In questo contesto instabile fare scorta di prodotti appare una strategia vincente per ripararsi dall’aumento dei prezzi. Ma vediamo quali saranno i prodotti colpiti.
Negli ultimi tempi la tendenza a fare scorte di prodotti per paura del futuro è diventata sempre più comune. La pandemia di Covid19 ha avuto un peso notevole in questo meccanismo, come anche in seguito le paure legate alla guerra, pur non riguardando direttamente l’Italia. Se c’è però un problema che vede gli italiani attentissimi alla pianificazione degli acquisti, già da decenni, sono le variazioni di prezzo. In questi anni il Paese ha attraversato diversi periodi critici che è difficile considerare sorpassati con gli stipendi inadeguati e le nuove minacce all’economia nazionale.
Se i prezzi sono destinati a salire ancora fare scorte di alcuni beni può aiutare a ridurre il peso sul bilancio familiare, purché non eccedendo con un meccanismo controproducente per la collettività. Oltre all’inflazione attuale, i dazi di Donald Trump e le possibili contromisure dell’Unione europea non fanno che aumentare l’instabilità. Le vittime più colpite da un eventuale guerra commerciale saranno infatti proprio i consumatori, a partire dagli statunitensi - che presto sperimenteranno sulle proprie tasche gli effetti delle nuove tariffe doganali - seguiti a ruota da tutti gli altri, italiani compresi. Ma quali sono effettivamente i prezzi destinati a salire e quando vale la pena farne scorta? Cerchiamo di fare chiarezza.
Questi prezzi sono destinati a salire
Per individuare i prodotti o quanto meno i settori in cui sono attesi aumenti dei prezzi bisogna prendere in considerazione diversi fattori, anche alla luce delle dinamiche internazionali. In tal proposito, viene in aiuto l’ultimo resoconto Istat che individua un’inflazione del 2% a marzo 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di soli calcoli preliminari, ma aiutano comunque a farsi un’idea della situazione. Ovviamente questo dato da solo non fornisce grosse indicazioni, anche perché non è una soglia di per sé elevata, ma anzi il tasso a cui punta la Bce per tutta la zona Euro. D’altra parte, si arriva da un periodo di aumenti continui e importanti, che non fanno che accumularsi, riducendo progressivamente il potere d’acquisto delle famiglie.
Gli stipendi, infatti, non sono aumentati parimenti. Ci si trova però (di nuovo) dinanzi a un’inflazione in crescita, che potrebbe solo peggiorare con le nuove politiche statunitensi. Al momento, il problema principale secondo l’Istat riguarda i “beni energetici non regolamentati”, tra carburanti, elettricità e gas. Con un vero e proprio effetto domino, rincarano tabacchi e alimentari non lavorati. Ora, con i dazi di Trump, si assisterà a un aumento dei prezzi per buona parte dei prodotti venduti da aziende statunitensi. Ciò riguarda tanto il panorama della tecnologia quanto l’intrattenimento, pensando anche alle diverse piattaforme di streaming.
Le aziende americane dovranno infatti sopportare costi più elevati di produzione a causa dei dazi sottoposti a paesi come la Cina e il Vietnam, che forniscono manodopera e non solo. Con eventuali contromisure europee, al momento ancora da valutare, si assisterebbe invece a un aumento dei costi più generalizzato all’interno del Belpaese, proprio come dovrebbe accadere negli Stati Uniti. È una trattazione molto prematura, ma c’è un ulteriore problema da considerare: le perdite subite dagli esportatori italiani verso gli States.
Molte aziende dovranno fare i conti con considerevoli diminuzioni dei ricavi, a fronte dei costi più elevati da sopportare e dei prezzi meno competitivi, riflettendosi necessariamente sul personale e sui consumatori. I prodotti del made in Italy, spaziando dall’alimentare al tessile, saranno i più colpiti da queste politiche, e dovranno presumibilmente trasferire parte della perdita sulla clientela, compresa quella locale. Vino, formaggi stagionati e salumi, ma anche borse e scarpe.
Meglio fare scorta di questi prodotti
Per le comuni famiglie italiane il problema principale non sono le ripercussioni economiche globali e i loro effetti ma, comprensibilmente, le conseguenze in casa propria. La possibilità di fare la spesa, pagare le bollette, vestirsi e provvedere ai propri figli sono bisogni primari, oggi sempre più difficili da soddisfare con leggerezza. Di conseguenza, l’idea di fare scorte quando è previsto un aumento dei prezzi non è da scartare a priori ed è anzi una strategia che i consumatori attuano da tempo.
Ovviamente, bisogna selezionare con cura i prodotti, attenzionando solo quelli effettivamente necessari e pensando al lungo termine. Nella stragrande maggioranza dei casi, ad esempio, non è necessario acquistare diverse borse, almeno non quanto generi alimentari di consumo abituale o carburante. Non si deve correre il rischio di dissipare i soldi nelle scorte per non poter provvedere a eventuali esigenze più immediate, anche se fare delle riserve prima che i prezzi aumentino può rivelarsi vincente. D’altra parte, anche gli americani prima dell’entrata in vigore dei dazi sono accorsi a far scorta di olio, caffè e formaggi italiani. Conoscendo i settori colpiti è comunque possibile fare una valutazione personale in base alla propria situazione specifica, con attenzione soprattutto a eventuali acquisti abituali da aziende statunitensi.
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