Pasticcio acconto Irpef, il Governo interviene e annulla l’aumento

Patrizia Del Pidio

26 Marzo 2025 - 09:49

Il Governo si rende conto del «pasticcio» nato per l’acconto Irpef e interviene con una norma apposita per evitare che i contribuenti debbano pagare di più.

Pasticcio acconto Irpef, il Governo interviene e annulla l’aumento

Il Governo interviene per evitare che l’acconto Irpef sia calcolato con le aliquote del 2023 (le quattro aliquote che comporterebbero un aggravio maggiore per i contribuenti). Dopo il susseguirsi di notizie, dei giorni scorsi, in cui si annunciava che l’acconto Irpef 2025 sarebbe stato calcolato con le vecchie aliquote Irpef, il Ministero dell’Economia e delle Finanze è intervenuto nella giornata di ieri con un comunicato stampa in cui annuncia un intervento apposito per sterilizzare la norma.

Il risultato della riforma Irpef che ha portato al taglio di aliquote e scaglioni a partire dal 2024, ha come diretta conseguenza il fatto che quest’anno l’acconto Irpef potrebbe essere più salato. Ci sono contribuenti che dovranno versare un acconto Irpef più alto del dovuto con la dichiarazione dei redditi di quest’anno con il risultato di pagare più del dovuto o di avere un rimborso più basso di quello realmente spettante.

Il Comunicato Stampa del 25 marzo 2025 diffuso dal Mef tranquillizza, sarà prevista una norma apposita che vada a sterilizzare l’aumento.

Per capire cosa succede quest’anno con l’acconto dell’Irpef, bisogna fare un passo indietro, all’inizio dello scorso anno. Solo in questo modo si capisce perché si dovrà pagare di più.

Acconto Irpef, come funziona?

Quando si presenta la dichiarazione dei redditi l’importo delle imposte dovute è calcolato sommando il saldo delle imposte dovute sui redditi dell’anno precedente all’acconto di quelle per l’anno in corso. Con la dichiarazione dei redditi 2025 si versa il saldo delle tasse dovute sui redditi prodotti nel 2024 e, al contempo, l’acconto di quelle dovute per i redditi 2025.

Per gli acconti Irpef da versare nel 2025 e nel 2026 si dovranno utilizzare, in base a quello che prevede la legge, le quattro aliquote in vigore fino al 31 dicembre 2023 applicando il vecchio sistema di tassazione. I lavoratori che verseranno in più nel 2025 si vedranno restituire quanto versato in eccesso il prossimo anno.

La norma temporanea che fa pagare di più

Il problema va ricercato, come detto, nel decreto che introdusse a inizio 2024 l’Irpef a 3 aliquote. Nel decreto 216 del 2023, infatti, all’articolo 1, comma 4 prevede che:

Nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali per i periodi d’imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.

Per le dichiarazioni dei redditi 2025 e 2026, quindi, quando si determina l’acconto dovuto per l’Irpef non si deve considerare l’Irpef a 3 aliquote, ma con le quattro aliquote in vigore fino al 31 dicembre 2023. Va tenuto conto che il decreto che ha tagliato l’Irpef e che ha determinato il calcolo degli acconti in questo modo, però, si basava sul fatto che l’Irpef a tre aliquote era una misura temporanea, che sarebbe rimasta in vigore solo per il 2024.

La Legge di Bilancio 2025, però, ha non solo confermato il taglio dell’Irpef anche per quest’anno, ma lo ha reso anche strutturale. Tutto questo non curandosi di provvedere a quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 1 del decreto 216 del 2024.

Quanto si pagherà di più?

Il ministro Giancarlo Giorgetti ha ammesso che il problema c’è, ma che è solo temporaneo e non riguarderà tutti i contribuenti. Chi si troverà a pagare di più e in che misura? Per chi ha un reddito fino a 15.000 euro non ci saranno ripercussioni, visto che l’aliquota Irpef applicata è rimasta invariata rispetto al 2023. Il problema, invece, riguarda chiunque abbia un reddito superiore ai 15.000 euro.

Nel 2023, con le vecchie aliquote, per redditi tra 15.000 e 28.000 euro si pagava l’Irpef al 25%. Con il taglio delle aliquote chiunque ha un reddito superiore ai 15.000 euro si è visto ridurre l’aliquota dello scaglione 15.000/28.000 euro del 2%.

Questo significa che applicando le vecchie aliquote a questa porzione di reddito ci si troverà a pagare l’acconto di un massimo di 260 euro in più (casistiche che riguarda solo chi ha redditi da 28.000 in poi, in tutti gli altri casi l’esborso maggiore sarà di importo inferiore).

Il Comunicato Stampa con il dietro front

Relativamente all’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, sono pervenute segnalazioni da parte di alcuni CAF, riportate anche dagli organi di stampa, in merito a un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti che verrebbero gravati dell’onere di versare l’acconto IRPEF per l’anno 2025 anche in mancanza di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto.

In particolare, il predetto maggior onere fiscale deriverebbe, secondo l’interpretazione riportata dai CAF, dall’applicazione della disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 216, che, prevedendo la riduzione dal 25 al 23 per cento dell’aliquota IRPEF per i redditi da 15.000 a 28.000 euro e l’innalzamento della detrazione di lavoro dipendente da 1.880 euro a 1.955 euro, ha stabilito che tali interventi non si applicano per la determinazione degli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025 per i quali si deve considerare la disciplina in vigore per l’anno 2023.

Il Ministero si rende conto dell’errore che, al contrario di quanto annunciato, avrebbe coinvolto nel calcolo più alto dell’acconto qualsiasi contribuente e non solo quelli che avrebbero dichiarato «Altri redditi».

Nel comunicato si sottolinea che con la disposizione in questione si intendeva annullare solo l’applicazione della nuova Irpef per gli acconti dei soggetti la cui dichiarazione evidenziava altri redditi rispetto a quelli già assoggettati all’Irpef con ritenuta d’acconto.

Il comunicato conclude tranquillizzando:

Pertanto, la disposizione di cui all’articolo 1, comma 4, del d.lgs. 216/2023 va interpretata nel senso che l’acconto per l’anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a euro 51,65 la differenza tra l’imposta relativa all’anno 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d’imposta 2024.
In ogni caso, in considerazione dei dubbi interpretativi posti, e al fine di salvaguardare tutti i contribuenti interessati, il Governo interverrà anche in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto.
L’intervento sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento.

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