Ecco quando i commenti offensivi e gli insulti sui social network sono diffamazione, cosa rischia chi commette questo reato e quali sono i limiti al diritto di cronaca, critica o satira.
Anche se tra le funzioni principali dei social network c’è quella di svago non bisogna dimenticare che anche nel loro utilizzo deve essere rispettata la legge. Le affermazioni contenute in post e commenti non devono quindi essere prese alla leggera; infatti, ci sono diversi reati correlati all’utilizzo improprio dei social network.
Pubblicando commenti offensivi e insulti si rischia infatti di commettere il reato di diffamazione aggravata, in quanto con questi mezzi è possibile raggiungere un numero potenzialmente indeterminato di persone. La disciplina del reato di diffamazione, contrariamente a quanto affermato da alcune linee difensive, tiene conto anche delle libertà di comunicazione riconosciute dall’ordinamento.
Il diritto di satira, di informazione e di critica, infatti, sono del tutto validi e tutelati anche nell’ambito dei social network ma, al pari di ogni altro canale di diffusione, non devono superare certi limiti che esulano dallo scopo iniziale.
Diffamazione sui social, cosa si rischia per commenti offensivi e insulti
Il reato di diffamazione è disciplinato dall’articolo 595 del Codice penale e punisce chi comunica a più persone (anche attraverso passaparola) offendendo la reputazione altrui con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro.
Le pene salgono, rispettivamente a 2 anni e 2.065 euro, nel caso in cui l’offesa avvenga con “l’attribuzione di un fatto determinato”. Per esempio, si ha questa ipotesi quando una persona viene accusata sui social di aver rubato un oggetto a Caio nel suo appartamento, anziché essere “solo” definita come ladra.
Come già anticipato, è prevista un’aggravante per la diffamazione attraverso un mezzo pubblico, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o la multa di almeno 516 euro. La giurisprudenza concorda nell’includere in questa casistica i social network, in quanto ciò che rileva è la potenzialità e non l’effettivo raggiungimento di più persone. Le pene sono comunque aumentate se vengono offese determinate categorie di persone, Autorità, Corpi politici e così via.
Affinché i commenti offensivi e gli insulti pubblicati sui social network integrino il reato di diffamazione è necessario che:
- Chi li pubblichi sia intenzionalmente offensivo o comunque consapevole della possibile lesione all’onore e alla reputazione altrui;
- l’autore delle offese sa che potrebbero essere conosciute da altre persone;
- la persona offesa è assente.
È evidente che, di norma, lasciare insulti sui social network integra perfettamente questo reato, a meno che l’autore li invii in privato alla persona offesa o li pubblichi sul suo profilo in modo che non possano essere viste da altri. Resta poi, a lato della punibilità penale, l’avanzamento di una richiesta di risarcimento da parte della vittima in sede civile.
È poi bene ricordare che per il reato di diffamazione non è necessario che le offese siano false, ma semplicemente che siano atte a ledere l’onore e la reputazione della vittima, tenendo conto del contesto sociale, della stima e della dignità personale percepita dagli altri. La diffamazione resta comunque diversa dal cyberbullismo, che si caratterizza da molestie e intimidazioni.
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La Corte di Cassazione ha ribadito che il motivo “di scherzo” non attenua l’accusa di diffamazione che non è scusabile nemmeno adducendo l’esercizio delle libertà di comunicazione. Il diritto di cronaca può essere esercitato anche attraverso il web e i social network, ma deve comunque rispettare alcuni requisiti:
- La verità della notizia riportata;
- l’interesse pubblico;
- l’esposizione dei fatti non deve essere viziata e indurre aggressioni alla reputazione.
Anche il diritto di critica deve rispettare i medesimi parametri, fatta ovviamente eccezione per la verità e lo stesso si applica anche alla satira.
Ecco perché qualsiasi insulto o offesa a mezzo social difficilmente rientra nei diritti dell’autore. Al contrario, non è punita la diffamazione cagionata dalla provocazione altrui e dovuta allo stato d’ira, come sovente accade nelle liti sul web in feroci “botta e risposta”.
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