La delibera assembleare (condominiale) adottata in violazione delle norme di legge e di regolamento è invalida: ecco cosa comporta e come fare causa al condominio.
L’assemblea condominiale è la sede dove vengono adottate tutte le decisioni inerenti all’amministrazione del condominio, ad esempio, dal punto di vista contabile (approvazione bilanci, approvazione preventivi e consuntivi di spesa, ecc.) o con riguardo alle opere di manutenzione (quali lavori di ristrutturazione degli spazi comuni, manutenzione del verde, scale e ascensori e così via).
Ogni condomino, ossia ogni proprietario di un appartamento ricompreso nel condominio, è chiamato a partecipare alle assemblee convocate dall’amministratore per esprimere il proprio voto in ordine a tali decisioni.
Viene così adottata una delibera assembleare riguardante l’ordine del giorno; tuttavia, essa non sempre è valida, ben potendo risultare non conforme alla normativa vigente in materia.
Si parla, al riguardo, di delibera assembleare “viziata” e, dunque, invalida: vediamo, in breve, di cosa si tratta e come fare causa al condominio per ottenerne l’annullamento.
Causa al condominio per delibera illegittima: indice
Le tipologie di invalidità della delibera
Le decisioni adottate dall’assemblea condominiale sono vincolanti per tutti i condomini, ivi compresi coloro che non hanno partecipato all’assemblea oppure che, pur partecipando, hanno espresso un voto contrario o si sono astenuti:
“Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.”
(art. 1137, comma 1, c.c.)
Al riguardo, la legge prevede una serie di maggioranze necessarie alla valida costituzione dell’assemblea e all’approvazione delle delibere, che possono variare a seconda del suo oggetto.
Così, ad esempio, l’art. 1136, comma 1 del Codice civile dispone che l’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
In caso di valida costituzione, lo stesso articolo stabilisce che sono valide le deliberazioni approvate a maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.
Esistono poi altre maggioranze a seconda del tipo di delibera che deve essere adottata.
Ebbene, una volta raggiunta la maggioranza stabilita dalla legge, la delibera, come detto, sarà obbligatoria nei confronti di tutti i condomini.
Tuttavia, può accadere che, nonostante l’approvazione, la decisione adottata dal condominio risulti invalida perché contraria a norme di legge o di regolamento e, pertanto, soggetta a impugnazione.
La normativa di riferimento è contenuta, in primo luogo, nell’art. 1137, comma 2, c.c., secondo cui:
“Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.”
In altre parole, è sempre ammessa l’impugnazione delle delibere condominiali contrarie alla legge o al regolamento, al fine di ottenerne l’annullamento da parte dell’autorità giudiziaria.
Occorre tuttavia distinguere due tipologie di invalidità della delibera:
- l’annullabilità;
- la nullità.
La distinzione tra le due ipotesi ha importanza decisiva, poiché, nel primo caso, la delibera potrà essere impugnata unicamente dai condomini assenti, astenuti o dissenzienti ed entro un termine perentorio; nel secondo caso, non esistono limiti rispetto ai condomini legittimati ad agire, così come non vi sono termini per attivarsi.
Nei paragrafi che seguono cercheremo di illustrare, più nel dettaglio, queste due tipologie di invalidità.
L’annullabilità
L’annullabilità riguarda i casi di non conformità alla legge o al regolamento di condominio meno gravi, che possono, cioè, essere sanati con il passaggio del tempo e con l’acquiescenza da parte dei condomini che non hanno proposto impugnazione entro i termini e nei modi previsti dalla legge.
In particolare, in base all’art. 1137, c.c., la delibera affetta da questo tipo di invalidità deve essere impugnata entro il termine perentorio di 30 giorni; in caso contrario, il vizio si considera sanato e la delibera pienamente efficace nei confronti di tutti i condomini.
In questo caso, l’unica possibilità per i condomini in disaccordo con la decisione viziata è quella di ottenerne la revoca da parte dell’assemblea condominiale, attraverso l’adozione di una nuova delibera di senso opposto.
Oltre a quello temporale, un altro limite per far valere questo tipo di vizio riguarda la legittimazione ad agire: secondo la norma, infatti, la delibera affetta da annullabilità può essere impugnata unicamente dai condomini astenuti, dissenzienti o assenti.
Rispetto agli astenuti (coloro che hanno preso parte all’assemblea ma non hanno votato) e ai dissenzienti (coloro che hanno espresso un voto contrario), il termine per impugnare la delibera decorre dal giorno della sua adozione.
Per quanto riguarda i condomini assenti, invece, il termine decorre dalla data di comunicazione del verbale di assemblea.
Ma quali sono, esattamente, le cause di annullabilità della delibera?
Lo hanno chiarito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affermando che:
“,…, devono […] qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto.”
