L’Ufficio parlamentare di bilancio illustra le sue preoccupazioni per la tenuta dei conti pubblici con la riforma fiscale e critica, soprattutto, la flat tax a cui punta il governo Meloni.
Una bocciatura completa della flat tax, un importante rilievo sul catasto e diverse preoccupazioni sulla tenuta dei conti pubblici per finanziare la riforma del Fisco. L’Ufficio parlamentare di bilancio lancia chiari segnali di preoccupazione per la delega fiscale approvata dal governo e che troverà attuazione a partire dal 2024.
A preoccupare maggiormente sembra la flat tax: la riduzione degli scaglioni Irpef, con l’intenzione di arrivare all’aliquota unica, può avere “effetti redistributivi che penalizzano i soggetti con redditi medi e favoriscono quelli con redditi più elevati”. La seconda bocciatura in pochi giorni per la flat tax, dopo quella arrivata dalla Commissione europea.
Preoccupa anche la tenuta dei conti pubblici: l’Upb sottolinea come i margini per recuperare risorse siano limitati e bisogna evitare di ricorrere a nuovo debito per finanziare la riforma fiscale. Nella memoria inviata dall’Ufficio alla commissione Finanze della Camera si ricorda anche che le risorse per la riduzione della pressione fiscale sono già state utilizzate e le coperture finora previste non sono sufficienti.
Riforma fiscale, l’allarme dell’Upb sui conti pubblici
Per l’Upb il sistema tributario italiano necessita di un ridisegno complessivo, ma che deve “essere compatibile con le risorse che si renderanno disponibili senza mettere a repentaglio la solidità dei conti pubblici e la sostenibilità del debito nel medio-lungo termine”. Nella relazione trasmessa alla Camera dalla presidente dell’Ufficio, Lilia Cavallari, si sottolinea come la delega preveda una riduzione del prelievo senza però fornire indicazioni su come recuperare le risorse per introdurre la riforma, con l’unica eccezione dell’abolizione dell’Irap.
L’Ufficio sottolinea che un eventuale ricorso all’indebitamento netto, non escluso dal ddl, “comporterebbe conseguenze negative” e va quindi evitato. Le risorse devono quindi essere reperite “nella ricomposizione del carico fiscale fra imposte, nel contrasto all’evasione e nella riduzione della spesa”. La lotta all’evasione fiscale, invece, potrà essere considerata solamente dopo tre anni, non prima e non di certo come copertura immediata, secondo quanto riportato nella memoria.
L’impostazione di base della delega viene comunque giudicata positivamente, considerando che annuncia obiettivi “prioritari ampiamente condivisibili”. Tuttavia restano diverse perplessità, oltre a quelle legate alla tenuta dei conti pubblici: non si chiarisce, infatti, “se il punto di arrivo del processo di riforma dell’imposizione sui redditi delle persone fisiche si dovrà configurare come un sistema duale, dove i redditi non assoggettati all’imposta progressiva ad aliquota unica vengono tassati con un’aliquota proporzionale uniforme, oppure se continuerà a coesistere, accanto all’imposta progressiva, una pluralità di prelievi proporzionali con aliquote differenziate”.
Flat tax, Upb: favorisce solo i redditi alti
La critica più dura dell’Upb viene rivolta alla flat tax, partendo dai dati sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2022 (quindi sui redditi del 2021). L’aliquota media per i contribuenti Irpef è pari a circa il 20% e al di sopra di questa fascia si concentra poco meno del 14% dei contribuenti, che versa però quasi il 60% del gettito. Con un’aliquota unica si avrebbero effetti che penalizzano i soggetti con redditi medi, favorendo quelli con redditi più elevati, “a meno di rinunciare a una elevata quota di gettito".
Per una valutazione completa mancano, comunque, alcune specifiche, come quelle riguardanti la tassa piatta per i lavoratori autonomi con ricavi fino a 85mila euro (verrà confermata o eliminata?) e il livello al quale sarà fissata l’aliquota unica. In caso di applicazione della flat tax, sarebbe necessario trovare una compensazione in altre forme di prelievo o nel contrasto all’evasione fiscale o, ancora, attraverso una riduzione di spesa che però “appare problematica”.
Critiche vengono mosse anche alla flat tax incrementale, che la delega fiscale vuole stabilizzare ed estendere ai lavoratori dipendenti. Questa misura, però, a giudizio dell’Upb “riduce l’equità orizzontale in quanto due contribuenti che nello stesso anno conseguono il medesimo reddito, l’uno incrementando il reddito dell’anno precedente e l’altro mantenendo un livello di reddito invariato, sono sottoposti a una diversa tassazione, senza che questo sia giustificato da una diversa capacità contributiva. Per lo stesso motivo si altera in modo erratico il profilo di progressività dell’imposta”.
Inoltre la flat tax incrementale viene giudicata negativamente anche sotto l’aspetto dell’efficienza, “visto che l’aliquota agevolata non è applicata solo a somme la cui percezione risulti effettivamente legata a incrementi di produttività, qualità e innovazione. Un esempio è rappresentato dagli incrementi di redditi da lavoro dipendente che sono determinati essenzialmente dai rinnovi contrattuali”.
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Fisco, per l’Upb necessario rivedere le rendite catastali
La delega fiscale, secondo Cavallari, ha un’altra grave lacuna: non interviene sulla tassazione degli immobili, sia dal punto di vista reddituale che patrimoniale. In particolare si sottolineano le “rendite catastali obsolete e poco aderenti alle caratteristiche effettive degli immobili e al loro valore di mercato". Una questione sottolineata anche dalla Commissione europea a più riprese e per la quale viene ritenuta necessaria una riforma del catasto.
Questa carenza “comporta forme di erosione delle basi imponibili delle imposte, determina gettiti inferiori a quelli potenzialmente ottenibili - sia a livello centrale sia locale - e iniquità del sistema di tassazione”, sottolinea ancora l’Upb. In particolare si registra un trattamento più favorevole per gli immobili meno recenti e localizzati in zone centrali rispetto a quelli costruiti più recentemente, “anche in virtù del mancato aggiornamento delle destinazioni d’uso degli stessi”.
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