farlo.
Mercati: ad oggi è calma piatta
La pubblicazione dei risultati delle prime trimestrali non ha avuto un impatto significativo su Wall Street. I grandi istituti bancari hanno infatti condiviso risultati conformi alle aspettative e, nonostante i primi dati sui tecnologici lascino a desiderare, sul mercato vi è calma piatta.
Lo dimostra l’indice Vix che torna a 16,8 punti, i minimi registrati all’inizio del 2022. Anche l’indice MOVE, che monitora la volatilità nel mercato dei bond, sembra muoversi verso territori ribassisti, comunicando molta tranquillità sul mercato obbligazionario.
Pure in Europa la situazione si mostra quieta, con l’Evz, indice di volatilità europeo, in forte correlazione con il Vix, nonostante le recenti turbolenze economiche riguardanti il settore bancario. Persino l’investitore di fama mondiale Michael Burry ha ritirato i propri pronostici riguardo un possibile disastro epocale tramite il proprio canale Twitter, sostenendo di essersi sbagliato. Successivamente il tweet è stato eliminato, come del resto ogni altro post presente sul suo profilo.
— Michael Burry Archive (@BurryArchive) March 30, 2023
“Sbagliavo a dire di vendere”.
Questo non è stato il suo unico commento riguardante l’attuale situazione finanziaria: Burry ha sostenuto in passato che la generazione di questo decennio ha avuto un’anomala capacità di riuscire ad acquistare durante i ribassi, alludendo probabilmente al fatto che nonostante i financials non comunichino stabilità, il mercato ha reagito bene ai crolli a causa della propensione degli investitori al «buy the deep» (BTD).
— Michael Burry Archive (@BurryArchive) March 30, 2023
“Tornando indietro al 1920, non c’è mai stata una generazione (buy the deep) come voi. Congratulazioni.”
In sostanza, al momento ci troviamo in una vera e propria situazione di stallo.
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