Evasione fiscale, a Brescia mezzo miliardo di euro in operazioni false e crediti fittizi, conti correnti all’estero e al Vaticano. La sede era l’ufficio di un commercialista che, aiutato da altri colletti bianchi, proponeva dei pacchetti evasivi ai clienti. Tutti i dettagli dell’operazione della Guardia di Finanza.
Evasione fiscale, a Brescia la Guardia di Finanza ha sventato un vero e proprio laboratorio per la produzione di false operazioni, con conti correnti all’estero e al Vaticano.
Gli inquirenti l’hanno definita una “fabbrica dell’evasione”, e aveva sede nello studio di un commercialista che, aiutato da una serie di altri professionisti, proponeva dei veri e propri pacchetti evasivi ai suoi clienti.
La Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Brescia e supportata dal Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, ha arrestato 22 persone: 17 si trovano in carcere, 5 sono ai domiciliari.
Non solo Brescia, la rete di persone coinvolte è sparsa in tutta Italia.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro.
Evasione fiscale, mezzo miliardo di euro in operazioni false
Quando si tratta di evasione fiscale la realtà supera anche le migliori trame di film hooliwoodiani.
Succede nel bresciano: un commercialista mette a disposizione il proprio studio per offrire, grazie alla collaborazione di altri colletti bianchi, dei veri e propri pacchetti evasivi.
La Guardia di Finanza di Brescia, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica e con il supporto del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata (SCICO) di Roma, ha individuato questa “fabbrica dell’evasione” che coinvolge un centinaio di persone.
Non solo Brescia, ma le persone coinvolte vivono tra Bergamo, Milano, Roma, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Torino, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli Verona.
Una rete fitta, che ha garantito alla banda un guadagno di 80 milioni, grazie circa mezzo miliardo di euro tra operazioni false e crediti fittizi.
Fabbrica dell’evasione a Brescia, ecco come funzionava
Presso questa fabbrica dell’evasione i colletti bianchi si ingegnavano per offrire dei veri e propri pacchetti evasivi.
Le quattro fasi del sodalizio erano così suddivise:
- innanzitutto la produzione di servizi tributari illeciti, attraverso centinaia di società di comodo (sia nazionali che estere) e prestanomi. Principalmente lo scopo era produrre crediti fittizi, da utilizzare indebitamente in compensazione, e di fatture per operazioni inesistenti;
- il secondo passo era la vendita dei pacchetti evasivi: i colletti bianchi individuavano i soggetti a cui proporre i loro “servizi” attingendo tra gli imprenditori loro clienti desiderosi di pagare meno tasse;
- elusione dei controlli: grazie alla fitta rete di conoscenze, la banda provava a ottenere informazioni sugli accertamenti in corso. Naturalmente, qualora qualcuno cercasse di collaborare con la Guardia di Finanza veniva “persuaso” tramite intimidazioni. Nello specifico, si rivolgevano a faccendieri, che avrebbero dovuto dare informazioni sui controlli in corso (tra questi, un falso appartenente alle Forze dell’ordine, nonché un falso appartenente ai servizi segreti nazionali). Gli sforzi, sottolinea il comunicato stampa delle Fiamme Gialle, sono stati inefficaci.
- riciclaggio del denaro: la finalità ultima era quella di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale e reinvestirlo in nuove attività.
Evasione fiscale, a Brescia offrivano veri e propri “pacchetti”
Visto che la banda sventata dalla Guardia di Finanza di Brescia era costituita da professionisti esperti nel proprio settore, erano vari e raffinati i meccanismi di “lavaggio” del denaro effettuati:
- la monetizzazione di denaro contante con prelievi da conti correnti esteri. Il sodalizio si avvaleva di una squadra di “cash courier” specializzati nel trasporto, su autovettura, di denaro contante in vari Paesi europei (Slovenia, Croazia, Ungheria, ecc.);
- contributo di un “colletto bianco” estero, ungherese, che aveva lo specifico compito di occultare il denaro proveniente dall’evasione fiscale, aprendo e gestendo conti correnti accesi in Ungheria e in altri Paesi;
- reimpiego del profitto nelle proprie attività economiche, capitalizzandole ed acquisendo asset patrimoniali;
- conti correnti nello Stato del Vaticano presso l’Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.), istituto di credito vaticano;
- utilizzo di trust simulati: tra gli asset nascosti all’interno del trust anche beni immobili situati fuori dal territorio dello Stato.
L’indagine della Guardia di Finanza ha consentito di ricostruire le fasi, i ruoli, i trasferimenti e i passaggi di denaro dell’associazione per delinquere, permettendo di smantellare il gruppo criminale e di recuperare i patrimoni illeciti con il sequestro del maltolto.
Le investigazioni hanno permesso di sequestrare, ad oggi, banconote per un valore complessivo di 2,1 milioni di euro.
Particolare rilievo assumono i sequestri effettuati oltreconfine, con la presenza dei Finanzieri in territorio estero (Umago, Croazia): oltre 1 milione di euro in contante è stato rinvenuto presso le cassette di sicurezza di una filiale di una banca croata.
L’operazione è stata possibile grazie alla tempestiva predisposizione di più Ordini di Indagine Europei emessi dalla Procura di Brescia, che hanno consentito di attivare prontamente le Autorità estere.
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