Dramma a Gaza, stop operazioni umanitarie. “Non c’è più nulla da fare”

Maria Paola Pizzonia

27 Agosto 2024 - 08:59

Il Dramma di Gaza e la sospensione delle operazioni umanitarie da parte delle Nazioni Unite: è davvero così che deve finire?

Dramma a Gaza, stop operazioni umanitarie. “Non c’è più nulla da fare”

La crisi umanitaria a Gaza raggiunge un punto critico. La sospensione delle operazioni da parte delle Nazioni Unite è un segnale che lascia l’amaro in bocca. L’acuirsi del conflitto, le restrizioni imposte e le infrastrutture distrutte hanno reso impossibile proseguire per l’organizzazione. Di fronte all’aggravarsi della situazione, l’ONU ha dichiarato l’impossibilità di continuare le sue missioni, con conseguenze drammatiche per la popolazione locale. Gaza è spacciata?

Stop operazioni umanitare

Le Nazioni Unite si arrendono. Sono state costrette a interrompere ogni tipo di intervento umanitario a Gaza e la motivazione sono le difficoltà operative sempre più insormontabili, per la gran parte legate al governo israeliano. Le restrizioni imposte dallo stato Israele sono al limite del sabotaggio, senza contare i combattimenti incessanti. Anche le strade ormai sono totalmente devastate e hanno paralizzato le attività delle agenzie umanitarie.

Ma è stato un nuovo ordine di evacuazione israeliano nella zona di Deir al-Balah che ha segnato il punto di non ritorno, obbligando l’ONU a prendere la dolorosa decisione di fermare tutte le operazioni. Fino ad ora, l’organizzazione aveva tentato di adattarsi, ritardando o sospendendo temporaneamente le attività, ma la situazione è diventata insostenibile. Nonostante ciò, l’ONU ribadisce la volontà di riprendere le operazioni non appena le condizioni lo permetteranno. Nonostante tutto, non vuole arrendersi.

Il primo dramma a Gaza è la crisi alimentare

La situazione alimentare a Gaza è in caduta libera, con una popolazione stremata dalla mancanza di cibo e risorse basilari. Già a giugno, le autorità internazionali avevano lanciato l’allarme per un rischio imminente di carestia. Tuttavia, negli ultimi mesi la situazione è precipitata ulteriormente. Le agenzie umanitarie hanno potuto consegnare solo la metà degli aiuti alimentari necessari, ostacolate da bombardamenti che hanno colpito città strategiche come Gaza City, Khan Younis e Rafah. Gli ostacoli di Israele vanno dai bombardamenti ai veri e propri sabotaggi dei convogli umanitari, rendendo la situazione insostenibile.

Le principali arterie stradali, come Salah ad-Din Road, sono state devastate. Sta diventando quasi impossibile il trasporto di cibo e beni di prima necessità. Con l’arrivo delle piogge invernali, le condizioni logistiche sono destinate a peggiorare, mettendo a rischio la sopravvivenza di milioni di persone. Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha avvertito che l’accesso agli aiuti potrebbe essere ulteriormente limitato a causa della chiusura dei principali valichi di frontiera, come Kerem Shalom e Erez, sotto il controllo israeliano. Questi valichi sono essenziali per il passaggio delle forniture umanitarie, ma le restrizioni imposte dalle autorità israeliane hanno ridotto drasticamente il flusso di aiuti verso la Striscia​. Israele sta impedendo ogni operazione umanitaria, e lo sta facendo molto bene.

Non c’è davvero più nulla da fare?

L’offensiva israeliana ha colpito duramente città come Beit Hanoun e Jabalia, costringendo centinaia di migliaia di abitanti a rifugiarsi in tendopoli sovraffollate. Lì le condizioni igieniche e sanitarie sono inumane e insostenibili. A Khan Younis, uno degli epicentri degli scontri recenti, migliaia di famiglie vivono in ripari di fortuna. Sono senza accesso ad acqua potabile sufficiente. Ricevono solo 1-3 litri al giorno, a fronte dei 15 litri necessari per le esigenze quotidiane. La mancanza di acqua pulita ha già portato a un aumento delle malattie trasmissibili, aggravando una situazione sanitaria già al limite.

Le ripetute evacuazioni ordinate dalle forze israeliane non solo mettono a rischio i civili, ma impediscono anche il funzionamento delle poche operazioni umanitarie ancora attive. I valichi di frontiera come Rafah, che collega Gaza con l’Egitto, sono stati chiusi. Chiaramente ciò ha ulteriormente isolato la popolazione. Proprio la chiusura di Rafah è particolarmente critica, poiché rappresenta l’unico punto di uscita verso l’esterno non controllato direttamente da Israele. Questo isolamento sta avendo effetti devastanti, lasciando milioni di persone senza cibo, acqua e assistenza sanitaria adeguata. Che Gaza sia condannata?

Condannare Gaza è rinnegare lo Stato di diritto

La situazione a Gaza è un monito agghiacciante delle conseguenze disumane che derivano dalla guerra e dall’indifferenza politica. Le operazioni umanitarie dell’ONU, in particolare quelle dell’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi), erano un’ancora di salvezza per milioni di persone intrappolate in un conflitto senza fine. Ma con la chiusura dei valichi e le continue distruzioni, anche queste reti di sostegno sono state spezzate.

L’UNRWA ha da sempre rappresentato un faro di speranza per i rifugiati palestinesi, fornendo loro non solo cibo e acqua, ma anche istruzione, salute e una speranza di normalità per i civili in un contesto di disperazione. Oggi, però, la sua missione è a rischio e forse anche al suo culmine. Gli sforzi instancabili di migliaia di operatori umanitari sono stati soffocati da un conflitto che non conosce tregua, lasciando una popolazione senza protezione e senza voce. Condannare Gaza equivale a rinnegare i principi fondamentali dello Stato di diritto, poiché si nega a un intero popolo la giustizia, la dignità e i diritti umani universali.

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