La Cassazione interviene sulle prove che possono portare il professionista al reato di false asseverazioni e compartecipazione in truffa da superbonus con conseguente sequestro delle parcelle.
Con due recenti sentenze, la Corte di Cassazione entra nel merito dei reati commessi dal professionista in caso di attestazioni false per il superbonus 110%.
La Suprema Corte prende in esame il tema delle asseverazioni infedeli o false rilasciate dal professionista, affrontando le ambiguità che derivano dal meccanismo di cessione del credito basato sul visto di conformità e il rilascio di asseverazioni nel rispetto dei requisiti minimi e di congruità delle spese, che passano nelle mani di tecnici che talvolta lavorano senza seguire propriamente i principi deontologici.
Come ormai sappiamo, il sistema del superbonus 110% e il meccanismo di cessione dei crediti edilizi, messi a punto con la prima versione degli articoli 119 e 121 del decreto legge n. 34/2020 (decreto Rilancio), hanno subito molteplici modifiche da parte del legislatore che, con più di venti interventi normativi, ha provato in corsa a semplificare queste misure.
Per tale ragione, tra la fine del mese di ottobre e gli inizi di novembre 2022 abbiamo assistito alla pubblicazione di numerose sentenze da parte della Suprema Corte, che hanno fornito delle indicazioni certamente importanti in materia di cessione dei bonus edilizi e sugli elementi spia di potenziali anomalie che fanno scattare i controlli.
Bonus edilizi e superbonus 110%: gli interventi della Cassazione
Le prime sentenze della Corte di Cassazione in merito al meccanismo dei bonus edilizi sono arrivate con indicazioni rilevanti, che con ogni probabilità porteranno a un ridimensionamento reale di queste misure fiscali.
Gli interventi della Corte sono stati molteplici e hanno chiarito nello specifico che:
- nella cessione dei bonus edilizi non c’è alcuna «garanzia» da parte dello Stato;
- non è prevista alcuna deroga al sequestro preventivo;
- le circolari dell’Agenzia delle Entrate non forniscono interpretazioni autentiche e vincolanti;
- la cessione dei bonus minori può essere fatta solo a Sal.
Seguono poi le sentenze 42009/2022 e 42010/2022, depositate entrambe lo scorso 13 ottobre, con le quali la Cassazione è intervenuta in tema di asseverazioni false rilasciate dal professionista asseveratore.
Nei procedimenti presi qui in esame sono coinvolti due professionisti, considerati colpevoli di aver redatto asseverazioni false. I due, puniti con il sequestro di somme di denaro pari ai profitti ottenuti grazie alle false asseverazioni, hanno presentato ricorso sostenendo che non ci fosse alcuna correlazione tra il denaro sequestrato, appartenente ai propri beni personali, e quello derivante dalla truffa.
Il sequestro delle parcelle dei professionisti
Riportiamo brevemente quanto accaduto nel procedimento svolto presso il Tribunale di Napoli. Con ordinanza del 21 marzo 2022, il Tribunale del Riesame confermava il decreto emesso dal giudice per le indagini preliminari che aveva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di ingenti somme di denaro disponibili sui conti correnti dell’asseveratore, in quanto costituenti profitto derivante dal reato di truffa aggravata realizzata ai danni dello Stato, ai sensi dell’articolo 640 c.p., primo e secondo comma, in relazione a diverse procedure di Superbonus 110%.
Contro tale provvedimento, il professionista asseveratore ricorreva in Cassazione, contestandone i presupposti applicativi, ma gli Ermellini, con la sentenza n. 42010 confermavano la decisione adottata dal Tribunale del Riesame, affermando, contestualmente, un principio dalle notevoli implicazioni pratiche.
Secondo i Giudici Supremi la misura cautelare, sequestro, finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di cui l’indagato è ritenuto partecipe (nella specie, la disponibilità contante sul conto corrente personale), deve ritenersi legittima, in quanto la firma apposta con un file di immagine dall’asseveratore, dimostra l’omissione da parte di quest’ultimo dei controlli previsti dalla legge, con conseguente compartecipazione alla truffa del professionista che, non solo non ha impiegato la diligenza professionale richiesta nello svolgimento della propria attività, ma dolosamente ha concorso alla realizzazione dell’illecito.