(Cass. civ. SS.UU. n. 4806/2005)
Quindi, riassumendo, secondo la giurisprudenza, l’annullabilità della delibera si ha quando:
- l’assemblea non si è regolarmente costituita;
- la delibera è stata adottata con una maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento;
- esistono vizi di forma attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea;
- esistono irregolarità attinenti al medesimo procedimento;
- la delibera è stata adottata in mancanza della maggioranza qualificata richiesta dalla legge.
In altri termini, si tratta di vizi attinenti alla regolarità del procedimento di formazione della delibera oppure riguardanti la mancata osservanza di requisiti formali.
La nullità
Le cause di nullità della delibera condominiale riguardano vizi gravi che, in quanto tali, non possono essere sanati.
Secondo le stesse Sezioni Unite, devono qualificarsi nulle:
“,…, le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all’oggetto.”
(Cass. SS.UU. n. 4806/2005 cit.)
In sintesi, secondo la Cassazione, si può parlare di nullità in caso di delibere:
- prive degli elementi essenziali;
- con oggetto impossibile o illecito (ossia contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume);
- con oggetto non rientrante nella competenza dell’assemblea;
- che incidono sui diritti individuali o sulla proprietà esclusiva dei condomini.
Come anticipato, l’azione di nullità non è soggetta a termini di decadenza né a limiti riguardo ai soggetti legittimati ad agire: essa può essere fatta valere in ogni momento e da chiunque vi abbia interesse.
Vediamo ora, in breve, come funziona la causa per impugnare la delibera invalida.
Come fare causa e impugnare la delibera
Per impugnare la delibera condominiale illegittima occorre avviare una specifica causa denominata “azione di annullamento”; a tal fine, sarà ovviamente indispensabile l’assistenza tecnica di un legale.
È bene sapere che, prima di poter introdurre il procedimento davanti all’ufficio giudiziario competente, è obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione presso un organismo di mediazione.
La materia condominiale è, infatti, tra quelle per cui la legge (art. 5, D. Lgs. n. 28/2010) prevede l’obbligo della mediazione a pena di improcedibilità del giudizio.
In questa fase, le parti (il condomino interessato e il condominio rappresentato dall’amministratore), tentano di raggiungere un accordo al fine di evitare l’avvio del contenzioso giudiziale.
In caso di mancato raggiungimento dell’accordo o di non adesione del condominio al procedimento di mediazione, il legale potrà avviare la causa davanti al Tribunale o al Giudice di pace, a seconda del valore della domanda.
A questo fine, egli dovrà predisporre un atto introduttivo; al riguardo, le Sezioni Unite hanno stabilito che la forma da utilizzare è quella dell’atto di citazione (Cass. civ. SS. UU. n. 8491/2011).
Questo tipo di atto deve contenere (art. 163, c.p.c.):
- l’indicazione dell’ufficio giudiziario presso cui è presentata la domanda;
- il nome, cognome e le altre generalità delle parti;
- l’oggetto della domanda;
- l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento di quest’ultima;
- le conclusioni;
- le prove di cui intende avvalersi chi agisce in giudizio;
- il nome, cognome, codice fiscale, indirizzo, recapiti e firma dell’avvocato.
Con lo stesso atto, il legale inviterà il condominio (che assume la qualifica di convenuto) a costituirsi in giudizio entro i termini, nelle modalità e con le forme previste dalla legge; al contempo, indicherà la data in cui si terrà l’udienza davanti al giudice adito.
Tale data è spesso soltanto indicativa perché, normalmente, l’udienza viene differita dall’ufficio giudiziario presso cui è iscritta la causa.
Successivamente, l’atto di citazione dovrà essere notificato al condominio presso l’amministratore.
A seguito della notifica dell’atto, il legale provvederà a iscrivere a ruolo il procedimento depositando nella cancelleria del giudice l’atto notificato insieme ai documenti posti a sostegno della domanda.
Seguirà una prima udienza di discussione, un’eventuale fase istruttoria e, infine, una fase decisoria, al termine della quale il giudice deciderà se accogliere, o meno, la domanda di annullamento.
È bene tuttavia precisare che l’avvio della causa di impugnativa della delibera non ne sospende l’efficacia.
A stabilirlo è il comma 3 dell’art. 1137, c.c., a mente del quale:
“L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria.”
Ciò significa che, durante il giudizio contro la delibera, questa rimane valida e pienamente vincolante per tutti i condomini, che potrebbero anche decidere di porla in esecuzione.
Tuttavia, laddove il condomino interessato possa subire un danno dall’immediata esecuzione della delibera, egli avrà facoltà di presentare un’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva allo stesso giudice chiamato a decidere sull’impugnazione, oppure depositando un apposito ricorso cautelare.
In quest’ultimo caso, però, il termine di 30 giorni previsto a pena di decadenza per procedere all’impugnativa continuerà a decorrere (art. 1137, ult. comma, c.c.).
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