Il crowdfunding è indubbiamente un settore in salute, lo dimostrano i dati di raccolta delle piattaforme specializzate. Proprio per questo Money.it ha deciso di approfondire l’evoluzione delle campagne in raccolta su CrowdFundMe e Mamacrowd, mettendone così in relazione i diversi stili di investimento dei propri utenti
Il crowdfunding è indubbiamente un settore in salute, lo dimostrano i dati di raccolta delle piattaforme specializzate: il record del 2018 di 36 milioni di euro è già stato superato agevolmente nel corso di questo 2019. A fine giugno i finanziamenti avevano superato la soglia degli 82 milioni di euro.
Oltre alla possibilità di prendere posizione su alcune start-up che potenzialmente potrebbero cambiare i paradigmi dei loro settori di riferimento, a sostenere l’equity crowdfunding contribuisce in maniera fattiva l’agevolazione fiscale prevista per start-up e PMI innovative.
Nel concreto, per poter investire in queste società i risparmiatori devono affidarsi ai servizi offerte dalle piattaforme di crowdfunding. Quelle autorizzate da CONSOB sono 34. Alcune di esse non hanno ancora visto partire progetti concreti, altre stanno vivendo un momento transitorio e solo poche di queste sono per il momento a emergere e a catalizzare l’interesse degli investitori.
Sul fronte specifico dell’equity crowdfunding, considerando il numero di progetti proposti nel tempo e i valori delle raccolte portate a termine con successo, Mamacrowd e CrowdFundMe appaiono per il momento le due piattaforme leader del mercato italiano.
Piattaforma diversa, stile diverso
Money.it ha così deciso di approfondire l’evoluzione delle campagne in raccolta sulle due piattaforme, mettendone così in relazione i diversi stili di investimento dei propri utenti. Per questa analisi sono state prese in considerazione solo le campagne chiuse con successo, che dunque hanno raggiunto o superato l’obiettivo minimo. In tal senso, l’88,40% dei progetti che cercano di finanziarsi su Mamacrowd raggiunge l’obiettivo. Su CrowdFundMe la percentuale è pari al 72%.
Sono indubbiamente entrambi numeri di rilievo, ma quale è l’evoluzione tipica di una campagna di successo su questi due portali? Chi raggiunge prima l’obiettivo minimo di raccolta? Vi sono delle differenze strategiche?
Lo studio fa emergere alcune differenze strategiche che caratterizzano i due portali di equity crowdfunding e le rispettive campagne, in primis il lasso di tempo impiegato per raggiungere l’obiettivo minimo della campagna, indicato in questo caso con il 100%. Al fine di rendere omogeneo lo studio ed eliminare le differenze dovute dalle diverse durate in giorni delle campagne, è stato calcolato l’andamento percentuale della campagna dividendo il numero ordinale del giorno per il totale dei giorni della campagna. Se la campagna dura 60 giorni, il giorno 2 si calcola con 2/60, ossia il 3%.
La prima indicazione che si ricava, vedasi in tal senso i grafici 1 e 2, è che l’obiettivo minimo di raccolta viene raggiunto con tempistiche diverse. CrowdFundMe tende a raggiungere il 100% verso metà della campagna (47% circa) mentre Mamacrowd arriva a questo risultato molto prima, a circa il 13% del periodo di raccolta.
Grafico 1
Grafico 2
Oltre alla velocità con cui le società vanno a target su una e sull’altra piattaforma, interessante notare l’andamento della raccolta durante tutto il periodo di offerta. Se Mamacrowd ha un andamento più frastagliato, caratterizzato da picchi di raccolta e da periodi di sostanziale fermo, CrowdFundMe è contraddistinta da un andamento molto lineare.
In questo caso, i grafici 3 e 4 mostrano gli investimenti, in percentuale dell’obiettivo minimo, confermati giorno per giorno. Dalle immagini si può notare come anche in questo caso le due strategie seguano un andamento completamente diverso.
Grafico 3
Grafico 4
Mamacrowd, confermando la capacità di arrivare prima al target minimo di raccolta, parte più forte per poi vivere momenti di fermo e di picco che portano ad avere un andamento poco lineare. CrowdFundMe invece vede aumentare gli investimenti, in maniera molto più costante e lineare, quindi durante tutto il periodo della raccolta.
Come mai queste differenze?
Le indicazioni emerse dall’analisi portano dunque a questa riflessione: le campagne promosse su Mamacrowd sembrano poter contare su una serie di investimenti pre-concordati (tecnicamente pre-commitment) che vengono effettuati all’inizio della raccolta e che permettono di raggiungere in un tempo limitato l’obiettivo minimo, quelle su CrowdFundMe no.
La prima strategia consente di dare più sicurezza alla società in raccolta di raggiungere la quota stabilità e di evitare che, come accade per le campagne che non raggiungono l’obiettivo minimo, si debbano restituire i soldi impiegati agli investitori. La seconda spingere le società in raccolta ad adottare una comunicazione attiva per tutta la durata della campagna per poter andare a target. Oltre a puntare su una comunicazione continuativa e attiva durante tutta la campagna, CrowdFundMe accompagna in tal senso società e investitori anche dopo il termine del periodo di raccolta, così come dimostra la rubrica dei successi della piattaforma fondata da Tommaso Baldissera Pacchetti.
Considerando la durata delle campagne di equity crowdfunding, gli elementi emersi dallo studio consentono di osservare come gli investitori presenti su CrowdFundMe facciano più attenzione anche al tempo in cui il capitale rimane bloccato. Se investo in una raccolta al suo inizio e poi la campagna non si chiude con successo, il rischio è quello di aver tenuto fermo il proprio capitale per due mesi. Se invece investo verso la sua fine o quando vi è la certezza di essere arrivati all’obiettivo minimo, questo rischio si riduce significativamente. Al netto che comunque, come emerso dallo studio, le campagne di CrowdFundMe sono caratterizzate da una linearità e costante crescita di interesse e raccolta.
Va infine evidenziato, e questo riguarda le raccolte presenti su tutte le piattaforme abilitate, che le campagne vanno comunque monitorate costantemente. L’investitore che volesse aspettare l’ultimo momento per impegnarsi ad acquistare una quota della start-up in raccolta potrebbe rischiare di non poterlo fare qualora l’obiettivo massimo fosse raggiunto in anticipo.
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