Fahimeh Karimi, allenatrice e mamma di tre bambini è condannata alla pena di morte: cos’ha fatto per ricevere la condanna a morte e la petizione per liberarla.
Sono state già raccolte oltre 25.000 firme per richiedere la liberazione di Fahimeh Karimi, attualmente detenuta in Iran con una condanna a morte. Fahimeh è un’allenatrice di pallavolo e mamma di 3 bambini, arrestata durante una protesta contro l’uccisione di Mahsa Amini.
Fahimeh Karimi: chi è e cos’ha fatto
Le forze dell’ordine iraniane sono ormai tristemente famose per la brutalità con cui rispondono alle proteste: le donne manifestanti vengono violentemente colpite, in particolare al seno e ai genitali. Fahimeh si è trovata proprio in una situazione del genere, quando con estremo coraggio si è difesa sferrando calci a un paramilitare Basiji. I Basiji sono infatti l’organizzazione paramilitare apposita del regime di Teheran per reprimere le proteste. I medici iraniani hanno denunciato l’accaduto al Guardian, dove hanno raccontato di essere ormai traumatizzati dalle condizioni dei corpi.
In seguito Fahimeh è stata arrestata insieme ad altre 11 persone e per 5 di loro, tra cui proprio Fahimeh Karimi è stata già confermata la pena di morte. Le esecuzioni sono già iniziate con l’impiccagione di Mohsen Shekari, un ragazzo di 23 anni, arrestato per aver ferito un ufficiale in servizio e considerato colpevole di inimicizia contro Dio.
Per il momento questa è l’unica esecuzione di cui si abbiano notizie certe, anche se gli attivisti temono che ce ne siano già state ulteriori. Gli stessi parenti di Mohsen, infatti, non sono stati avvisati dell’esecuzione e l’hanno scoperto soltanto a cose fatte, mentre attendevano notizie fuori dal carcere, dopo aver peraltro presentato l’appello contro la condanna.
Lo zio di Mohsen ha dichiarato che oltre a non ricevere alcun tipo d’informazione, ai parenti non è stato nemmeno consegnato il corpo dopo l’esecuzione. Un ennesimo sforzo di oppressione da parte della magistratura iraniana, fortemente messa in discussione dalle numerose proteste.
I manifestanti, uomini e donne, combattono duramente contro la libertà per il regime in cui vivono. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’uccisione di Mahsa Amini, una ragazza di origine curda di soli 22 anni, arrestata perché non portava il velo nella maniera prevista e perita dopo le numerose bastonate alla testa.
Il direttore della Ong Iran human rights ha espresso proprio la paura che si tengano esecuzioni di manifestanti ogni giorno e ha richiesto un impellente aiuto a livello internazionale. L’Ong ritiene anche che l’esecuzione di Mohsen sia dovuta a un processo iniquo, dovuto a una presunta confessione forzata con la violenza.
L’appello per la liberazione di Fahimeh Karimi: come firmare
Così, la richiesta di liberazione di Fahimeh Karimi è sempre più pressante e voluta, mentre l’appello è già stato firmato da moltissime persone, tra personaggi famosi e comuni cittadini che vogliono salvare la donna dall’impiccagione.
L’appello, indirizzato all’ambasciatore iraniano in Italia Mohammad Reza Sabouri, al capo della magistratura iraniana Gholamhossein Mohseni Ejei e al ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, è disponibile qui. La procedura può essere fatta direttamente online in pochi secondi, semplicemente compilando il form con i propri dati, con la possibilità di scegliere l’anonimato.
Per ora sono già state superate le 25.000 sottoscrizioni che comprendono, fra gli altri, Enrico Letta, Giuseppe Conte e Gennaro Sangiuliano, oltre a numerose personalità dal mondo dello spettacolo e dello sport italiano.
L’obbiettivo, oltre all’immediata liberazione di Fahimeh è quello di portare l’Italia e le altre nazioni europee a esercitare pressione sul governo iraniano, affinché sia migliorata la sicurezza dei manifestanti e ne venga tutelata l’incolumità. Tajani, per il momento, ha avvertito che si tratta di un punto di non ritorno e che verrà fatto tutto il possibile per fermare la violazione dei diritti umani. Teheran ha già replicato in proposito, attaccando la presunta ipocrisia dei governi occidentali, ma arrivano dure condanne anche da parte della Francia, della Gran Bretagna, dalla Germania e degli Stati Uniti.
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