Gli elementi della truffa: quali sono le anomalie emerse
Dalle sentenze della Cassazione n. 42009/2022 e n. 42010/2022 emergono le seguenti anomalie rinvenute nell’ambito delle asseverazioni:
- la firma apposta alle asseverazioni appare palesemente non autografa, ma apposta attraverso un file immagine. Questo, secondo i giudici, farebbe pensare a una modalità automatica di asseverazione, operata in assenza di quegli accertamenti e quelle verifiche che sono alla base dell’attività in questione;
- tutte le asseverazioni contestate si riferiscono al primo Sal del 30%;
- in esse non viene dichiarato il numero di protocollo del deposito in comune, prima dell’inizio lavori, della relazione tecnica ex art. 28 della legge 10/91 ed ex art. 8 del dIgs 192/05, ma solo la dizione «Pec»;
- non viene allegato l’Ape post intervento;
- il computo metrico allegato è quasi sempre non pertinente e il relativo importo complessivo dei lavori non coincide con quanto dichiarato nell’asseverazione;
- in alcuni casi viene dichiarato erroneamente che il comune di ubicazione dell’edificio oggetto dell’intervento è compreso nell’elenco dei comuni di cui al comma 4-ter dell’art.119 del decreto Rilancio con la conseguenza che gli importi massimi ammissibili sono incrementati del 50%.
Tali anomalie sono state rilevate su tutte le asseverazioni rilasciate per un Consorzio, nel numero di 1381 asseverazioni, di cui uno dei professionisti indagati in una delle due sentenze è autore di ben 139 attestazioni viziate.
Asseverazioni false: la decisione della Corte di Cassazione
Alla luce di tutti questi elementi, per i giudici del Riesame e per gli Ermellini della Cassazione, sussiste il fumus in ordine alla partecipazione del tecnico asseveratore al sistema illecito in contestazione, atteso che il suo è indubbiamente un ruolo fondamentale per la riuscita del piano criminoso e la realizzazione della truffa ai danni dello Stato. Gli Ermellini hanno inoltre confermato anche il sequestro per la successiva confisca del denaro ricevuto dal tecnico da parte del Consorzio, che deriverebbe dall’attività criminosa posta in essere.
La Suprema Corte ha respinto pertanto i ricorsi dei due professionisti, affermando che il denaro ha una natura fungibile. Questo significa che, in presenza di un profitto illecito, non è rilevante che il denaro sia effettivamente transitato su un conto né che il denaro materialmente sequestrato derivi direttamente dall’illecito. In considerazione della fungibilità del denaro, può essere confiscata qualsiasi somma di denaro corrispondente al profitto derivante da attività illecita.
In altre parole, al professionista che si è arricchito con un’asseverazione falsa può essere confiscata anche una somma di denaro guadagnata con un’attività regolare.
Integrazione del “fumus” del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
Segnaliamo, tra le altre, una ulteriore sentenza emessa dalla Terza Sezione penale della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 42012, depositata l’8 novembre 2022 interviene sul binomio ecosismabonus 85%-cessione del credito. In tale circostanza i giudici hanno affermato quanto segue:
(...)integra il “fumus” del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti la condotta di chi, avendo monetizzato il credito derivante dalla realizzazione di opere suscettibili di fruire dell’agevolazione fiscale del cd. “superbonus 110%” mediante la sua cessione o lo “sconto in fattura” ex art. 121 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, effettui la fatturazione “in acconto” di spese relative a opere non ultimate o per le quali non sia stato emesso da un tecnico abilitato, uno “stato di avanzamento lavori” attestante l’esecuzione di una porzione dell’intervento “agevolabile” e la congruità delle spese per esso sostenute, posto che l’emissione di tali fatture mira a simulare l’esistenza di spese in concreto non ancora sopportate e a creare fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione.
Questo intervento è riferito all’utilizzo fraudolento dell’ecosismabonus 85% in caso di emissione di fatture per operazioni ritenute inesistenti.
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