In un momento in cui la Terza Guerra mondiale non è più così impossibile, l’economia globale sta precipitando in una profondità complessa e pericolosa. Dal Nord al Sud del mondo, la crisi è ovunque.
Viviamo un momento storico davvero difficile e preoccupante, nel quale fattori politici, economici, sociali si stanno intrecciando per creare una rete di instabilità molto pericolosa.
L’economia globale sta per cadere nel baratro e da Nord a Sud del mondo non c’è regione che non stia attraversando difficoltà legate a prezzi elevati, materie prime introvabili, energia onerosa, povertà dilagante, debiti statali crescenti.
A titolo esemplificativo, e quindi non esaustivo nel raccontare cosa sta succedendo nel mondo, 4 grafici elaborati da Ispi (Istituto di polita internazionale) possono aiutare a capire perché stiamo vivendo una crisi pronta a esplodere da un momento all’altro.
1. Banche centrali aggressive
Le banche centrali di tutto il mondo si stanno allineando in interventi sui tassi di interesse potenti, tanto che nel 2022 i 23 istituti principali del mondo hanno alzato il costo del finanziamento più di 90 volte. Fed, Bce, banca centrale di Norvegia, Svizzera (che ha dato fine all’epoca dei tassi negativi), Bank of England, ma anche Indonesia, Taiwan, Filippine e il Sudafrica hanno tutti optato per massicci rialzi dei tassi.
In questo grafico, elaborato da Ispi sui dati delle banche centrali, è evidente il balzo straordinario rispetto al livello dei tassi del 2021:
Il punti di riflessione, però, è questo: riuscirà questo intervento massiccio dei banchieri centrali a fermare l’altrettanto massiccia inflazione prima che una recessione prenda forma? La risposta è incerta.
Come sottolineano gli esperti di Ispi: “gli strumenti di politica monetaria sono per loro natura lenti a dare i loro effetti. Guardando ai tassi di inflazione americani degli ultimi 100 anni, mediamente passano 16 mesi prima che una politica monetaria restrittiva riporti i livelli dei prezzi dal loro picco al 2%.”
C’è quindi il rischio che gli effetti di tali interventi si rivelino eccessivi a posteriori, quando quindi un rallentamento economico sarà già in corso.
2. Crisi energetica sempre più cara per l’Europa
I prezzi del gas sono nuovamente rimbalzati oltre i 200 euro per megawattora quando Putin in settimana ha richiamato i riservisti e accusato l’Occidente. La guerra non è risolta e nemmeno il problema energia per il vecchio continente, troppo in balia degli eventi del conflitto.
Di conseguenza, gli Stati dovranno probabilmente ancora intervenire per aiutare famiglie e imprese a non soccombere a causa di bollette insostenibili. Questo significa una spesa statale in crescita per i Governi. Il grafico mostra quanto stanno sborsando i Paesi finora:
Il timore di un innalzamento spropositato del debito e di una spinta ulteriore all’inflazione, per esempio, ha mandato in tilt i mercati del Regno Unito quando il nuovo Governo Truss ha presentato le misure contro il caro-prezzi.
L’equilibrio tra sostegno all’economia e controllo del debito è molto difficile da raggiungere per i bilanci europei.
3. Medio Oriente instabile
Per capire come gravi crisi economiche sono ovunque, basterà fissare lo sguardo sul Libano. Il Paese, come spiegato da Ispi, “attraversa una delle peggiori crisi politiche ed economiche al mondo: secondo la Banca Mondiale, la terza peggiore da 150 anni. Una situazione che si protrae almeno dall’inizio della guerra in Siria, nel 2011. E che ha alimentato una spirale di svalutazione (fino al -90% della lira sul dollaro) e sottosviluppo (tre libanesi su quattro vivono in povertà)”.
Qui le banche sono chiuse e i depositi dei correntisti bloccati da almeno due anni. Non solo, il fragilissimo Libano è inserito in una regione colpita dalle carenze di grano innescate dalla guerra in Ucraina. Tunisia e Egitto, per esempio, ne sono colpiti e il Pil procapite non decolla:
4. La crescita che non c’è
Europa e Usa, presi come esempi, non navigano in buone acque per quanto riguarda le stime di crescita. I rialzi dei tassi in modo così massiccio non hanno fatto altro che accentuare le previsioni negative.
Come sottolinea Ispi: “I rischi sono molteplici: dall’instabilità dei mercati finanziari al deterioramento del mercato del lavoro, e soprattutto alla recessione. Motivo per cui a ogni aumento dei tassi di interesse scendono le previsioni di crescita per l’anno prossimo (negli Usa passate da +2,5% prima dei rialzi a +0,9% oggi). Non solo: per sua natura, gli effetti delle politiche monetarie arrivano con un certo ritardo. Si rischia quindi di indebolire i mercati finanziari e l’economia ancor prima di scalfire l’inflazione.”
Il grafico seguente, elaborato sui dati Bloomberg, è eloquente nel mostrare stime in picchiata per il 2023:
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