Fisco: sono stati assolti dal Tribunale di Verbania, perché il fatto non sussiste, i cugini Massimo e Marco Giacomini. Non ci fu quindi un’evasione fiscale da 220 milioni.
Non fu evasione fiscale quella messa in atto dai cugini Massimo e Marco Giacomini nella costituzione di un trust in Lussemburgo, che per gli inquirenti era servito per frodare il fisco italiano per una somma totale vicina ai 220 milioni.
Per il Tribunale di Verbania quindi il fatto non sussiste, sposando così la linea difensiva dei cugini Giacomini che da sempre avevano respinto ogni accusa di evasione fiscale parlando soltanto di una divisione del patrimonio familiare per dirimere alcune liti interne.
Trust Giacomini, niente evasione fiscale
Sono stati tutti assolti dal Tribunale di Verbania i cinque imputati per uno dei rami del processo sulla presunta evasione fiscale da 220 milioni di euro realizzata dal Gruppo Giacomini, storica azienda che si occupa di rubinetteria.
Per il giudice Raffaella Zappatini non hanno commesso nessun reato i cugini Massimo e Marco Giacomini, così come la loro parente Sofia Bertù e i collaboratori Francesco Sicher e Marco Garavaglia.
Respinta quindi la tesi dell’accusa, che aveva chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati, mentre fu già il gup dell’udienza preliminare a non dare il luogo a procedere per Stefania e la madre Jolanda, altri due esponenti della famiglia Giacomini.
Per il Tribunale quindi dietro al trust Giacomini non si nascondeva una maxi frode fiscale milionaria, ma soltanto una divisione patrimoniale dopo l’esclusione dai rami dirigenziali di alcuni componenti della famiglia.
Si è conclusa quindi con un’assoluzione piena questa prima tranche del processo riguardante il Gruppo Giacomini, una vicenda giudiziaria nata nel 2012.
La vicenda Giacomini
La Giacomini Spa è un’azienda nata a Verbania negli anni ‘50 che nel tempo ha saputo ritagliarsi un ruolo da leader, anche a livello mondiale, nel settore della rubinetteria.
Fondata da Alberto Giacomini, al momento può contare su circa mille dipendenti e, grazie a una esportazione pari all’80%, nel tempo l’azienda ha messo in piedi un vero e proprio impero patrimoniale che però nel tempo è diventato un terreno di diatriba tra i familiari.
Più che da crisi industriali, l’azienda Giacomini infatti è stata scossa da una serie di lotte e guerre intestine tra i vari componenti della famiglia. Tutta la vicenda quindi nasce nel 2008, anno in cui avvenne una separazione interna.
All’epoca Mario e Giovanni Giacomini, fratelli del fondatore Alberto, vennero estromessi dai rami dirigenziali dell’azienda, rinunciando alle proprie quote di partecipazione al trust di diritto del Jersey, con sede nel Lussemburgo, in cambio di un indennizzo da 200 milioni di euro.
Nel 2012 però partì l’inchiesta giudiziaria guidata dai procuratori Giulia Perrotti e Fabrizio Argentieri. Secondo gli inquirenti, per pagare i due parenti estromessi 70 milioni arrivarono dall’Italia e quindi furono regolarmente denunciati e tassati.
Gli altri 130 milioni invece furono incassati esentasse in quanto provenienti da dei conti lussemburghesi riconducibili al trust in questione, che sarebbe stato rimpinguato da capitali esportati dai fratelli Corrado ed Elena Giacomini.
Da qui quindi l’accusa di frode fiscale, terreno sempre di grande attualità nel nostro paese visto che, nell’ultima nota del Def, si parla 87 miliardi persi ogni anno dal fisco italiano visti i mancati incassi.
Oltre all’arresto dei due fratelli, vennero anche sequestrati 40 milioni a carico dei sette beneficiari della maxi liquidazione tra cui anche appunto Marco e Massimo Giacomini. Tutti infatti avrebbero incassato quote tra i 13 e i 21 milioni di euro mai denunciati al fisco.
Il Tribunale di Verbania però ha assolto adesso perché il fatto non sussiste i cugini Marco e Massimo, riscontrando quindi come non ci fu nessuna irregolarità nella liquidazione messa in atto nel 2008 tra i vari componenti della famiglia Giacomini.
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